Il MASI Lugano presenta la più grande mostra personale in Svizzera dedicata a Shahryar Nashat, Streams of Spleen, composta da un progetto site-specific che trasforma la serie di fotografie – quasi tutte nuove produzioni – in un ambiente multisensoriale coeso. Dal 17 marzo al 18 agosto 2024.
È una sensazione di disagio e al contempo di fascinazione quella che si prova entrando nella sala sotterranea del MASI. Il pavimento rivestito con delle piastrelle viniliche, il tono delle luci alterato. Un suono indecifrabile si diffonde nello spazio, dominato al centro da una costruzione che invita lo spettatore ad entrare.
Qui viene accolto da Warnings (2024), il nuovo video di Shahryar Nashat proiettato in loop su una grande parete di schermi luminosi. Qui gli animali – filmati nel loro habitat naturale, disegnati digitalmente o ricreati con l’intelligenza artificiale – trasmettono un senso di vigore e vitalità. Eppure, rimane nell’aria una sensazione di inquietudine, rafforzata dalla composizione musicale: un ansimare affannoso che si trasforma in sinfonia di ululati e lamenti per poi diventare musica elettronica dai battiti accelerati.
Un esempio perfetto della pratica dell’artista svizzero, che attraverso video, sculture e installazioni, mira a creare esperienze sinestetiche che evocano emozioni e stati d’animo difficili da esprimere razionalmente. Ragione per cui il corpo umano e il tentativo di rappresentarne le percezioni sono il perno centrale della sua poetica. Evitando interpretazioni definitive, Nashat esplora infatti tematiche come il desiderio, la mortalità, l’istinto animale e l’arte stessa, sfere che sfuggono a una comprensione completa.
Così facendo, ad esempio, le nuove sculture della serie Bone Out, a cui l’artista lavora già dal 2019, sembrano veri pezzi di carne di origine sconosciuta e richiamano i processi dell’industria alimentare. Nelle sculture in fibra di vetro Boyfriend_14.JPEG, Boyfriend_15.JPEG e Boyfriend_16.JPEG l’artista pare fondere la carnalità a strutture geometriche, intervenendo con imperfezioni che sembrano rivelare un tessuto muscolare o scheletrico. Mutilazioni che trasmettono vulnerabilità, ma allo stesso tempo infondono la sensazione di trovarsi di fronte a un oggetto vivo a cui potersi relazionare.
L’associazione al corpo si ritrova anche in due stampe a getto d’inchiostro, Brother_03.JPEG e Brother_08.JPEG, che rappresentano una cassa toracica, mentre il rivestimento in gelatina acrilica fa pensare a secrezioni organiche. “Il corpo -la carne- diventa oggetto, presentato secondo le forme tradizionali di esposizione e rappresenta la dimensione concreta -materiale- dell’essere, in un’epoca digitalizzata in cui sia il corpo che l’oggetto artistico sono spesso mediati da schermi” spiega Francesca Benini, curatrice della mostra.
Muovendosi dalla sperimentazione alla tradizione, Nashat fa ricorso anche al marmo per evocare le rappresentazioni più note e longeve del corpo umano. Hustler_23.JPEG e Hustler_24.JPEG recuperano così un immaginario collettivo complesso e stratificato, rielaborato solo in parte grazie alle venature e dai toni arancio-rosati del Rosa Portogallo, che rafforzano l’idea di trovarsi al cospetto di un corpo davvero umano.