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Nei dettagli, seduzione e sovversione: intervista con Joana Vasconcelos

Joana Vasconcelos, ph. Kenton Tatcher
Fino al 12 ottobre, il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona ospita la prima mostra in una istituzione pubblica svizzera di Joana Vasconcelos (Lisbona, 1971), una delle artiste più influenti della scena contemporanea internazionale, che ha rappresentato il Portogallo alla Biennale di Venezia nel 2013 ed è stata la prima artista donna ad essere invitata a Versailles, dopo Koons e Murakami. Ad Ascona, a cura di Mara Folini e Alberto Fiz, la retrospettiva di Vasconcelos – intitolata “Flowers of my desire”, ripercorre il trentennale percorso creativo dell’artista, esplorando i temi legati all’identità femminile, alla memoria collettiva e alla società dei consumi, in un gioco continuo tra razionalità ed emozione, tra tradizione e modernità. Come ci racconta la stessa artista, in questa intervista

Vorrei iniziare parlando del suo sguardo “spaziale”: lei è stata la prima artista donna invitata a partecipare al programma di arte contemporanea di Versailles e, quest’anno, il Palazzo di Liria a Madrid si è rivelato come un nuovo percorso – incredibile, grazie ai suoi “interventi”. Ora, ad Ascona, è nuovamente una mostra “place-specific”: come descriverebbe il suo approccio, se così possiamo definirlo, nell’avvicinarsi ai luoghi e nel creare “habitat” in dialogo con le sue installazioni?
Il mio rapporto con lo spazio è fondamentalmente dialogico: quando mi avvicino a un luogo, cerco di ascoltarne la storia, l’architettura, la memoria. Ogni spazio contiene stratificazioni di significato – culturale, politico, emotivo – che cerco di portare alla luce e con cui mi confronto. Il mio metodo è immersivo: faccio ricerche approfondite, esploro il sito, cerco di coglierne i ritmi e i silenzi. Che sia Versailles, il Palazzo di Liria o il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona, non impongo un’opera allo spazio; costruisco con lui una conversazione. Il risultato, così, non è semplicemente un’installazione, ma un’ecologia spaziale in cui materiali, significati ed emozioni coesistono e risuonano con l’ambiente.

Joana Vasconcelos, Flowers of My Desire, Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna, ph. Nicola Gnesi

Lei incarna l’immagine di un’artista potente che è riuscita non solo a portare nel mondo dell’arte conoscenze e tradizioni molto particolari – penso, ad esempio, ai ricami dell’isola di Pico, alle Azzorre, ma anche a mostrare la forza di questa dimensione domestica e “popolare” persino al pubblico più sofisticato del contemporaneo: qual è stato il segreto?
Credo che il “segreto” stia nell’autenticità e nella persistenza. Non ho mai visto una contraddizione tra il domestico, il tradizionale e il contemporaneo. Al contrario, trovo un potere immenso in ciò che viene trascurato, nelle pratiche spesso considerate marginali o femminili. Valorizzando materiali come il merletto, la ceramica o il ricamo, radicati nella cultura e nelle tradizioni portoghesi, cerco di sfidare le gerarchie dell’arte e della società. Il mio lavoro mira a riposizionare questi elementi non ai margini, ma al centro del discorso critico. Ciò che potrebbe essere considerato popolare o decorativo diventa un veicolo per narrazioni complesse sull’identità, il genere e il potere. E credo che il pubblico riconosca questa integrità, questa radicazione, anche quando il linguaggio è esuberante o monumentale.

