Print Friendly and PDF

Dadamaino, ovvero la personalità dell’astrazione

Dadamaino nello studio di via Boito a Milano, 1960
Il MA*GA di Gallarate (VA) si conferma tra i migliori musei lombardi per proposta culturale con mostre che intrecciano dialoghi tra la collezione permanente e quelle temporanee. Quest’anno il programma espositivo si è inaugurato con le mostre monografiche di Michele Ciacciofera (Nuoro, 1969), Giovanni Campus (Olbia ,1929) e l’imperdibile antologica dell’indomabile Damaino (Edoarda Emilia Maino, Milano 1930-2004), una protagonista dell’avanguardia astratta, entrata nella storia dell’arte del secondo Novecento in punta di piedi.

A vent’anni dalla sua scomparsa, ci voleva questa mostra per comprendere le ragioni dell’originalità del suo lavoro concettuale, a cura di Flaminio Gualdoni, con la collaborazione dell’Archivio Dadamaino e il supporto di Galleria Arte Martinelli (Lodi, Miami Bech) e realizzata con il contributo di Regione Lombardia nell’ambito del progetto “Italia 2050. Centro di Ricerca per l’arte italiana 1950-2050”.
Il percorso espositivo segue uno sviluppo cronologico, parte dalla serie dei Volumi (1958-60), dalla folgorazione dell’artista milanese per il Concetto Spaziale (di colore blu viola) di Lucio Fontana del 1956 – un faro per tutti gli artisti dell’epoca – visto in un negozio di elettrodomestici in via Cordusio a Milano, quando Dada abbandona la figurazione, prosegue con i Componibili, tessere monocrome di alluminio disposte all’interno di una cassetta di legno, gli oggetti e disegni cinetici del 1963 e il 1965, frutto dell’incontro con gli artisti del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) di Francois Morellet, con cui partecipa alle rassegne di Nouvelle Tendence, passando per i colori, per concludersi con gli straordinari lavori della maturità, come i Fatti della vita (1978-82), gli Alfabeti della mente degli anni ’80 e Il Movimento delle cose, maestosa installazione ambientale, esposto a alla Biennale di Venezia del 1990.
Dadamaino a Milano è tra le poche donne che animano l’avanguardia cittadina, e debutta con tele monocrome, esposte per la prima volta alla Galleria Brera il 18 dicembre del 1959, nell’ambito della mostra “La donna nell’arte contemporanea”, con la serie dei Volumi, una variante originale dei tagli di Fontana; tele perforate a mano intese non tanto come superficie pittorica, bensì come oggetto.
L’artista si inserisce attivamente nella ricerca di Azimuth (rivista, uscita in soli due numeri nel 1959), il nuovo linguaggio di Piero Manzoni e Enrico Castellani, e partecipa alle collettive della Nuova Galleria Azimut in via Clerici 12, dove si confronta con altri protagonisti del suo tempo. Dada vive e lavora in un contesto culturale prevalentemente maschilista, proponendo una ricerca riconoscibile dal 20 maggio del 1961, quando espone alla Galleria del Gruppo N di Padova. La presentazione fu scritta dall’amico Piero Manzoni, che nelle sue opere vedeva “bandiere di un nuovo mondo”. Questi sono gli anni dell’affermazione dell’Arte Programmata, quando l’artista passa dalla tela intagliata a uno studio sul colore e sul segno come elemento ottico-visivo. Nel 1962 viene inviata, tramite Lucio Fontana, a esporre alla mostra “Nul” allo Stedelijk Museum di Amsterdam, in cui c’era fra gli atri esponenti internazionali della nuova tendenza visiva, anche Yayoi Kusama, entrata nell’olimpo dell’arte molto prima di Dadamaino.

