Nel cuore di Gangneung, in Sud Corea, c’è un caldo niente male e avventurarsi per le strade è una sorta di “reality sulla sopravvivenza”. Tra street food e banchetti che vendono succhi di frutta, ecco che si delinea un edificio particolare: una struttura architettonica interessante che scopro essere un nuovo tempio dell’arte, Il Sorol Art Museum.
Inaugurato il 14 febbraio, il Sorol è il risultato di quattro anni di impegno, lavoro e dedizione nel trasformare un sogno in realtà: questo gioiello architettonico, ideato dallo studio Meier Partner, è molto di più dell’idea di museo che abbiamo dalle nostre parti, è un centro d’arte immersivo, un luogo dove gli artisti coreani sperimentano la contemporaneità globale.
Il Sorol Art Museum si presenta attorno a un cortile centrale, un chiaro omaggio all’architettura tradizionale coreana, e si sviluppa su tre piani principali, ognuno con la sua identità e funzione.
Iniziando dall’ala nord, ecco un imponente padiglione a sbalzo, definito qui il “cubo”, che ospita gallerie e uffici, e un padiglione trasparente che accoglie l’ingresso principale, la lobby e la caffetteria.
Il museo è perfettamente in armonia con il paesaggio circostante, una dichiarazione di rispetto per la natura e l’eredità del confucianesimo coreano, non scontato come pensiero ma sicuramente apprezzato da molti qui, anche da noi turisti.
Il SAM è diretto da Sukmo Kim e nasce come luogo dedicato alla promozione dell’arte coreana nel contesto globale, ma la mostra inaugurale è un evento di un certo spessore italiano: “Lucio Fontana: Spatial Concept“.
La mostra, curata dal Korean Research Institute of Contemporary Art (KoRICA) in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana, è patrocinata dall’Ambasciata d’Italia a Seoul e dall’Istituto Italiano di Cultura di Seoul, evento che segna la prima esposizione in un museo coreano interamente dedicata a Lucio Fontana (1899-1968).
Sukmo Kim, direttore del Sorol Art Museum, afferma che le opere di Fontana presentate in questa mostra offrono uno sguardo nel contesto storico della suo Spazialismo, sottolineando questioni estetiche rilevanti per l’arte contemporanea, un bell’innesto tra passato e presente, tra tradizione e innovazione, un dialogo visivo tra l’arte coreana e quella mondiale.
La mostra è un invito nel mondo spazialista di Fontana, un viaggio che inizia con la serie storica Ambienti Spaziali del 1949, dove l’artista ha cercato di catturare forma, colore e aspetti scultorei del suono nello spazio, fino ai Concetti Spaziali, divisi in Attese e La fine di Dio, superando i confini della pittura tradizionale e portando la realtà fisica nell’estetica delle opere.
Ventuno opere fondamentali della collezione della Fondazione Lucio Fontana, si trovano nella galleria 1, appartenenti al periodo successivo al 1947, quando lo Spazialismo vede il suo Manifesto, includendo anche opere in bronzo che esplorano la declinazione scultorea della poetica di Fontana.
Nella seconda galleria, invece, ecco sei Ambienti Spaziali che prendono vita. Le riproduzioni fedeli degli spazi originali, dagli anni quaranta agli anni sessanta, con installazioni al neon, invitano ad immergersi nella luce ed offrono ai visitatori un’esperienza unica.
La mostra è accompagnata da un catalogo molto dettagliato e super preciso, la prima monografia coreana dedicata a Fontana, disponibile in coreano e inglese, i testi sono di Sukmo Kim e del sempre unico Luca Massimo Barbero, consulente scientifico della Fondazione Lucio Fontana e grande conoscitore dell’opera dell’artista.
Un artista immenso il cui lavoro continua a tracciare la storia dell’arte contemporanea in un viaggio che illumina e sfida, unendo passato, presente e futuro in un’esperienza al limite del magico.