Le dimensioni, la storia, la qualità delle gallerie che partecipano ogni anno ad Art Basel. Ma soprattutto, secondo la nuova direttrice Maike Cruse, è la capacità della fiera di relazionarsi con la città e gli attori del sistema dell’arte a fare la differenza.
Oggi, rispondere alla domanda Perché Art Basel è la fiera più importante del mondo? sembra fin troppo facile. A chiunque non voglia nemmeno entrare nello specifico, basterebbe solo citare i diversi eventi che organizza ogni anno: Art Basel Miami Beach, all’incrocio tra i mercati del Nord America e dell’America Latina, Art Basel Hong Kong, cruciale per il mercato asiatico, e Paris+ par Art Basel, che con l’edizione di Basilea accentrano le attenzioni di tutta Europa. Una multinazionale delle fiere d’arte, un colosso i cui rivali credibili si possono contare sulle dita di una mano.
La domanda più interessante, come spesso accade, dovrebbe guardare più indietro, rimodulandosi in un più interessante Come ha fatto Art Basel a diventare la fiera più importante del mondo? Una questione su cui è tornata recentemente la nuova direttrice della fiera Maike Cruse, a cui è stato appunto chiesto di evidenziare ciò che distingue Art Basel da tutte le altre fiere. Sull’argomento, Cruse ha solo sfiorato gli elementi ipertrofici, come Unlimited (sezione che raccoglie installazioni immense, fuori scala per il 90% di qualsiasi luogo espositivo) o il numero di gallerie (quest’anno saranno 287, tutte di altissima qualità, il 60% europee), per poi indugiare su un aspetto più personale.
“Vengo a ogni edizione di Art Basel da quasi 20 anni perché, mentre cerco di scoprire cosa c’è di nuovo e interessante, voglio anche incontrare tutti coloro che fanno parte del mondo dell’arte“, dice Cruse. “La fiera occupa tutta la città. Entri in contatto con il mondo dell’arte nei musei, nei ristoranti, nei bar, per strada o sul tram“.
Cruse pone dunque l’accento sulle relazioni che si attivano tra la fiera, la città e la sua comunità. D’altra parte, proprio di questo si è occupata nella sua precedente esperienza come direttrice del Gallery Weekend Berlin, la vetrina annuale della scena artistica della città in cui circa 50 gallerie propongono contemporaneamente le loro mostre. Risalendo il corso della sua carriera, troviamo anche la direzione della fiera Art Berlin e, sempre nella capitale tedesca, del Forgotten Bar, un ibrido tra taverna e galleria. “Quello che ho imparato seguendo il Gallery Weekend Berlin è che un evento si realizza con la città, le gallerie, le istituzioni, i collezionisti e gli artisti che collaborano davvero insieme“, racconta Cruse. “A Basilea, la quantità di sostegno e impegno è sorprendente”.
Dunque non sorprende che per la sua prima edizione di Art Basel Cruse abbia deciso di radicare ancora di più la fiera nel contesto urbano. In tal senso verrà approfondita e potenziata la sezione d’arte pubblica della fiera, Parcours. Curata da Stefanie Hessler, direttrice dello Swiss Institute di New York, l’iniziativa dissemina opere site-specific lungo le strade della città, nei negozi, nelle vetrine, anche in una chiesa e lungo il ponte. In più, per la prima volta, la fiera ospita progetti artistici 24 ore su 24 anche presso l’Hotel Merian, sulle rive del Reno, nel centro della città. Tale rete associativa, sottolinea la neo-direttrice, è facilitata dalle dimensioni intime di Basilea, che permette di muoversi facilmente a piedi per il centro della città.
Cercando di interpretare in modo idealistico la visione di Cruse, una fiera adempie al meglio al suo intento commerciale nel momento in cui riesce ad assumere un ruolo attivo nel nutrire l’intero ecosistema dell’arte. Cioè quando dimostra lungimiranza, quando non si accontenta di raccogliere nell’immediato quanto di seminare per il futuro. In tal senso, negli anni, Art Basel ha cercato di dare sempre più spazio alle gallerie e gli artisti emergenti. Emblematica in tal senso la sezione Statements, che quest’anno si compone di 18 solo show di giovani artisti.