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Il cielo in una stanza. La Galleria BPER Banca presenta due dipinti della sua collezione alla Scuola Grande di San Marco a Venezia

La Madonna dell'umiltà e angeli, Lippo di Dalmasio (dalle Collezioni di La Galleria BPER Banca) La Madonna dell'umiltà e angeli, Lippo di Dalmasio (dalle Collezioni di La Galleria BPER Banca)
La Madonna dell'umiltà e angeli, Lippo di Dalmasio (dalle Collezioni di La Galleria BPER Banca)
La Madonna dell’umiltà e angeli, Lippo di Dalmasio, Collezione BPER Banca, Modena
Che Venezia custodisca da sempre un’innata vocazione per la bellezza è cosa risaputa per chi almeno una volta abbia passeggiato per le sue calli, si sia arrampicato sui suoi ponti, abbia navigato lungo il Canal Grande. A sottolineare la straordinaria attitudine della città lagunare a elevarsi al di sopra della quotidinità è stato, lo scorso venerdì 13 giugno, Mario Po’, Direttore della Fondazione Scuola Grande di San Marco.

Po’ ha rievocato un preciso momento storico, ovvero quando, nel 1508, buona parte del mondo occidentale – Sacro Romano Impero, Regno di Francia, la Corona di Aragona, Stato Pontificio e altre potenze – si coalizzò nella Lega di Cambrai con un unico obiettivo, quello di distruggere la Serenissima. Di cosa si occupava Venezia in quei frangenti così pericolosi per la sua stessa sopravvivenza? Tra le altre cose, di commissionare la realizzazione di un monumentale soffitto ligneo per la Sala Capitolare della Scuola Grande di San Marco.

Soffitto
Il soffitto ligneo della Sala Capitolare della Scuola Grande di San Marco

Proprio in questo luogo, ospitato nel contesto dell’Ospedale Civile, si è tenuto ARTalk a Venezia, speciale edizione del format dedicato all’approfondimento storico-culturale delle opere della collezione La Galleria BPER Banca, ideato nel 2024 dall’istituto bancario modenese. Le opere presentate in questa sede sono due: la prima, già visibile al pubblico, è “La Madonna dell’umiltà e degli angeli” di Lippo di Dalmasio, mentre tra agosto e settembre sarà esposta “La Crocifissione” di Girolamo da Carpi. Diversi gli ospiti di questa “chiacchierata” veneziana: oltre a Edgardo Contato, Direttore Generale Ulss3 e Presidente Fondazione del Museo della Scuola – che ha ricordato di come un tempo il mecenatismo regalasse bellezza e salute senza chiedere nulla (o quasi) in cambio, diversamente da oggi, dove gli investimenti privati nella Sanità hanno l’unico scopo di generare profitto –, sono intervenuti l’architetto Michele De Lucchi – la cui opera “Il cielo sopra al portego” è esposta al piano terra dell’Ospedale Civile (fino al 31 ottobre) –, la Responsabile Patrimonio Culturale di BPER Banca Sabrina Bianchi, il Founder di Fondaco – società di consulenza per la comunicazione strategica che opera nell’ambito dell’arte – Enrico Bressan e la storica dell’arte Lucia Peruzzi.

Diversi i temi esplorati durante la discussione. Fra gli altri, uno particolarmente attinente a un luogo dedicato alla salute e all’assistenza come l’ospedale è quello dell’arte, intesa come cura al pari della medicina – che, come precisa Po’, “non è una scienza ma essa stessa un’arte, la quale procede adottando un metodo scientifico” –, perché volta a sanare l’interiorità psichica e spirituale del malato. Assume in tal senso ulteriore importanza il variopinto – con cromie preziose, dall’azzurro lapislazzuli al cremisi e all’oro – soffitto della Sala Capitolare. Come sottolinea De Lucchi nel suo intervento, il soffitto è un elemento architettonico spesso sottovalutato ma di fondamentale importanza, a maggior ragione in un ospedale, dove spesso l’unica attività concessa ai pazienti è proprio quella di osservare, sdraiati a letto – o, nel Cinquecento, sul pavimento –, ciò che è posto sopra le loro teste.

Il cielo sopra al portego, l'installazione di Michele De Lucchi esposta al piano terra della Scuola Grande di San Marco
Il cielo sopra al portego, l’installazione di Michele De Lucchi esposta al piano terra della Scuola Grande di San Marco

Quali dunque le caratteristiche della Madonna dipinta da Lippo di Dalmasio ed esposta oggi a Venezia? Quello della Vergine fu un tema caro al pittore bolognese che, proprio per aver affrontato ripetutamente questa iconografia, viene ricordato come “Lippo delle Madonne”. Tra gli elementi che colpiscono c’è sicuramente la frugalità della rappresentazione: seppure Maria, ripresa nell’atto di allattare il Figlio, sia circondata da una fastosa raggera dorata impreziosita da dodici stelle e da una falce di luna, la sua seduta non è il consueto trono, bensì un semplice prato fiorito, riprodotto con grande fedeltà. Due coppie di angeli occupano gli angoli superiori della composizione, mentre una colomba sovrasta il capo di Maria, secondo un canone compositivo ampiamente diffuso in ambito emiliano. La bidimensionalità con cui così spesso la storia dell’arte ha visto dipingere soggetti sacri è qui spezzata dal manto della Vergine, le cui pieghe falcate suggeriscono una tridimensionalità che restituisce all’immagine religiosa una profonda e materna umanità. Sullo sfondo, un cielo dal blu intenso, della stessa tonalità che contraddistingue il soffitto della Sala Capitolare, diviene così fonte di speranza per chi, nell’arte, vede una fonte di salvezza terrena o divina.

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