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Storie di Pietra. A Villa Medici una mostra minerale tra scienza e sogno

Auguste Rodin, La pensée, Portrait de Camille Claudel (1864-1945) vers 1895 Praticien Victor Peter Paris, musée d'Orsay Photo © RM N-Grand Palais (musée d'Orsay) - Jean Schormans, esposta a Villa Medici Auguste Rodin, La pensée, Portrait de Camille Claudel (1864-1945) vers 1895 Praticien Victor Peter Paris, musée d'Orsay Photo © RM N-Grand Palais (musée d'Orsay) - Jean Schormans, esposta a Villa Medici
Auguste Rodin, La pensée, Portrait de Camille Claudel (1864-1945) vers 1895 Praticien Victor Peter Paris, musée d'Orsay Photo © RM N-Grand Palais (musée d'Orsay) - Jean Schormans
Auguste Rodin, La pensée, Portrait de Camille Claudel (1864-1945) vers 1895 Praticien Victor Peter Paris, musée d’Orsay Photo © RM N-Grand Palais (musée d’Orsay) – Jean Schormans

Ispirata alle riflessioni del surrealista Roger Callois, apre a Villa Medici la mostra Storie di Pietra. I minerali fra storia, arte, scienza

Più di una volta mi è capitato di pensare che fosse opportuno guardare alle pietre come a una sorta di poesia”. Questo annotava lo scrittore surrealista Roger Callois (1913 – 1978) nel libro La lecture des pierres, dal quale prende ispirazione la nuova mostra di Villa Medici Storie di pietra. A curarla sono Sam Stourzé, direttore dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, e Jean de Loisy, storico dell’arte e curatore indipendente. La rassegna – fruibile fino al 14 gennaio 2024 – beneficia dei prestiti di oltre 70 istituzioni, presentando al pubblico quasi 200 opere.

Si tratta di un omaggio alla geodiversità dalle origini ai nostri giorni. Dal più antico minerale terrestre di 4,4 miliardi di anni fa fino all’ultimo minerale creato dall’artista contemporanea Agnieszka Kurant: la Sentimentite (2022), nelle due versioni NFT e scultura materiale. La presenza minerale è osservata e declinata da ogni punto di vista: scientifico, romantico, contemplativo; poetico, chimico, filosofico; concettuale, religioso, storico; onirico, fantastico, teorico.

 

Antonio Tempesta, La presa di Gerusalemme, 1555-1630 Rome, Galleria Borghese © courtesy of Galleria Borghese
Antonio Tempesta, La presa di Gerusalemme, 1555-1630 Rome, Galleria Borghese © courtesy of Galleria Borghese

90 artisti

Oltre 90 gli artisti, tra i quali Domenico Beccafumi, André Breton, Vija Celmins, vincitrice del Praemium Imperiale di quest’anno, Albrecht Dürer, Robert Filliou. E poi Damien Hirst, Giuseppe Penone, Pablo Picasso, Guido Reni, Auguste Rodin, John Ruskin, Luca Signorelli, Giorgio Vasari. Diviso in otto sezioni tematiche, l’iter espositivo si snoda entro dieci sale, passando per gli appartamenti del Cardinale Ferdinando de’ Medici all’atelier Balthus. Ad accogliere il fruitore una gigantesca scheggia di pietra vulcanica scolpita nel 2020 dall’artista Julian Charrière cui segue una selezione dei mirabolanti “quarzi fantasma” raccolti da Callois nel ’42. Pietre di tagli, colori e disegni atti a stimolare l’immaginazione e a suggerire la consapevolezza che dalla terra proviene una bellezza anteriore ed ulteriore all’uomo, atta ad ammaliarlo e a traghettarlo in ogni altrove.

Un senso di attrazione verso la roccia che può tendere alla sospensione come si respira nell’opera di Alicja Kwade “Silent Matter” (2019) o al desiderio tattile, come traspare dal video di Gabriel Orozco “Boulder Hand” (2012), nel quale una mano strofina una pietra in loop. Tra i filmati presenti è riportata anche la celebre azione di Robert Smithson del ’69, quando, con l’ausilio della Galleria L’Attico, fece colare dell’asfalto ad alta temperatura in una cava romana che, solidificandosi, generò sculture inusitate. O Laura Grisi, ripresa nello stesso anno a contare infiniti granelli di sabbia. E ancora Gino De Dominicis, colto nel “Tentativo di creare quadrati invece di cerchi intorno a una pietra che cade nell’acqua”.

 

Collection Caillois, Agate, Rio Grande do Sul, Brésil Donation Aléna et Roger Caillois (1988) - Paris, Muséum national d'histoire naturelle © MNHN - Francois Farges
Collection Caillois, Agate, Rio Grande do Sul, Brésil Donation Aléna et Roger Caillois (1988) – Paris, Muséum national d’histoire naturelle © MNHN – Francois Farges

Pietre divine

A questo proposito, l’itinerario prosegue nell’antica cisterna di Villa Medici: un’ambiente suggestivo, in penombra, dalle altissime volte, le pareti screziate, il suolo imperlato, in cui è possibile misurarsi con l’opera site specific “Ricochet” (2023). L’artista, Hugues Reip, cristallizza il gesto del rimbalzo della pietra in forme solide che virano verso la fluidità. La mostra ospita molti altri tipi di minerali. Cristalli ambiti, pietre votive, rovine, pietre paesine dipinte da Antonio Tempesta. Pietre ribelli, come quelle visibili nelle foto degli scontri politici del ’69, usate come armi. Pietre d’allarme, come il frammento sotto teca di trinitite, un residuo vetroso radioattivo formatosi nel ’45 ad Alamogordo in Nuovo Messico, a seguito dell’esplosione del primo ordigno nucleare.

Sculture marmoree meditative, come “La Penseé” di August Rodin, o pietre divine, di origine ignota come il “Frammento di testa di Cristo” della seconda metà del 1500, prestito della Galleria Borghese, recuperata da una discarica di Trastevere. Reliquiari con presenze minerali, cucchiai d’argento che raccolgono cristalli antichissimi. Una libreria dove al posto dei volumi l’artista Stéphane Thidet ha collocato una teoria di pietre bianche. Immaginando che siano macerie di una casa dove è vissuto. E poi i minerali teorici del padre della cristallografia Jean-Baptiste Louis Romé de l’Isle (1736 -1790), che arrivò a formulare ben 448 forme di cristalli ideali.

 

Pietra di Makapansgat, diaspro bruno-rossastro (3 milioni di anni a.C.) Johannesburg, University of the Witwatersrand Fotografata da Pieter Hugo
Pietra di Makapansgat, diaspro bruno-rossastro (3 milioni di anni a.C.) Johannesburg, University of the Witwatersrand Fotografata da Pieter Hugo

Una mostra variegata e immaginifica, propedeutica e coinvolgente, poiché, come scrisse Callois dalla pietra tutto parte e “si diluisce, si attenua ed evapora forse fino alla franchezza del sogno e agli stupori della vertigine. Mi convinco che l’immaginazione non è che uno dei prolungamenti concepibili della materia”.

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