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L’osservatorio del presente: De Chirico da Tornabuoni

Giorgio De Chirico da Tornabuoni, Roma, vista della mostra

“Il problema di ciò che un artista deve fare diventa sempre più inquietante”. Quando scrive queste parole, nel giugno del 1913, Giorgio De Chirico è a Parigi, pochi mesi prima di avviare la stagione della pittura metafisica. Già da allora l’artista era uso accompagnare la sua produzione pittorica con scritti che intrecciavano suggestioni simboliche e riflessioni teoriche, raccolte di recente nel corposo e fondamentale volume Giorgio De Chirico. Scritti 1910-1978, curato da Andrea Cortellessa, Sabrina D’Angelosante e Paolo Picozza (La Nave di Teseo, 2023), che ha restituito in maniera esaustiva la complessità di uno dei più interessanti e contradditori pittori del Ventesimo Secolo. L’occasione di riflettere sulla statura del “Pictor Maximus” – come amava definirsi – proviene dalla retrospettiva dedicatagli dalla sede romana della galleria Tornabuoni, che riunisce trenta opere (dipinti, sculture e disegni), a testimoniare le principali tappe della carriera di De Chirico, dai primi anni del Novecento fino agli anni Settanta, con una serie di pitture scelte in maniera puntuale.

Giorgio De Chirico da Tornabuoni, Roma, vista della mostra

Sono proprio le opere degli esordi le più originali e sorprendenti, a cominciare da Autoritratto con pipa di gesso (1914-1915), una tela inedita proveniente dalla collezione di famiglia, probabilmente parte di un dipinto più grande. “La datazione farebbe propendere per un’esecuzione legata agli anni parigini a causa della presenza della pipa, utilizzata nella cerchia di intellettuali vicini al poeta Guillaume Apollinaire” spiega Andrea Bizzarro, direttore della galleria. Un altro dipinto sensazionale è La Passeggiata (o il Tempio di Apollo a Delphi) (1909) dalla collezione Casamonti, che riprende la lezione dei Deutsch-Römer, gli artisti tedeschi attivi a Roma come Arnold Böcklin, ai quali il giovane De Chirico si era ispirato nei suoi esordi, legati ad una visione mitologica della pittura. “Si tratta di un luogo reale, che De Chirico aveva visto in Grecia, interpretato secondo una visione simbolista”, aggiunge Bizzarro. Tra le tele della prima ora spicca anche l’intenso Ritratto femminile (1921), oltre ad alcune tele degli anni Trenta, come Nudo (1930), dove l’artista ritrae la sua amica e modella Cornelia Silbermann, oppure Cavalli in riva al mare (1935), proveniente dalla collezione di Margherita Sarfatti.

Giorgio De Chirico, Autoritratto con pipa di gesso, Tornabuoni, Roma

Se l’unica presenza superflua appare Ettore e Andromaca (1988), la grande scultura in bronzo posta al centro dello spazio espositivo, notevoli i due autoritratti, Autoritratto delle nuvole (1948) e Autoritratto come pittore in costume del Settecento (1957), dove Bizzarro sottolinea una certa autoironia nell’espressione compassata di De Chirico, protagonista di una mostra da non perdere.

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