Joana Vasconcelos, Coração Independente Vermelho #3 (PA), 2013; posate in plastica trasparente, ferro dipinto, catena in metallo, motore, alimentatore e installazione audio; 345 x 200 x 80 cm; © 2025, ProLitteris, Zurich; Photo © A Gavinha -Agência de Comunicação. Courtesy Quanta Terra (immagine dell’opera esposta nella mostra Pavillon de Vin at Adega Quanta Terra -Destilaria nº 7, Favaios, Alijó, 2022)
Joana Vasconcelos, Hand-Made, 2008; still video; © 2025, ProLitteris, Zurich; Photo © Courtesy Atelier Joana Vasconcelos

Cosa la colpisce di più del progetto “Flowers of My Desire”? Ci sono opere che attirano la sua attenzione perché, ad esempio, sono state riunite dopo molto tempo?
“Flowers of My Desire” è un progetto profondamente simbolico: riunisce opere di periodi diversi che, seppur distinte, condividono una metafora di trasformazione, seduzione e resistenza. Il fiore, nel mio lavoro, non è mai decorativo: porta con sé una tensione latente tra fragilità e potere. Ad Ascona, sono rimasta particolarmente colpita nel vedere di nuovo vicine Coração Independente Vermelho e Marilyn. Entrambe parlano di archetipi femminili: il cuore come contenitore di emozioni, la scarpa come simbolo di glamour e costrizione, ma anche di autonomia decisionale e ribellione. Riunire queste opere nel contesto unico del Museo Comunale ha permesso di far emergere nuove risonanze.

Joana Vasconcelos, Flowers of My Desire, Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna, ph. Nicola Gnesi

Riguardo al mondo dell’arte: lei ha una carriera internazionale da quasi 30 anni e ha collaborato anche con grandi nomi della moda, come Dior. Cosa è cambiato – in meglio e in peggio, secondo la sua percezione, nelle opportunità, nei finanziamenti e nella “cultura visiva” di oggi, così segnata dai social media?
Il mondo dell’arte ha subito cambiamenti profondi. Da un lato, c’è una maggiore apertura, una piattaforma più ampia per voci diverse e una permeabilità crescente tra discipline come arte, moda e design. La mia collaborazione con Dior, ad esempio, rifletteva questo dialogo ampliato. Dall’altro, l’accelerazione della visibilità attraverso i social media ha introdotto nuove sfide: sebbene queste piattaforme possano democratizzare l’accesso, spesso privilegiano l’immediatezza rispetto alla profondità. Credo che un artista debba rimanere vigile, utilizzando questi strumenti senza esserne definito. La longevità in questo campo richiede un impegno verso la complessità.

Joana Vasconcelos, Flowers of My Desire, Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna, ph. Nicola Gnesi

Le sue installazioni catturano l’attenzione per i dettagli, i colori, le dimensioni, anche se ciò che spesso si nasconde dietro di esse è un messaggio potente: qual è il suo rapporto con il pubblico?
Il pubblico è parte integrante della mia pratica. Le mie installazioni sono concepite come esperienze più che come oggetti, come spazi in cui le persone possono muoversi, riflettere e provare emozioni. Non voglio che il mio lavoro sia passivo; voglio che provochi una reazione, un’emozione, una domanda. Che sia attraverso lo stupore, l’umorismo o il confronto, il mio obiettivo è creare un momento di incontro che risuoni oltre lo spazio espositivo. I dettagli e la maestria artigianale che menzioni non sono abbellimenti; fanno parte di una strategia per attirare lo spettatore, invitandolo all’intimità prima di svelare verità più profonde. È una forma di seduzione, ma anche di sovversione.

Joana Vasconcelos, Flowers of My Desire, Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna, ph. Nicola Gnesi

A quali progetti sta lavorando attualmente, e qual è il luogo dei suoi sogni in cui le piacerebbe fare una mostra, ma che non ha ancora avuto modo di realizzare?
In questo momento, sto lavorando a diversi progetti, tra cui la trasformazione del mio atelier in uno spazio museale pubblico, un’ambizione di lunga data che permetterà un nuovo tipo di coinvolgimento con il mio lavoro e il mio processo. Sto anche sviluppando mostre internazionali che mi stanno spingendo a ripensare la scala e l’impatto delle mie installazioni. Quanto ai sogni… amerei esporre sulla luna! Ma fino a quel momento resterò attenta ai luoghi che mi scelgono e alle storie che questi spazi mi invitano a raccontare.

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