Già membro dei celebri Momix, Alessandra Sorrentino porta la sua visione sperimentale alla Biennale di Venezia e alla Bienalsur argentina
Ci capita spesso di lamentare la scarsa presenza di artisti italiani nei grandi eventi internazionali. Ovviamente parliamo sempre di trend, perché le eccezioni non mancano. Ce ne sono alcune che sembrano volerci smentire, e noi le accogliamo con grande piacere. Una di queste è impersonata dalla performer Alessandra Sorrentino, che nel volgere di un paio di mesi ne ha collezionate due, di presenze a prestigiose rassegne internazionali. Una in patria – lei, campana di Pompei -, una dall’altro lato del globo.
Per chi non la conosca: danzatrice classica e contemporanea professionista, autrice e regista di Performance Art sperimentale, Alessandra Sorrentino ha fatto parte della celeberrima compagnia di danza Momix. E non crediamo servano altre referenze, visto il prestigio e l’assoluta selettività dello straordinario gruppo americano. Ma negli anni – anche se ne ha soltanto 32 – lei ha maturato una propensione verso il mondo delle arti visive. “Voglio dedicami a qualcosa che non sia solo espressione teatrale tipica della danza”, rivela ad ArtsLife. “Qualcosa che si sganci dalle compagnie e abbia un libero accesso ai luoghi e alle visioni contemporanee”.
La costruzione dell’individuo contemporaneo
Due grandi eventi internazionali, dicevamo: il primo – ne abbiamo già accennato, fugacemente – è la Biennale Architettura di Venezia. Nel weekend inaugurale la performer ha infatti preso parte al progetto Ecologia (A)sociale, inserito nel palinsesto Parco Aperto 2023 di Biennale Sessions. Nell’occasione ha riproposto TUFO, azione di performance art già presentata nel 2021 a Pompei e nel 2022 al Teatro Aequa di Vico Equense. Nel corso della quale “costruisce” una macchina scenica utilizzando pesantissimi mattoni – appunto – di tufo. “Uno spazio di indagine nel quale, partendo da un corpo femminile, si possa scoprire il senso crudo e reale della fatica”, commenta lei. “Voglio studiare l’individuo contemporaneo nella costruzione di se stesso, in senso psicologico, e del proprio cantiere abitabile in senso antropologico”.
Passano neanche due mesi, e arriva la chiamata dall’Argentina. Alessandra Sorrentino viene invitata alla Bienalsur, rassegna internazionale ideata da Aníbal Jozami e Diana Wechsler nei maggiori centri del Paese latinoamericano. Nell’occasione lei, assieme ad Anna Bocchino, il 4 luglio mette in scena al Museo Emilio Caraffa di Cordoba la performance Know Not To Be, di Antonio Della Guardia, a cura di Benedetta Casini. “Una ricerca sulla compenetrazione tra teatro e mondo aziendale”, precisa, “una sperimentazione sul Business theatre come pratica formativa all’interno delle aziende”. Il 14 luglio la stessa performance è stata presentata anche nello spazio culturale Sala Lola Mora di San Miguel de Tucuman.
La fatica
“Chi meglio di una ballerina conosce la fatica? È la fatica a sublimare la danza in arte contemporanea, nella mia visione”, riflette Sorrentino. “In Tufo il corpo operaio viene spinto al limite della fatica, diventando uno specchio per il pubblico. Il quale viene inconsciamente spinto a ‘liberarsi’ e a ‘costruire’ un’opera collettiva di intenti insieme all’artista. Voglio dare alla coreutica del passo di danza una nuova definizione, non solo corpo ed esecuzione, ma un confronto con l’ignoto dell’arte contemporanea d’innovazione. Due biennali in un anno, ai due lati del mondo, mi incoraggiano su questa strada”.