
Due mostre antologiche, precise fino allo spasimo, intensamente perfette, profondamente ricche e incredibilmente generose. Elisabetta di Maggio e Linda Fregni Nagler alla Galleria d’Arte Moderna di Torino
Non è semplice scriverne in parallelo, ma conoscendo entrambe le artiste da tempo, ci provo. Bear with me. La qualità e la quantità dei lavori, la dovizia e la precisione del percorso espositivo in entrambi i casi la dicono lunga sulla relazione tra ciascuna delle due artiste e le loro curatrici. Cecilia Canziani per Linda Fregni Nagler e Chiara Bertola e Fabio Cafagna per Elisabetta di Maggio.
Relazioni profonde, di grande conoscenza, di irroramento e impollinazione reciproche. Di grandi delicatezze e salti quantici. Linda Fregni Nagler attraversa la storia, la teoria e la pratica della fotografia con enorme sapienza, con dedizione magistrale e con una originalità davvero sconfinata. Ogni opera è un viaggio dentro la storia di questa disciplina in voga da quasi un paio di secoli e nella visione di un’artista che la fa sua, la ricombina e la trascende.
Elisabetta di Maggio attraversa la pratica della vita con il bisturi in mano, e con questo attraversa i materiali più delicati che esistano. Carta velina e foglie secche, saponette e spilli, francobolli e mappe e fa della fragilità una sorpresa brillante e incredibilmente potente. Il suo lavoro d’intaglio su superfici bianche, algido e perfetto, in realtà, attanaglia
le viscere.

A proposito di viscere, la mostra di Linda Fregni Nagler si intitola “Anger Pleasure and Fear”. L’artista analizza implacabilmente tre emozioni fondamentali attraverso la storia della superficie delle immagini, della chimica della loro composizione, con grande ironia nella logica di quello che ridendo chiama: massimo sforzo, minimo risultato.
Il titolo della mostra di Elisabetta di Maggio usa un termine che solitamente usiamo al negativo, a cui le sue opere donano nuovo significato: “Frangibile”. Tutto si può rompere, nel senso di andare in mille pezzi, di stracciarsi come può la carta velina, di sbriciolarsi come può una foglia secca, di sciogliersi come fa il ghiaccio. Quest’artista lavora ribaltando
poeticamente la realtà, uno dei suoi cataloghi si chiama Dis-Nascere.

Vorrei a questo punto presentarvi un’opera ciascuna, il resto, che è un enorme resto, ve lo lascio scoprire. Playgrounds è un lavoro notturno silenzioso e inquietante che presenta il lato oscuro del parco giochi, il lato oscuro dell’infanzia. Negli scatti di Linda Fregni Nagler questo luogo prettamente diurno, allegro e spensierato viene congelato nel vuoto e nel buio e diventa un non – luogo, dove lo scarto dal piacere alla paura è impercettibile e velocissimo ed è
precisato da uno scatto.
Chiudo gli occhi e della mostra di Elisabetta di Maggio mi accoglie Mapping the Air, una mappatura di carta velina incisa che letteralmente abbraccia muri e colonne e occupa lo spazio impedendoci di attraversarlo ma chiedendoci di guardarlo attraverso, di girargli intorno, di spostarci, di penetrarlo. Le mappe di Elisabetta ci sfidano e con la delicatezza della loro fragilità ci impongono con forza nuovi punti di vista. Quanta strada hanno fatto queste due ragazze. Colte, sofisticate, ironiche, aguzze, spiritose e, ovviamente, due artiste davvero eccellenti. Visita obbligata nella settimana calda di Torino!














