Che cos’è il Moderno? Un incontro con Lucio Costa, autore del piano urbanistico di Brasilia, per dare un contesto al padiglione del Brasile premiato alla Biennale Architettura
Ho avuto la fortuna di conoscere Lucio Costa, autore del piano urbanistico di Brasilia. Lo incontrai nella sua casa con i vetri delle finestre rotte e le tende che volavano come fantasmi. Seduto su cumuli di libri, che avevano la funzione di mobili. E pensai a Marcello Baraghini di Stampa Alternativa, che a Roma ha una casa analoga solo con vetri intatti e molto ma molto più piccola!! Due giganti, pensai, che non avevano sedie e tavoli ma solo cumuli di libri, come moduli, come mattoni che diventavano sedie, divani, mensole, etc etc. Parlammo a lungo, mi raccontò la visionarietà della fondazione di Brasilia, che era una “follia”, un delirio lucido che egli paragonò alla fondazione di Madrid.
Un atto eminentemente “POLITICO”, un atto di volontà. E mi fece una micro lezione di geometria che non ho problemi a definire esoterica o iniziatica. Mi disse che il mondo, l’Universo è curvo, tutto è curvo, la linea retta – altrimenti detta in Oriente, e non solo – “retta via”, è la via di Lucifero, che è ingannevole. Afferrò un grosso libro e il minuscolo mazzo di chiavi di casa, le lasciò cadere a terra, e, pur avendo pesi ben diversi atterrarono simultaneamente, descrivendo una linea retta. L’unica cosa relativamente dritta, che esiste in natura, quella della forza di gravità, quella che ispirò Liberté Egalité Fraternité e che diede la stura alle rivoluzioni Moderne, da quella francese in avanti. Questo è Lucifero, simbolicamente, l’angelo portatore di luce, colui che porta luce negli inferi ctoni della Terra.
Città di fondazione
Costruire Brasilia era un gesto Moderno, la sua costruzione va inquadrata storicamente nel ciclo delle città di fondazione. Ve ne sono state tante, dalla Ferdinandopoli (San Leucio) borbonica a Carbonia, a Fertilia in Sardegna. Da quelle dell’Agro Pontino a quelle sovietiche intorno a cicli produttivi i centrali nucleari, a Mestre e Marghera, a Biella. Forme, esperimenti di ingegneria sociale, città utopiche, diverse ma accomunate da un’idea, da un ideale, da una e molte ideologie. Quelle che vedono l’avvento dell’uomo nuovo per un mondo nuovo. Spesso ci si dimentica di considerare storicamente quel che avviene e di rileggere surrettiziamente a posteriori i fatti di epoche lontane nel tempo. E questo si chiama, a casa mia, REVISIONISMO.
Poi Costa mi raccontò di Oswald de Adreade, del manifesto cannibalista, del naufragio della nave e del massacro conseguente, TUPì OR NOT TUPì, che parafrasava to be shakesaperiano… Ovvero selvaggio buono/selvaggio cattivo, cultura del Brasile come incorporazione, deglutizione e digestione dell’invasore. Mi racconto di Belem, dei cicli della gomma e degli italiani, Landi prima e Coppedè poi, che riformarono la città venendo avvinti dal paesaggio, dalla forza tropicale. E mi spiegò il Modernismo di Lygia Clark e il Tropicalismo di Helio Oiticica, Artur Barrio e Antonio Manuél, la Bossa Nova e tanto altro. Ci lasciammo in un turbine di emozioni, poco dopo il maestro, come tutti, semplicemente morì. Ed è stato un incontro fondamentale nella mia vita.
Solo una X
L’ultima cosa che mi disse (ridendo amaramente come forse solo i brasiliani e i serbi sanno fare): verrà un giorno che questo disegno (di cui conservo gelosamente uno schizzo originale che è a forma di croce) qualche stronzo (parole sue), qualche bigotto (parole sue) lo ricondurrà a una certa messa e a una certa croce. Mentre noi moderni, tutti socialisti umanitari, utopisti al potere, pazzi ma liberi di spirito e soprattutto atei, per noi, era solo una X. Un centro geometrico per fare al CENTRO del Paese la capitale di una democrazia in America meridionale che fosse forte e indipendente da imperialismi esterni che in quegli anni imponevano dittature militari. Sono passati decenni da quell’incontro e, con le migliori intenzioni, voglio sperare, il Padiglione del Brasile ci racconta di quella croce e di quella messa della quale ironicamente vaticinava il Maestro.
Nel 2008 Marco Bechis ha fatto un film capolavoro, La terra degli uomini rossi – Birdwatchers, che vi invitiamo a vedere! I contenuti, ecco, quelli no. Quello spirito NON lo troverete nella mostra, allestita come mostra d’arte contemporanea nel senso più deteriore del termine.