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Tommaso Calabro celebra i cinque anni del Regno di San Sepolcro

Tommaso Calabro view prima sala
Tommaso Calabro View studio

Five Years, in mostra da Tommaso Calabro: “A Voi che Osservate, A Voi che Sognate,A Voi che Credete”.

Milano. “A Voi che Osservate, A Voi che Sognate, A Voi che Credete.”, sono le parole con cui il giovane gallerista Tommaso Calabro celebra i 5 anni dall’apertura della galleria in Piazza San Sepolcro 2. La mostra, visitabile fino al 25 novembre, è l’occasione per mettere in scena una collettiva che ripercorra tutto il lavoro svolto negli ultimi anni.

Nel cuore di Milano, sulle fondamenta del foro romano, al piano nobile del palazzo neoclassico, palazzo Marinetti è stato dimora per le opere di grandi artisti del Novecento italiano e non solo. Salendo lo scalone ottocentesco con corrimano in marmo, si viene introdotti nelle sale espositive dai pavimenti in legno intarsiato e i soffitti decorati a stucco e affreschi.Infine si giunge allo studiolo ornatocon grottesche, con antichi specchi che si guardano ai due lati della sala. Lo spazio così suggestivo ha reso possibile agli amanti dell’arte di visualizzare le opere esposte in un contesto sospeso tra antico, moderno e contemporaneo.

Quando cinque anni fa Tommaso Calabroapriva le porte della sua galleria, la visione era quella di uno spazio poliedrico, in cui,tra conversazione e scontri, si interfacciano discipline diverse, dalle arti visive al design, dalla tradizione all’innovazione. Trattando grandi artisti del passato italiano, quali Remo Bianco (1922-1988), Giorgio de Chirico (1888-1978), Leonor Fini (1907-1996), Lucio Fontana (1899-1968), o stranieri, tra cuiMax Ernst (1891-1976), Yves Klein (1928-1962), Sol LeWitt (1928-2007), René Magritte (1898-1967), la volontà è sempre stata quella di riscoprirne aspetti più sottili, a volte inediti, altrimenti passati inosservati.

Tommaso Calabro view prima sala

Così possiamo ricordare la personale dedicata alla poliedrica Leonor Fini, “Italian Fury”, epiteto attribuiteledal suo amico Max Ernst. Oppure la mostra che mise in dialogo Remo Bianco e Raymond Hains (1926–2005), retta tra i Tableaux del primo e le ricerche della creazione artistica del secondo. O ancora la personale che espose il lavoro di Tanislao Lepri (1980-1905) e la sua visione del mondo.
Con Five Yearsabbiamo nuovamente la fortuna di sorprenderci nel vedere in mostra più di ottanta opere degli artisti che da sempre la galleria, con premura, rappresenta. Entrando nella prima sala la scena è d’impatto, con un muro tappezzato di opere di Fabrizio Clerici (1913-1993), Leonor Fini (1907-1996), Stanislao Lepri (1905-1980), in un display che ci riporta alla Parigi dei Saloon.

Nella sala delle grottesche, invece, una scrivania in stile liberty, appartenuta a Alexander Lolas, è affiancata ad una seduta del 1974 di Roberto Sebastian Matta. Saltano subito all’occhio le due scultureConcetti spaziali, Nature di Lucio Fontana, realizzate in ottone lucidato, e il Priape di Man Ray, in marmo bianco candido.

Si respira emozione tra le sale, con un velo di commozione:Five Years è sì una celebrazione per gli artisti che abitanogli spazi, ma è anche un saluto a quei muri che da anni li ospitano. Infatti la galleria espone per l’ultima volta in Piazza San Sepolcro, prima di spostare e riaprire per gennaio nella nuova sede milanese. Un punto di fine ma anche una rinascita, un nuovo inizio che si conclude al meglio, nutrendo la curiosità per gli sviluppi futuri. E come salutare, se non con le toccati parole di addio dello stesso Tommaso Calabro: “Osservate e sognate, gli stessi artisti che sono qui esposti l’hanno fatto per tutta la loro vita.

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