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Brave New World. Rave, polaroid e intelligenza artificiale

"Brave New World", Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello
“Brave New World”, Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello

Si è da poco conclusa la mostra Brave New World degli artisti Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello presso Edicola Radetzky a Milano.

Riportiamo il testo critico integrale del curatore Andrea Tinterri

Probabilmente la mostra Brave New World degli artisti Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello può essere considerata un test della durata di un mese attraverso cui leggere e registrare le reazioni del pubblico, per poi immagazzinarle e farle diventare parte del lavoro, una voce unica ma sfaccettata, sfacciata, contraddittoria.

Bacci e Moriniello hanno trasformato Edicola Radetzky in una sorta di diario condiviso, applicando polaroid ai vetri dello spazio in modo che i passanti potessero vedere, fermarsi, commentare e soprattutto intuire cosa avessero di fronte, quali immagini, di che natura.

Le polaroid in mostra riproducono momenti di aggregazione, sono la testimonianza dell’attuale cultura rave, oggi fortemente limitata ed ostacolata dall’omonimo decreto, da poco convertito in legge. Le date degli scatti non sono specificate, ma si presume possano essere posteriori alla nuova legge, convertendo le immagini in prove di reato. Sul retro dell’edicola è esposta una locandina, memorabilia di una cultura che deve combattere per preservare la propria esistenza. Lo spazio espositivo congela il tempo, un approccio quasi nostalgico esasperato dal formato polaroid che muta ogni dettaglio in ricordo. Abbiamo chiare in mente le immagini di Nan Goldin, ma in quel caso erano ambienti spesso domestici, luoghi chiusi in cui si consumavano riti generazionali, Bacci e Moriniello inquadrano un territorio più ampio, insediamenti temporanei in cui anche la natura entra in gioco. Laghi, montagne, prati, tende che occupano il suolo e casse che diventano architetture per città sonore.

“Brave New World”, Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello

Il titolo della mostra, Brave New World riprende quello del romanzo scritto nel 1932 da Aldous Huxley. Una narrazione distopica che mette in discussione il paradigma di una società perfetta, evidenziandone l’omologazione soffocante. Un richiamo evidentemente politico ma che intercetta un’altra dimensione del racconto.

Il progetto non si limita all’osservazione di una cultura minacciata, ma si manifesta come reazione alla minaccia stessa. Le polaroid esposte sono generate da un’intelligenza artificiale, Bacci e Moriniello non documentano ma creano un mondo fittizio, come fosse l’unico modo per esperirlo, parteciparlo e comprenderlo. È una possibile fuga dalle limitazioni imposte, è uno spazio di sopravvivenza in cui rigenerare una cultura che potrebbe scomparire. Ma contemporaneamente si configura come verifica del mezzo stesso e della capacità del pubblico di individuare quegli spazi di incertezza tecnologica che rivelano la reale natura delle immagini. Un lavoro metalinguistico che mette alla prova la capacità dello strumento di manipolare le nostre certezze e l’abilità dell’osservatore di smascherare l’inganno o presunto tale.

“Brave New World”, Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello

La storia dell’immagine e in particolare della fotografia è costellata da verifiche, ossia da momenti in cui lo strumento tecnologico o pittorico è messo alla prova, vivisezionato e portato allo scoperto. Un caposaldo è il lavoro di Ugo Mulas intitolato pedissequamente Verifiche: “Nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in sé. Per esempio, che cos’è la superficie sensibile? Che cosa significa usare il teleobiettivo o un grandangolo? Perché un certo formato? Perché ingrandire? Che legame corre tra una foto e la sua didascalia?”

Ma Bacci e Moriniello interrogano non solo la tecnologia in quanto tale, ma il rapporto e la reazione dell’osservatore; la verifica slitta sul pubblico, trasformando la mostra in un test da laboratorio e gli artisti in attenti catalogatori di parole, frasi e reazioni.
La gestione temporale della mostra si è risolta in un lento svelamento in cui i social sono sati lo strumento per disseminare indizi visivi che potessero rivelare la natura delle immagini, affrancando la dimensione politica dal ruolo documentale e comprendere quello dell’alternativa iconografica. L’immagine come spazio di resistenza e attivismo. La fotografia come indispensabile inganno per difendersi dalla contingenza del reale.

“Brave New World”, Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello

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