Dadamaino 1930-2004, ph. Stefano Anzini

DADAMAINO E DINTORNI

La mostra dinamica comprensiva di 80 opere. Il curatore Gualdoni, responsabile scientifico dell’Archivio Dadamaino, fu anche co-curatore alla celebre mostra della Biennale di Venezia nel 1990, l’anno in cui furono esposti di Dadamaino due poliesteri lunghi 18 metri ciascuno. L’esposizione è all’insegna del dialogo tra le opere dell’artista milanese, con quelle della collezione permanente di Lucio Fontana, Piero Manzoni, Grazia Varisco, Enzo Mari, Davide Boriani, Bruno Munari, Getulio Alviani, Nanda Vigo e Gianni Colombo e altri compagni di ricerca dell’avanguardia milanese tra gli anni Cinquanta e Sessanta, aperta a nuovi linguaggi non figurativi, incentrata sullo spazio e la percezione visiva.
In mostra oltre alle opere di Dada si (ri)scoprono quelle dei gruppi milanesi più sperimentali dell’epoca, in particolare attirano lo sguardo le poche fotografie di Dada, bella, giovane e determinata, che nel 1976 ha partecipato con due opere alla seconda mostra della X edizione del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, fondato nel 1949. A questa mostra espone Rilievo bianco inclinato 18°, 1975, legno verniciato, 100x100cm, e Volume a moduli sfasati, 1960, plastica, 100×100 cm. Quest’ultima opera è stata acquistata dalla commissione artistica per essere destinata, come tutti gli acquisti del Premio Gallarate, alla collezione permanente della Civica Galleria d’Arte Moderna, ora MA*GA. Per l’occasione è stato riproposto, dopo il restauro, l’ambiente Spazio elastico di Gianni Colombo del 1967, manifesto dell’arte cinetica in cui la luce è protagonista.
Dalla prima serie dei Volumi, superfici monocromi forate a mano, bianche o nere o su tele dipinte, si passa ai Moduli sfasati, e i Rilievi. Sono unici per qualità manuale i suoi cartoncini e rhodoid tagliati a lamelle per dare forma a alterazioni tridimensionali delle superfici in bilico tra pittura e scultura. Sono attualissimi gli Oggetti ottico-dinamici, strutture tridimensionali, realizzati con piastrine di alluminio con l’obiettivo di creare effetti geometrici circolari. Tutte le opere stroboscopiche degli anni Sessanta sono il risultato delle sue frequentazioni con il gruppo GRAV, e altri come Gruppo Zero, e Punto.

Dadamaino, Componibile, 1965 – lamine di plastica su fili di nylon e legno dipinto, 80x80cm, collezione privata

Dada in constante evoluzione, nei Componibili e con Ricerca del colore (in mostra 5 tavole su 100) degli anni Settanta, documenta il suo interesse per il colore per le sue qualità percettive. Nel 1969 ha partecipato a progetti ambientali; Dadamaino non vincerà, ma è già “immersivo” Environment lumino-cinetico. Questo progetto è stato ideato per un concorso che prevedeva di collocare opere lungo le vie e piazze parigine studiate per Place du Chatelet di Parigi, a cura di Frank Popper .
Nello stesso anno Dadamaino realizza Illuminazione fosforescente automotoria sull’acqua nell’ambito di “Campo urbano” a Como, in cui disperde sulla superficie del bacino del lago circa mille tavolette di polistirolo di vernice fosforescente. Nel 1976 espone L’Inconscio razionale e approda a L’alfabeto della mente (1977), quando l’artista indignata dall’eccidio di palestinesi raccolti nel campo profughi libanese di Tell al –Za’tar (1976), inizia a tracciare piccoli segni come silente manifestazione di protesta. I suoi grafismi evolutivi che si espandono nello spazio del foglio di cartoncino o su tela già preparata, come delle stele, senza soluzione di continuità, che esposti al MA*GA in questo drammatico periodo bellico di genocidi sono di scottante attualità.

Dadamaino 1930-2004, ph. Stefano Anzini

METALINGUAGGIO DI GRAFISMI DINAMICI

La dimensione scritturale culmina nei Fatti della Vita (1978-1982), un ciclo importante che è alla base di una istallazione ambientale, composta da 560 fogli realizzati con un lavoro quotidiano durato diversi anni, creata per la sala alla XXXIX Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia del 1980. Anche il ciclo Costellazioni 1981-1987 su carta, cartoncino o carta montata su tela mostra i segni di inchiostro ripetuti in maniera ossessiva che diventano sempre più microscopici per ricongiungersi sinuosamente con l’infinito. La mostra si conclude con l’installazione ambientale Il movimento delle Cose 1987-1996, caratterizzata da piccoli segni in divenire ancora più vorticosamente ritmici rispetto a Costellazioni. Questo imponente ciclo di fogli trasparenti presentato nel Padiglione Italia della XLIV Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, al MA*GA vibrano in un ambiente bianco e asettico irrorato da luce artificiale e naturale, catturata da lucernari della sinuosa architettura, dove il suo alfabeto astratto di segni infiniti trascrivono pulsanti organi vitali di un nuovo mondo.

Commenta con Facebook