
Alla Milano Fashion Week le sfilate di quest’anno non sono state solo eventi di moda, ma vere esperienze culturali: colonne sonore di Steve McQueen e Car Culture, interni ispirati a Gianni e artisti che hanno calcato la passerella hanno trasformato ogni show in un piccolo laboratorio creativo.
Louise Trotter celebra il 60° anniversario della maison con un debutto che parla più di atmosfera che di clamore. Sotto un’installazione sospesa di Kwangho Lee – corde nere a cascata come un gigantesco intreccio – le modelle sfilano tra pianoforte e contrabbasso, in un silenzio carico di tensione. La colonna sonora è un duetto postumo ipnotico ideato da Steve McQueen, che mescola Nina Simone e David Bowie. Un’interpretazione che collega passato e presente, amplificando le emozioni e dando agli abiti uno spazio quasi operistico. Gli outfit combinano romanticismo e precisione sartoriale: trench austeri con dettagli Intrecciati, frange elettrizzanti e tocchi di arancio, rosso e blu-argento realizzati in fibra di vetro riciclata, che catturano la luce in movimento. Non è una sfilata che urla: risuona. La passerella diventa un dialogo tra tradizione e futuro, un testimone silenzioso della storia della maison.
Dario Vitale porta la sua prima collezione alla Pinacoteca Ambrosiana, giocando tra archivi storici e riferimenti contemporanei. Non aspettatevi il solito Versace scintillante: la collezione mescola color blocking anni ’80, pelle texturizzata, catene trompe l’oeil e codici di genere ribaltati, con uomini in schiena scoperta e donne in tailleur oversize. Gli ospiti attraversano 14 stanze che ricordano appartamenti borghesi italiani: letti disfatti, pillole sul pavimento, argenteria lucida. Ogni stanza prepara l’arrivo della collezione, tra lusso, disordine e provocazione. La colonna sonora di DJ Physical Therapy mescola pop anni ’80, spoken word e spaghetti western in un collage onirico, accompagnando la visione di abiti che sembrano fuori dal tempo ma radicati nel DNA della maison.
Marco Falcioni presenta “Paradox” sotto un’installazione argentata di Boris Acket, dove il movimento delle modelle si contrappone alla rigidità architettonica dello spazio. Sartorialità classica incontra morbidezza e disinvoltura: tailleur color crema, trench fluidi e maglie trasparenti in toni neutri. Una manciata di artisti e creativi – tra cui Eliza Douglas, Ryan McGinley, Ludovic Nkoth e Neville Wakefield – sfilano insieme alle modelle, sfumando ulteriormente i confini tra moda e arte contemporanea. La collezione esplora diversi livelli di influenza, dal design all’architettura, fino alla danza contemporanea, mostrando come BOSS riesca a intrecciare estetica e cultura in movimento.
Questa Milano Fashion Week racconta un concetto chiaro: moda e arte non sono mondi separati, ma esperienze che si influenzano a vicenda. Passato e futuro convivono in passerella, creando momenti che restano impressi nella memoria e trasformando ogni sfilata in un piccolo laboratorio creativo.













