Nel 2011 la sua fotografia Rhein II (2009) è stata battuta all’asta da Christie’s per la cifra di 4,3 milioni di dollari, sbaragliando tutti i record precedenti. E’ stato uno dei primi artisti a introdurre il grande formato e il digital processing come elemento fondante della creazione dell’opera d’arte, rivoluzionando il concetto stesso di fotografia. I suoi lavori sono inclusi nelle collezioni dei principali musei del mondo e nel gennaio 2018 saranno al centro di un’importante retrospettiva presso la Hayward Gallery di Londra.
Lui è Andreas Gursky, il fotografo tedesco – classe 1955 – considerato uno degli artisti più innovativi e interessanti della scena internazionale. La Gagosian di Roma presenta per la prima volta in Italia, una selezione dei suoi lavori dalla serie Bangkok (2011) in coincidenza con il decimo anniversario della sua apertura nella Capitale, a pochi passi da Piazza Barberini.
Fa parte dell’allestimento, precisamente all’ingresso della galleria, anche la monumentale Ocean VI (2010), una rielaborazione digitale di una foto satellitare ad alta definizione, che rappresenta la vulnerabilità dei continenti della Terra in seguito al progressivo innalzamento del livello degli oceani.
La monumentalità delle opere si sposa perfettamente con gli immensi spazi della straordinaria sala ovale della galleria. Chiariamo subito che il grande formato per l’artista ha un preciso fine compositivo . E’ una strategia di comunicazione che grazie alla resa dei dettagli permette allo spettatore di “immergersi” nell’opera . I lavori di Gursky infatti, offrono al visitatore due letture, ben diverse una dall’altra. A prima vista prevale l’armonia , la bellezza dello scatto, la sua atmosfera vagamente metafisica. Con una lettura più attenta, avvicinandosi all’opera, si possono scorgere una serie di particolari che sovvertono il modo di percepire l’opera stessa. Ecco dunque che basta avvicinarsi e concentrarsi su una delle fotografie della serie dedicata al fiume Chao Phraya – che ha ispirato l’artista durante uno dei suoi numerosi viaggi in giro per il mondo- per scorgere, dietro la bellezza formale dell’intera composizione, dettagli inquietanti come bottiglie di plastica, copertoni d’auto, imballaggi di cibi usa e getta, pesci morti. Perfino alcune alghe dietro il loro aspetto decorativo della composizione, nascondono in realtà la loro natura tossica. Le luminose increspature delle acque del fiume dunque, ci mostrano le loro contraddizioni solo quando ci ” immergiamo ” nell’opera, dove il vero soggetto non è tanto il fiume che attraversa Bangkok ma lo scatto stesso, denso di dettagli da scoprire. Questo è del resto il fine di Gursky : mostrarci quello che c’è dietro quella che ci appare come la realtà oggettiva. Non idealizza , cerca suggestioni che producano l’essenza della realtà. Senza imporre un giudizio, che in ultima analisi rimane sospeso . Forse anche per questo le sue opere sono universalmente apprezzate. Costruite ma al tempo stesso distaccate.
Oltre le grandi dimensioni, anche il lavoro post produzione che fa del ritocco digitale la parte centrale del processo creativo, ha rivoluzionato il concetto di fotografia in un sorprendente dialogo con la pittura : “Con l’introduzione del digitale non si può più dare una definizione univoca del termine ‘fotografia ‘. Quando ho iniziato il mio lavoro, sentivo che sarei stato sempre dipendente dal mondo materiale. Sembrava più interessante essere un pittore nel proprio studio, libero di decidere cosa fare, come sviluppare la composizione. Non sono un pittore, ma ora ho la stessa libertà“.
Un rapporto, quello della fotografia digitale di Gursky con la pittura, evidenziato in varie interviste anche da Pepi Marchetti Franchi – direttrice della Gagosian di Roma – con particolare riferimento alle ricerche sull’interpretazione dell’acqua e dei fenomeni atmosferici di artisti come Monet e Turner.
Le rielaborazioni digitali -grazie alla saturazione del colore e alle infinite possibilità di riunire in un unico scatto riprese dall’alto e dal basso, togliere, aggiungere o enfatizzare particolari – permettono allo spettatore una sorta di visione iper-realistica che non esiste nella realtà. Una posizione privilegiata dunque che lo invita a interagire con l’opera stessa nella ricerca di ogni dettaglio che riveli il proprio significato recondito.
Se con la serie Bangkok e con Ocean è l’acqua la protagonista con il suo alto valore simbolico, sono molti i temi affrontati da Gursky, sempre in seguito a suggestioni determinate dai suoi numerosi viaggi. Attraverso le rielaborazioni delle architetture del mondo globale in particolare, cerca il cortocircuito tra il loro lato affascinante e alienante al tempo stesso. “ Voglio creare una enciclopedia della vita” ha dichiarato.
Fino al 3 marzo 2018 alla Gagosian di Roma.
INFORMAZIONI UTILI
ANDREAS GURSKY BANGKOK – Gagosian – via Francesco Crispi n.16