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Comprato a 2.000 euro, venduto a 300.000. La storia del Foppa mascherato

Particolare del San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa Particolare del San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa
Particolare del San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa
Particolare del San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa

L’opera, esportata come di anonimo pittore del XVII secolo, è stata poi attribuita a Foppa da Christie’s New York. Ora il Tar ha bloccato la vendita

Una beffa, o l’ennesima prova dell’insipienza e superficialità di molti funzionari pubblici italiani? La prima versione premia i trafficanti d’arte: prendono un dipinto di prestigio e ne imbrattano la superficie per renderlo irriconoscibile. Riescono così ad esportarlo dall’Italia e a metterlo sul mercato a un prezzo 150 volte superiore quello pagato. La seconda versione ridicolizza i responsabili dell’Ufficio esportazioni della Soprintendenza, in questo caso di Genova, che ci cascano con leggerezza.

La storia, che risale a un paio d’anni fa, la racconta l’edizione ligure de La Repubblica. E riguarda un dipinto a olio su tela raffigurante un San Pietro. Apparentemente in pessime condizioni, nel 2019 va in vendita da una casa d’aste genovese come “di pittore del XVII secolo” anonimo. Stima fra i 100 e i 500 euro, è aggiudicato per circa 2.000 euro a una società di Lugano. Ottenendo, così “mascherato”, l’autorizzazione all’esportazione dalla Soprintendenza.

 

Il San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa
Il San Pietro attribuito a Vincenzo Foppa

Denuncia fuorviante

L’acquirente però la fa restaurare, e poi l’affida per la vendita a Christie’s di New York. Sorpresa: ora viene attribuita a Vincenzo Foppa, attivo a Milano fino al 1515 circa, uno tra i principali protagonisti del Rinascimento lombardo prima dell’arrivo di Leonardo da Vinci. E nel catalogo di Christie’s è stimata fra i 200 e i 300mila dollari. Il Ministero della Cultura, in un sussulto di autorevolezza, ne viene a conoscenza e blocca la procedura di vendita.

Ma la società svizzera presenta un ricorso al Tar per ottenere l’annullamento della procedura, e qui si arriva ai giorni nostri. Quando il Tar Lazio respinge il ricorso bocciandone tanto gli aspetti legali quanto quelli artistici. E ritirando l’attestato all’esportazione “in quanto rilasciato sulla base di un’istruttoria ritenuta insufficiente, svolta sulla base di una denuncia fuorviante, carente ed incompleta. In cui sarebbe stata omessa l’indicazione tanto della paternità del dipinto quanto della relativa storia collezionistica”.

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