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Matisse: quando la luce mediterranea diventa rivoluzione artistica, la mostra

Henri Matisse, Felce frutta e figura femminile, 1947
Maximilien Luce, Rotterdam, 1900, Ca’Pesaro
Ci sono momenti in cui l’arte cambia tutto. Non succede spesso, ma quando accade, si apre una breccia nella storia e non si torna più indietro. Henri Matisse, il rivoluzionario pittore francese, ha creato uno di questi momenti. Ora, al Centro Culturale Candiani di Mestre, si celebra la sua eredità con una mostra che esplora la sua profonda relazione con la luce mediterranea.

La mostra “Matisse e la luce del Mediterraneo”, curata da Elisabetta Barisoni, aperta il 28 settembre 2024, è un vero tuffo nella poetica visiva del maestro. La luce, per Matisse, è sempre stata molto più di un semplice elemento tecnico; diventa il fil rouge di un’esposizione che racconta come il Mediterraneo non solo abbia illuminato le sue tele, ma anche la sua anima creativa.

Matisse non è stato mai solo un pittore. È stato un visionario che ha compreso che il colore poteva essere molto di più del semplice pigmento sulla tela. Era una forza, un’esplosione di emozioni che poteva trasmettere gioia, serenità e persino spiritualità. Le sue opere, che spaziano dai primi lavori influenzati dall’Impressionismo alle celebri odalische e ai papiers découpés, rappresentano un viaggio nel potere del colore come linguaggio universale.

La mostra al Candiani presenta oltre cinquanta opere, alcune delle quali provengono da importanti musei internazionali come il Philadelphia Museum of Art e il Centre Pompidou di Parigi, accanto a pezzi delle collezioni civiche di Ca’ Pesaro. Sette sezioni esplorano temi come “La modernità viene dal mare”, “L’età dell’oro” e “La luce del Mediterraneo”, creando un percorso che attraversa non solo la carriera di Matisse, ma anche i luoghi e le atmosfere che hanno ispirato la sua evoluzione artistica.

Corrado Balest, Casa greca XXI, primo quarto, Donazione dell’Artista a seguito mostra a Ca Pesaro, 2003

C’è qualcosa di straordinario nel modo in cui questa mostra restituisce il senso di urgenza e passione che Matisse riversava nei suoi dipinti. Nel 1905, a Collioure, Matisse e Derain aprirono una nuova era, che il critico Louis Vauxcelles definì la “gabbia delle belve”, la cage aux fauves. Le loro opere, incendiari, gridavano a un mondo nuovo: il colore non era più subordinato al disegno, ma diventava protagonista assoluto. Era pura espressione.

Questa non è solo una mostra di dipinti, ma una celebrazione del potere del colore e della luce di trascendere il tempo e lo spazio. C’è un dialogo costante tra Matisse e altri grandi del Novecento, come Derain, Dufy e Bonnard, che rende l’esposizione una narrazione corale, un racconto collettivo sulla rivoluzione del colore. L’influenza del Mediterraneo diventa evidente: Matisse, come molti dei suoi contemporanei, trovò in quella luce abbagliante una via di fuga dalla tradizione, una nuova Arcadia dove il colore poteva finalmente essere libero.

La mostra culmina con la fase finale della carriera di Matisse, quando il pittore abbandonò i pennelli per dedicarsi ai papiers découpés. Qui, il colore diventa forma e le forme si dispiegano come una danza gioiosa, spogliate da qualsiasi artificio. La forza della semplicità emerge in modo prorompente. È una vera e propria rivoluzione creativa che continua a ispirare generazioni di artisti.

Charles George Dufresne, Spiaggia, 1930

Ma non è solo l’arte a essere protagonista. Muve Education, in linea con la sua missione di rendere l’arte accessibile, ha sviluppato un programma didattico che coinvolge scuole e famiglie, invitando i più giovani a “disegnare con le forbici” proprio come Matisse faceva. Questo tipo di attività non è solo un modo per avvicinare il pubblico, ma dimostra concretamente il potere trasformativo dell’arte.

La curatrice Elisabetta Barisoni ha costruito una mostra che non si limita a raccontare la vita e l’opera di Matisse, ma invita i visitatori a entrare in sintonia con la sua filosofia: l’arte come gioia, bellezza pura e profonda espressione di un mondo interiore. E lo fa in un luogo inaspettato come il Centro Candiani, dimostrando che non è necessario andare fino a Parigi o New York per sperimentare l’arte nella sua forma più elevata.

“Matisse e la luce del Mediterraneo” ci ricorda che l’arte può davvero essere una rivoluzione. Non quella drammatica e violenta, ma quella sottile, che cambia il modo in cui vediamo il mondo, attraverso una pennellata di colore o un raggio di luce. E forse, in un certo senso, questa è la rivoluzione più potente di tutte.

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