Oltre 100 capolavori raccontano la rivoluzione artistica dei Macchiaioli, un gruppo di giovani pittori che nella Firenze del secondo Ottocento diedero vita a una delle più originali e innovative avanguardie artistiche europee del XIX secolo. A Palazzo Martinengo, Brescia, dal 20 gennaio al 9 giugno 2024.
Fattori, Lega, Signorini, Cabianca, Borrani, Abbati e altri ancora. La parabola artistica dei Macchiaioli è in mostra a Brescia, raccontata da opere provenienti in gran parte da collezioni private, solitamente inaccessibili, e da importanti istituzioni museali come le Gallerie degli Uffizi di Firenze e il Museo della Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.
Curata da Francesca Dini e Davide Dotti, l’esposizione è articolata in 10 sezioni (Al Caffè Michelangiolo; Sulla via della luce. Dalla Toscana alla Liguria; I Macchiaioli e il Risorgimento: un focus su Solferino e San Martino; Castiglioncello; Boldini in Toscana: il ciclo pittorico per Isabella Falconer; Nella campagna fiorentina di Piagentina; Ferdinando Martini, le arti in Toscana e la “politica” per il naturalismo; I naturalisti; Fattori incisore; I “vecchi fanciulli” Macchiaioli, verso il Novecento) e dettaglia la nascita e l’evoluzione di un movimento che prese le distanze dall’istituzione accademica per sviluppare uno stile nuovo.
In particolare, i suoi giovani artisti si rifacevano a “la teoria della macchia’’, che intendeva la forma come una creazione della luce attraverso macchie di colore distinte, accostate e sovrapposte ad altre. Idea che hanno tradotto anche nella pratica, svincolandosi dai formalismi classici e aprendosi all’immediatezza della percezione, trasportando con libertà verista ciò che l’occhio dell’artista percepisce nel presente. Anche se, a ben guardare, il termine “Macchiaioli” fu coniato nel 1862 da un recensore della Gazzetta del Popolo di Firenze, che così definì con accezione dispregiativa – darsi alla macchia, agire furtivamente, illegalmente – un’arte nuova e ancora incompresa.
La mostra di Palazzo Martinengo raccoglie le opere chiave del percorso dei Macchiaioli, allo scopo di raccontare i diversi momenti della loro ricerca, i luoghi a loro famigliari – il Caffè Michelangiolo di Firenze, Castiglioncello, Piagentina, la Maremma e la Liguria -, il confronto con gli altri artisti e con le diverse scuole pittoriche europee; i loro smarrimenti, la capacità di mettersi collettivamente in discussione e di sterzare – se necessario – il timone per proseguire sulla strada del progresso e della modernità senza abbandonare mai la via maestra della luce e della macchia.
“Per la prima volta – sottolinea Francesca Dini -, la mostra storicizza l’evoluzione della poetica macchiaiola in senso naturalista, messa in atto dai macchiaioli di seconda generazione: Angelo e Adolfo Tommasi, Francesco e Luigi Gioli, Egisto Ferroni, Niccolò Cannicci ed Eugenio Cecconi, attraverso il serrato dialogo con la critica del tempo: La scaccia delle anitre di Angelo Tommasi, Ritorno dalla fonte di Egisto Ferroni, Acquaiola di Francesco Gioli sono opere emblematiche di questo nuovo indirizzo che ebbe il placet degli anziani macchiaioli e il sostegno del critico e uomo di stato Ferdinando Martini”.
Tra le grandi opere in mostra troviamo le Cucitrici di camicie rosse di Borrani; la Raccolta del fieno in maremma, Il mercato di san Godenzo e Pro patria mori di Fattori; I fidanzati e Gabbrigiana in piedi di Lega; Pascoli a Castiglioncello e Una via del mercato vecchio a Firenze di Signorini; e Il mattutino di Cabianca.