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Bipart of…this gallery: Art Noble, lavorare con – e per – gli artisti

3. Traslochi Heimat Srl (2023). Zazzaro Otto, solo exhibition. Courtesy ArtNoble gallery. Ph credit Michela Pedranti
Matthew Noble, Ritratto, Ph. Michela Pedranti

Sulla falsa riga del Questionario di Proust, una serie di domande predisposte da BIPART Studio legale volte a conoscere meglio le più prestigiose gallerie d’arte italiane: l’incontro di oggi è con Matthew Noble, di Art Noble, Milano.

ArtNoble

Come ha scelto il nome della sua galleria? Cosa vuole esprimere?
In realtà il nome della galleria non esprime chissà quale concetto: Noble è il mio cognome e, nonostante io sia nato e vissuto a Milano fino ai 18 anni, il progetto nasce a Londra con delle mostre temporanee, per poi tornare nel 2021 in Italia come galleria fisica.

Qual è il motto della sua galleria?
Anche in questo caso non c’è uno vero e proprio motto: il focus della galleria è quello di lavorare su artisti giovani, emergenti o anche un po’ più established, prevalentemente italiani o che comunque abbiano un legame forte con il territorio italiano. La nostra visione è quindi dare visibilità a giovani artisti che altrimenti faticherebbero ad avere opere esposte in una galleria.

4. Wake-up call (2023). Luca Staccioli solo exhibition. Courtesy ArtNoble gallery. Ph credit Michela Pedranti

Si sceglie prima l’artista o il tema? Qual è il filo rosso che lega le vostre scelte a riguardo?
Dipende: nelle mostre personali sono portato maggiormente a scegliere prima l’artista, e poi con loro ci si confronta e si capisce cosa si vuole esprimere e quindi esporre; mentre nelle collettive tendenzialmente prima viene scelta la tematica, o comunque il dialogo che si vuole creare, e di conseguenza gli artisti. Detto ciò, però, non seguo alcuna legge scritta: a volte anche nelle collettive parto da un artista con cui mi piacerebbe lavorare e poi si costruisce attorno a quello.

Qual è la qualità che apprezza di più in un artista?
Sia la qualità tecnica nella resa delle opere, che il lato umano che si cela dietro la sua figura: ci sono tantissimi artisti tecnicamente fenomenali in giro, e tra quelli sicuramente preferisco lavorare con persone con cui si riesce a creare un legame personale, in primis di rispetto reciproco, in modo che anche il lavoro diventi più semplice; poi le qualità oltre che “visive” devono essere di concetto: mi piace esporre artisti che, attraverso i loro lavori, riescono a parlare di una specifica tematica o risaltare un’idea, un concetto, una critica…

Qual è la qualità che apprezza di più in un’opera?
Secondo me un’opera con la O maiuscola deve essere in grado di esprimere emozioni dirette (che siano, come dicevo prima idee, critiche…): l’arte è così, personale, e il suo punto di forza credo stia proprio nel fatto che quello che suscita a me può non essere ciò che suscita a un’altra persona… questa è una delle tante bellezze dell’arte: non si sa mai la reazione che possa scaturire.

6. Frammentazione e unità (2022). Alberto Selvestrel, solo exhibition. Courtesy ArtNoble gallery. Ph credits Michela Pedranti

Ha una galleria di riferimento? Quale?
Credo che guardare altre realtà sia uno stimolo a fare sempre meglio e, personalmente ho molte gallerie di riferimento; il primo esempio che mi viene in mente è Galleria Continua, di cui stimo estremamente il percorso: partendo da San Gimignano hanno creato un impero mondiale, rimanendo però legati a un approccio molto conviviale e sociale nel lavorare. Stimo inoltre molte gallerie giovani che si sono messe in gioco e che hanno allestito un bellissimo programma, come potrebbe Sweetwater di Berlino; anche Milano è piena di gallerie che stimo e che stanno portando avanti progetti ammirabili (solo per fare alcuni nomi: da Zero…, Vistamare, Peres, Lia Rumma …). Credo che chi è aperto da tanti anni sia da stimare perché comunque è un ambiente difficile.

