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Todorov è morto. La pittura antidoto ai fondamentalismi

todorov

L’arte, secondo Tzvetan Todorov, poteva salvare il mondo. O almeno contribuire a spegnere lo scontro di civiltà. È per questo che il filosofo, scomparso a Parigi a 77 anni, dopo una malattia, continuava a insistere nel sostenere che gli artisti fossero anche maestri del pensiero e di vita.

Scrive così su”La Repubblica” Dario Pappalardo in un pezzo bellissimo che ricorda Todorov. Ma perchè il filosofo scomparso ieri a Parigi teorizzava questo suo pensiero?

“L’artista creatore è incitato a sottrarsi al dominio del proprio interesse personale. Cosa può mettere al posto suo? L’amore del bello, rispondono i moderni, un amore modellato sul puro amore di Dio”. Così scriveva nell’intervento Arte e morale, testo pubblicato adesso da Garzanti nel Caso Rembrandt, la monografia dedicata al pittore olandese, forse il più amato, ma non il solo.

Cézanne, nel dipingere le sue famose mele, ha dovuto “sopprimere l’amore che nutriva per tutte le mele per concentrarlo sulla mela che dipingeva”. Perché, in sostanza, il vero artista non piega il mondo ai propri gusti, ma gli si sottomette.

Cita Pappalardo sull’articolo molto bello pubblicato da repubblica.it:

Accanto ai saggi fondamentali – da La conquista dell’America (Einaudi) a Resistenti (Garzanti), passando per La paura dei barbari scritti da Todorov. Oltre lo scontro di civiltà (ancora Garzanti, che ha tradotto gran parte delle opere) – c’è una bibliografia parallela di Todorov che attinge pienamente dalla letteratura e dalla storia dell’arte. Si può partire proprio dal saggio La bellezza salverà il mondo in cui Oscar Wilde, l’amatissimo Rainer Maria Rilke e la poetessa russa  Marina Cvetaeva rappresentano non solo tre grandi autori, ma altrettanti maestri vissuti con l’ossessione di migliorare la condizione umana.

L’indagine di Todorov lungo le vie della bellezza continua con il fondamentale La pittura dei lumi, dove il filosofo di origine bulgara utilizza le immagini e i percorsi di vita di artisti come Watteau, Goya, Chardin, Hogarth e gli italiani Tiepolo, Magnasco e Piranesi per dimostrare come questi maestri siano stati fondatori di un’identità e di un pensiero comune europeo, prima del tempo.

Un’analisi, questa, che Todorov approfondisce in particolare attraverso la figura unica di Francisco Goya. Al pittore spagnolo, vissuto tra Settecento e Ottocento, dedica infatti una monografia in cui lo paragona per la forza delle idee a Goethe e a Dostoevskij. Perché è un artista che “non propone rimedi, si accontenta di esplorare la condizione umana”. Non cerca di imporre, “si limita a proporre. I suoi valori rimangono quelli di tutti: verità, giustizia, ragione, libertà”.

La verità di Goya vivrà, “ma a condizione di non dimenticare i mostri crudeli”. Gli stessi che lo spagnolo aveva raffigurato nei Disastri della guerra e nelle Pitture Nere. Opere che ricordano a Todorov il mondo di oggi e i pericoli derivanti dagli scontri di civiltà nati da nuovi fondamentalismi e nazionalismi. L’arte può, ancora una volta, mettere in guardia da quel sonno della ragione che genera mostri.

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