Lunedì 22 gennaio, per la Stagione della Giovine Orchestra Genovese (GOG), Uto Ughi è salito sul palco del Teatro Carlo Felice di Genova al violino e Bruno Canino al pianoforte
Difficile che anche chi ne sa poco di musica classica non conosca Uto Ughi, violinista, erede della grande scuola italiana. Futuri solisti e direttori d’orchestra illustri come Barenboim, Metha e Accardo hanno studiato con lui.
Ughi è stato allievo del compositore George Enescu, ha studiato a Siena dove tenevano lezioni Artur Rubinstein, Andrès Segovia e Pablo Casals e si è esibito con i più grandi nomi del podio da Pretre a Sawallish a Celibidache, un elenco che potrebbe andare avanti ancora per molto, come per le sale da concerto internazionali dove si è esibito riscuotendo sempre grande e sentito successo. Questa star del violino il 21 gennaio ha festeggiato il suo ottantesimo compleanno e il giorno seguente era al Teatro Carlo Felice per il decimo concerto della Stagione GOG.
Teatro pieno per ascoltare ancora una volta un artista che ha fatto la storia, che è sempre in auge e per questo sempre severo ed esigente con se stesso, a cui non riserva sconti. Malgrado gli ottant’anni, Ughi afferma di essere un ricercatore inappagabile con sempre vivo il desiderio di migliorare e di riuscire a condividere la gioia di fare musica. Da tempo il suo maggior rammarico è l’indifferenza e l’insensibilità della politica per l’insegnamento della musica nelle scuole, soprattutto tenendo conto che l’Italia è un Paese con un alto numero di Conservatori (ben 80), che purtroppo si contrappone a quello basso di orchestre.
Ad Ughi non si può certo rimproverare di non aver promosso per anni festival guardando alle nuove generazioni, ma lui pensa di non aver fatto abbastanza per i giovani: “L’obiettivo è dare un minimo di educazione musicale di cui hanno bisogno i ragazzi, far sapere loro che l’ Italia è stato un paese fertilissimo di idee musicali, abbiamo avuto insieme con la Germania e la Russia i più grandi musicisti, ma nessuno li conosce. In questo modo speriamo di raccogliere consensi e aprire strade poco battute” ha affermato in una recente intervista.
Per lui Bach va studiato tutta la vita. Lo considera il padre della grande musica, la Bibbia, il Vangelo. Ed è proprio con la Ciaccona in re minore dalla Partita n. 2 BWV 1004 (1720) di Johann Sebastian Bach che ha aperto il concerto GOG.
A seguire ha presentato la Sonata n. 3 per violino e pianoforte op. 108 (1888) di Johannes Brahms in questo caso con l’accompagnamento del virtuoso pianista Bruno Canino, suo storico compagno in duo. Dopo l’intervallo ha presentato Introduction et Rondò capriccioso in la minore per violino e pianoforte (1863) di Camille Saint-Saëns e Quattro pezzi romantici per violino e pianoforte op. 75 (1887) di Antonin Dvořák. Il programma si è chiuso con la trascrizione per violino e pianoforte di Paweł Kochański da Siete canciones populares españolas della Suite popolare spagnola (1914) di Manuel De Falla, compositore di cui Ughi è molto appassionato.
Come dice lo stesso artista, il violino non perdona se lo si trascura e lui non lo trascura affatto. Quotidianamente esegue i suoi esercizi, i suoi continui studi per non perdere quell’elasticità della mano che bisogna avere per suonare il difficile strumento. Per non parlare del controllo di entrambe le braccia rispettivamente nel vibrato e nelle arcate! Paganini del resto diceva: “se sto un giorno senza studiare me ne accorgo io, se sto due giorni se ne accorgono gli altri”. Ma siamo certi che Uto Ughi non stia neanche un giorno lontano dal suo Guarneri del Gesù del 1744, dal suono caldo dal timbro scuro, forse uno dei più bei “Guarneri” esistenti.
La serata al Carlo Felice si è conclusa con gli auguri del presidente Nicola Costa che, salito sul palco ha cantato “Tanti auguri a te” all’amico di vecchia data ricordando la prima esibizione GOG del violinista, avvenuta nel lontano 1959. Ughi è stato anche omaggiato di due mazzi di fiori portati da due dolci bimbe. Il violinista, come consueto, ha regalato infine al pubblico due bis: un excursus dei brani più noti di Paganini ed un brano di musica andalusa.