In quale ambito la sua galleria deve migliorare?
In molti ambiti: siamo giovani e quindi dobbiamo ancora strutturarci; più avanti mi piacerebbe ampliare il team perché la mole di lavoro è tanta e gestirla in due (io e la mia collega Ilaria Baia Curioni) non è semplice.

Qual è l’aspetto che le piace maggiormente di questa professione e che le dà maggior soddisfazione?
Credo che la professione di gallerista regali molte emozioni: ho la fortuna e l’onore di poter lavorare e confrontarmi direttamente con gli artisti, che credo essere le persone più importanti a livello sociale. Le chiacchierate e i confronti con gli artisti mi aprono la visuale del mondo e, attraverso le loro mostre, aiutano a interiorizzare: gli artisti sono persone sensibili, quindi, riescono a captare la società, metabolizzarla, e l’arte che poi producono apre dialoghi di discorso.
La mia maggior soddisfazione è lavorare con artisti che ancora non hanno avuto mostre, o ne hanno avute poche, e iniziare a intraprendere un percorso insieme fino a raggiungere altre ulteriori soddisfazioni in chiave di progetti e inserimenti in altre mostre molto importanti. È bellissimo vedere come intorno alla galleria si crei un ecosistema nel quale di pari passo l’artista cresce e la galleria lo segue e viceversa.

5. Tre modi per dire la stessa cosa (2022). Martina Cassatella, Roberto de Pinto e Emilio Gola, a cura di Antonio Grulli. Installation View. Courtesy ArtNoble gallery. Ph credit Michela Pedranti

Ha, o vorrebbe avere, una galleria anche all’estero? Perché?
Si, vorrei avere prima o poi una galleria all’estero ma mantenere la base qui a Milano: sono legato all’Italia e credo che tra tutte le città Milano sia quella che mi si addice di più… e non solo perché ci sono nato e cresciuto; però come dicevo mi piacerebbe aprire una galleria all’estero per riuscire a dare ancora più forza e visibilità agli artisti con cui lavoro, esportando un po’ il progetto italiano e rendendolo più internazionale. Quest’estate faremo la prima mostra temporanea a Londra portando alcuni artisti che abbiamo esposto qui a Milano; quindi, in una fase iniziale l’idea sarebbe di iniziare con temporary, pop-ups, mostre temporanee in luoghi e momenti strategici per poi capire dove andare a localizzarci stabilmente.

Come pensa che si evolverà il mondo dell’arte e la sua fruizione? (Anche in relazione alla blockchain e al metaverso)
Personalmente sono legato al mestiere tradizionale, e convinto che l’arte vada fruita di persona e non attraverso uno schermo; poi blockchain e aspetti tecnologici possono essere molto utili anche per la fruizione dal vivo, ma in funzione accessoria. Quello che mi interessa degli nft è la possibilità di utilizzarli come certificato d’autentica, al fine di avere una copia tracciabile online che va a risolvere tutte le problematiche che spero avremmo in futuro (poiché vorrà dire che l’artista è andato bene); quindi secondo me la tecnologia può aiutare a livello logistico e di struttura della galleria; ma le persone hanno bisogno di vedere l’arte di persona: come dicevo prima, non si sa mai la reazione che un’opera può suscitare in una persona, e credo che attraverso uno schermo non sia lo stesso, diventa tutto troppo freddo e standardizzato; anche le mostre che ho visto online su piattaforme, personalmente, non creano le stesse emozioni che mi generano di persona.

Arte e diritto: tutela o vincolo? (Anche alla luce del diritto di seguito e del diritto di produzione dell’opera riservato agli artisti)
Secondo me è un’arma a doppio taglio: da un lato è importantissimo proteggere i diritti degli artisti e avere quindi un sistema che tuteli anche gli operatori del settore; dall’altro trovo che il sistema legislativo in Italia sia un po’ “meccanico” e spesso troppo lento: in sintesi, è buono che ci sia, ma dovrebbe essere un po’ semplificato. Inoltre, anche da parte degli operatori del sistema, non ve ne è una conoscenza adeguata: è necessaria un’attività di divulgazione maggiore, in modo da rendere maggiormente consapevoli gli artisti (in particolari quelli più giovani che escono dalle accademie) e tutti gli altri soggetti.

Le risposte di Matthew Noble di ArtNoble sono state raccolte da Rachele Borghi Guglielmi di BIPART Studio Legale.

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