Poche sedie a bordo palco. Pochi spettatori a pochi centimetri dall’attore e lo spettacolo si trasforma in un intimo dialogo, una confessione sulla magia del teatro.
Accade al Teatro Libero di Milano, dove fino al prossimo 30 settembre Corrado d’Elia sarà in scena con “Non chiamatemi maestro”, un monologo liberamente ispirato agli scritti e alle testimonianze di Giorgio Strehler.
Le parole del regista triestino, fondatore nel 1947 con Paolo Grassi del Piccolo Teatro di Milano, il primo teatro stabile italiano, risuonano nella calda voce di Corrado d’Elia. Quelle lettere, pubbliche e private, scritte dal maestro dai capelli bianchi e sempre vestito di nero, diventano il racconto di una vita e di una passione inarrestabile, narrata da un attore, regista e direttore artistico che, come il maestro Strehler, di quella passione ne ha fatto un mestiere. Il condiviso amore per il teatro traspare in ogni momento sulla scena. Strehler scrive che del teatro ama tutto: le assi del palcoscenico, il calore delle luci della ribalta, le corde dietro le quinte, lo strano silenzio di una platea ancora vuota e buia. E d’Elia viva ogni singola emozione, trasportando il pubblico nel racconto di quello che è il mestiere più disperato al mondo. Una vita trascorsa indossando i panni di altri, interpretando i personaggi e le storie più diverse. Il teatro nasce dall’esigenza di comunicare, è linfa vitale e rifugio di una realtà incerta e a volte disarmante.