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Il boom artistico degli Emirati Arabi. Il caso Sharjah #2

Sandra Poulson, Dust as an Accidental Gift, Sharjah Architecture Triennial Sandra Poulson, Dust as an Accidental Gift, Sharjah Architecture Triennial
Gavin Jantjes, To Be Free!
Gavin Jantjes, To Be Free!

La Sharjah Art Foundation fulcro di una politica artistico-culturale aperta alle dinamiche globali ma integrata alla storia e alla società dell’Emirato. Seconda puntata

Come anticipato nella prima puntata di questo reportage, la vita culturale dell’Emirato di Sharjah vede i suoi principali centri nodali lungo la Corniche Street. Tradotto: quello che per noi è il lungomare. Qui si trovano le strutture di riferimento della Sharjah Art Foundation, l’organizzazione che sovrintende queste dinamiche. Il distretto di Al Shuwaiheen, dove si trovano fra l’altro lo Sharjah Art Museum e l’edificio che ospita le collezioni permanenti. E Al Mureijah Square, centro pulsante delle molte attività temporanee promosse dalla fondazione. Un quartier generale ricavato da tre preesistenti abitazioni tradizionali ottocentesche. Che ora sfoggia attrezzatissime gallerie espositive, spazi sociali all’aperto e servizi della fondazione.

È qui che si dipana la mostra Plaited Time / Deep Water, di Lubaina Himid e Magda Stawarska, di cui vi abbiamo già parlato. Ed è ancora qui che tre gallerie accolgono To Be Free!, ampia retrospettiva dell’attivista e pittore sudafricano Gavin Jantjes. Attivista, prima: visto il suo percorso creativo inizia con l’iniziare dell’apartheid (1948-1994) e si struttura come un viaggio libertario. Strutturata in sezioni che documentano la sua opera dal 1970 ad oggi, l’esposizione inizia proprio documentando il suo impegno nell’attivismo anti-apartheid dagli anni ’70 alla metà degli anni ’80. La sua pittura ha visto poi una stagione materica, molto legata alla rivendicazioni dell’identità nera, per poi sublimare in un astrattismo lirico di grande consapevolezza formale.

 

 

Film e piogge

Nell’intricato dedalo di vicoletti di Al Mureijah si apre un ampio cortile attrezzato per le proiezioni. Allestito con grande fascino, tappeti, sofà, una sorta di hammam senza acque termali. E qui abbiamo potuto assistere ad alcune serate della Sharjah Film Platform, rassegna di produzioni cinematografiche indipendenti e sperimentali giunta alla sesta edizione. Straordinaria la selezione qualitativa, con tutte anteprime per gli Emirati Arabi Uniti, nelle sezioni Concorso, Fuori Concorso e Director in Focus. Un esempio? Lo struggente Inshallah A Boy, debutto del regista giordano Amjad Al Rasheed, presentato in anteprima all’ultimo Festival di Cannes. Con una grandiosa Mouna Hawa, attrice palestinese, nel ruolo di una vedova con un’unica figlia femmina che si scontra con le patriarcali leggi sull’eredità del suo paese.

 

Sharjah Film Platform
Sharjah Film Platform

Attraversando il quartiere pakistano per tornare verso Al Shuwaiheen, ecco la scoperta forse più sorprendente della Sharjah contemporanea. Già sarebbe eclatante il solo incontrare qui una delle installazioni di maggior successo degli ultimi decenni nel mondo. Ovvero la Rain Room di Random International, un “momento di grazia” che dal 2012 ha richiamato milioni di visitatori nei più grandi musei del mondo, dove è stata periodicamente allestita. Un’installazione immersiva che invita i visitatori a camminare sotto un muro di pioggia senza bagnarsi. Grazie a un sistema di telecamere di tracciamento 3D collegate in rete che impedisce alla pioggia di cadere direttamente sopra qualsiasi presenza umana rilevata. Ma qui se la sono comprata, e nel 2018 è diventata la prima installazione permanente dell’affascinante progetto.

 

La Rain Room allestita in permanenza a Sharjah
La Rain Room allestita in permanenza a Sharjah

Fotografi emergenti

Accennavamo alla grande attenzione della Sharjah Art Foundation verso lo scenario creativo interno, continuamente stimolato dal confronto con importanti ospiti internazionali. Per trovarne testimonianza occorre percorrere tutta la Corniche verso Est, fino agli studios di Al Hamriyah. Modernissimi spazi di lavoro per artisti e aree espositive inaugurati nel 2017, riadattando elementi architettonici storici sul sito di un ex souq. Qui si può visitare l’undicesima edizione di Vantage Point, mostra annuale riservata a fotografi emergenti nati in Africa e in Asia.

Ad esporre ci sono quattro artisti e un collettivo, selezionati attraverso un bando aperto internazionale, il cui lavoro sfida nozioni acquisite della pratica fotografica. Con grande freschezza, i giovani artisti combinano infatti le tecniche più contemporanee con la ricontestualizzazione di immagini vintage, con un occhio sempre attento alle eredità coloniali.

 

Vantage Point Sharjah 11
Vantage Point Sharjah 11

La bellezza dell’impermanenza

La frenesia organizzativa che fa delle sedi della fondazione sharjawi un brulichio incessante di animatori, studiosi, curatori, spesso giovanissimi, si estende anche ad altri organismi culturali. È così che nei nostri giri incontriamo le diverse sedi della Sharjah Architecture Triennial, la cui seconda edizione è visitabile fino al marzo prossimo. Una piattaforma per architettura e urbanistica focalizzata su una regione che si estende dall’Asia occidentale e meridionale, al continente africano. Al quale guarda con maggior attenzione la mostra The Beauty of Impermanence, curata dall’architetta nigeriana Tosin Oshinowo. Con i progetti dei 29 partecipanti che consentono di scoprire location straordinarie, dall’Al Qasimiyah School – sede centrale – all’affascinante antico mercato ortofrutticolo.

 

Sandra Poulson, Dust as an Accidental Gift
Sandra Poulson, Dust as an Accidental Gift, Sharjah Architecture Triennial

Ampia la gamma di chiavi interpretative proposte dagli invitati ai temi della rassegna, spesso declinati su problematiche in voga quali la condivisione delle risorse e il riutilizzo dei rifiuti. “In questo momento critico per il pianeta e la sua popolazione”, ha commentato Oshinowo, “spero che i visitatori se ne vadano con un senso di speranza e di possibilità mentre celebriamo approcci creativi e innovativi orientati alle soluzioni. Provenienti da tutto il Sud del mondo, con il loro potenziale per cambiare il futuro”. Ci piace menzionare l’allestimento dell’importante artista Sandra Poulson, vista anche al padiglione Gran Bretagna della Biennale Architettura di Venezia 2023. Titolo: “Dust as an Accidental Gift”. Incentrato sull’elemento della polvere come specchio del panorama socio-economico e culturale della città di Luanda. Con una serie di assemblaggi di oggetti effimeri uniformati da bagni di polvere: che formalmente – l’eterna trasversalità dell’arte – sembrano ricordare certe nature morte di Giorgio Morandi…

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