Ha messo le sue foglie sopra il vetro di altri centinaia di grattacieli selezionati, vincendo l’International Highrise Award di Francoforte e il Best Tall Buildings Awards 2015 di Chicago: il Bosco Verticale, nome singolare per racchiudere la coppia di grattacieli di 112 e 80 metri firmati Stefano Boeri completata nel 2014 nel centro direzionale di Milano. Lecci e roverelle hanno messo in ombra progetti di cosiddette archistar del calibro di Nouvel, Koolhass, Chipperfield e Libeskind, per tradursi poi su carta in un “Libretto di istruzioni per un prototipo di città foresta” uscito meno di un mese fa, opera anch’essa dell’architetto milanese. Racconti di un agricoltore urbano che aveva già stampato sulle pareti del Bosco l’ambito certificato ecosostenibile Gold Leed, mentre tesseva i fili e le fila dei nuovi moduli urbani-vegetali creando una (con)giuntura dei due quartieri Garibaldi e Isola. Connessione naturale assolta attraverso l’elegante dittico eco-biologico, simbiosi tra due arti: architettura e natura. Tu chiamala se vuoi “architettura biologica”, “biodiversità urbana” o più semplicemente “torri vegetali” o “grattacieli boscosi”, il risultato è il verde dove di solito soggiorna il grigio o qualche riflesso invetriato che specchia cielo e città.
Ora, proprio l’architetto milanese fa da cicerone al maestro Gillo Dorfles, 106 anni appena compiuti tra i massimi talenti critici ed eclettici di sempre, in un tour verde-verticale all’interno della sua creatura vetro-vegetale alternata a pannelli di ceramica e alluminio nero. Prima di addentrarsi nella struttura uno sguardo da fuori per mirar l’opera nel complesso e valutarla nel contesto. Boeri e Dorfles naso all’insù vista balconi sfalsati, tiranti e giardini pensili. Vista corbezzoli, ginestre e biancospini con edera piombante: vegetazione che crescendo si incastra a tetris completando il doppio tappeto verticale: schermo vegetale a cui è affidato il compito di creare un adeguato microclima e filtrare la luce solare, prontamente colonizzato da volatili – con annessi nidi e pellegrini volanti in cima – e insetti. 160 esemplari approssimativamente tra uccelli e farfalle. Una vera e propria “facciata vivente” che riveste l’edificio: un’interfaccia attiva per l’ambiente circostante, sintesi di un’architettura che demineralizza le superfici urbane utilizzando la mutante policromia delle foglie per le sue facciate. Specie colorate e chiassose collocate sul lato sud, piante spoglianti a nord. Col passare delle stagioni le torri si tingono così di colori sempre diversi, dal fresco pastello primaverile ai toni caldi d’autunno.
Il Bosco Verticale è in grado di ospitare 480 alberi di grande e media altezza, 400 alberi di dimensioni piccole, 11 mila piante fra perenni e tappezzanti e 5 mila arbusti. L’equivalente su una superficie urbana di 1500 metri quadri di 20 mila di bosco e sottobosco. Torri vive dalla pelle organica, che la BBC tiene sotto costante osservazione con il programma One Planet: “decine di telecamere sono puntate sul grattacielo e scattano foto con regolarità ogni venti minuti per studiare la crescita di piante e di ogni tipologia di animale che si avvicina e nidifica” spiega Boeri. Un esperimento di biodiversità. Un’interazione tra uomini, alberi e uccelli. Tutti insieme sotto un unico tetto (sporgente). Un concerto di vita orchestrato da uno studio italiano acclamato e riconosciuto in tutto il mondo. Pluripremiato. “Espressione del bisogno umano di contatto con la natura”, “esempio unico nell’utilizzo del verde in altezza e in proporzione”: hanno concordato su questo le diverse giurie. Parole come “simbiosi”, “proporzione” e “armonia” tornano a far capolino nel vocabolario dell’architettura più elevata. La dialettica “uomo-natura” riscopre un sano equilibrio. Quei sacri princìpi di “contesto e coerenza architettonica”, “tessuto urbano”, “accessibilità” e “funzionalità”, naufragati nell’ego e nei falli – smisurati quanto il loro narcisismo – di vetro o cemento di onanisti archistar, tornano a farsi sentire in città mentre le “crociere” di Zaha Hadid e le indefinibili creature di Libeskind scorrazzano libere a CityLife accanto a villette primonovecentesche. Prima i cittadini, poi gli architetti e le loro masturbazioni edificatorie poco edificanti. Ora dentro a visitare il Bosco Verticale. La sentenza poi ce la darà Dorfles.
Spoiler: Gillo parla di “nuovo centro per Milano”, un “nuovo modo di concepire l’architettura” e un lapidario a visita ultimata: “Il risultato mi pare ottimo”.
Crediti. Regia: Simone Fugazzotto. Giornalista: Luca Zuccala. Un’idea di Diego Bernardi e Elettra Zadra
Eccellente Dorfles-Boeri-Milano e gli Alberi.