Prato c’è, l’Italia no. Cala il sipario del Metastasio sul primo Forum dell’arte contemporanea. Rilevante fermento contemporaneo ed energie pensanti tra il pulpito del Duomo e le armonie delle Carceri nell’ultimo weekend settembrino primo autunnale. 3 giorni (25-26-27) di passione, 42 coordinatori, 400 relatori, oltre 1000 partecipanti provenienti da tutta Italia. Critici, storici, artisti, curatori, docenti e professionalità varie, rigorosamente con sacca di stoffa a tracolla con tavoli di lavoro stampatici sopra, hanno dato vita al Forum scivolando per il centro storico incanalandosi nelle 3 sedi adibite, ognuna a poche decine di metri dall’altra: Palazzo Banci Buonamici, Monash University e il teatro pulsante Metastasio, quartier generale del Forum dove si son svolte le sessioni plenarie e gli interventi generali.
L’Armata Brancaleone del contemporaneo ha fatto comunità. Si è incontrata fisicamente tra tavoli, strade e buffet tenendo ben presente queste tre premesse-certezze: il sistema dell’arte non funziona, il sistema dell’arte è stato riunito qui, il sistema dell’arte italiano è incapace di reagire al mutamento sociale e culturale enorme che è in atto. Per non chiudere bottega del tutto, viste le saracinesche già quasi a terra (non compaiono ombre di giovini artisti italiani all’orizzonte di livello internazionale, nella Biennale in corso abbiamo contribuito alla mostra internazionale con un misero poker composto da due over 40 e due morti), ci si butta ai tavoli di lavoro con la clava del paleolitico sistema culturale e con qualche misera speranza. Il Forum cerca di farsi spazio e sforzo concreto per parlare di temi condivisi per permettere al sistema di cambiare.
L’immagine dialettica del tavolo di lavoro come collettore di idee e costruzione laboratoriale condivisa ha funzionato. La pecca (se così si può definire) è stata il troppo poco pubblico a fare da contraltare agli attori seduti in scena, che ha spesso “permesso” a questi di cantarsela e suonarsela tra loro con scarso confronto esterno. Più interazione e permeabilità osmotica tra centro e periferia della sala avrebbe fatto bene. Peccato. Comunque, scambi di pensieri e di idee orizzontali hanno circolato efficacemente con tiro di somme conclusivo discusso e presentato nelle sessioni finali, con qui sì qualche interessante intervento dal pubblico in platea. Vedremo che sarà, energie vere per trasformarsi o solite meteore gattopardesche italiche. Intanto il Forum si tradurrà entro 2 settimane in un documento nel quale saranno evidenziate criticità, proposte e strategie emerse nella tre giorni pratese. Scolpire qualcosa di tangibile. Vedremo come poi il mondo politico reagirà, accoglierà e ascolterà il fervore propositivo.
L’esperimento è riuscito. Un mattoncino è stato messo. Punto primo, per cominciare a metter su malta: l’arte dev’esser processo di innovazione sociale, le istituzioni pubbliche devono tornare ad essere spazi di pensiero, produttori di senso e significato, non fonti di intrattenimento fine a se stesso, come contenitori di eventi frutto di necessità commerciali, o culle di nostalgici paternalismi. Il mercato non può influenzare totalmente anche l’apparato pubblico.
Ora c’è da martellare sulla strada intrapresa, star sotto a progetti, programmi e proposte uscite dai tavoli tematici.
Nodi centrali su cui ci si è soffermati? I soliti logicamente e legittimamente:
– l’importanza della formazione,
– gli ostacoli della burocrazia,
– il supporto economico,
– la comunicazione allargata,
– l’informazione e la riflessione critica,
– la dimensione educativa,
– il sempiterno tema del “fare rete”, collaborazione tra le istituzioni presenti nel sistema dell’arte contemporanea italiana,
– il rapporto con la comunità,
– la gestione pubblico/privato,
– il riconoscimento e la congiunzione dei ruoli,
– i vincoli ambientali di un sistema immobile e obsoleto.
Ma soprattutto: AIUTARE la giovane arte italiana, tirarla fuori dal baratro di questo sistema fossile senza risorse.
Di seguito le ipotesi-proposte possibili messe sul piatto dagli organizzatori per concludere:
1) Dare un carattere di stabilità al Forum, sulla scia della partecipazione collettiva condivisa dei tavoli;
2) Creare un’agenzia a livello italiano che diventi un interlocutore di sistema su iniziative di politica culturale per implementare queste ultime;
3) Passo ulteriore successivo: creare un Italian Arts Council sul modello inglese, piattaforma fondamentale per una programmazione artistica condivisa. Un centro di coordinamento strategico che sia ad un “braccio di distanza” dalla politica per: progettare e immaginare una politica culturale per il contemporaneo trasparente e rendicontabile.
Buon lavoro e al prossimo settembre 2016 al nuovissimo Centro Pecci fresco di restyling e quindi neo-sede eletta per il Forum.