In circa 70 opere, una grande monografica riscopre l’afflato teatrale e drammatico dell’artista elvetico Henry Fuseli che si ispirò a Shakespeare, e sviluppò un Romanticismo condizionato dal pensiero. Al Kunstmuseum di Basilea, a cura di Eva Reifert, fino al 10 febbraio 2019.
Basilea. Quelle atmosfere drammatiche circonfuse di indagine psicologica fanno di Johann Heinrich Füssli (1741-1825) – noto come Henry Fuseli dopo il trasferimento in Gran Bretagna -, uno dei pittori più colti e innovativi della sua epoca, capace di influenzare notevolmente l’arte europea dei decenni successivi. Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica, studiando letteratura al Collegio Carolino di Zurigo ebbe la possibilità di approfondire la sua cultura letteraria, avvicinando testi di Omero, Dante, Milton, e l’epos nibelungico. Queste opere stimolarono la sua immaginazione e lo convinsero ad affiancare, a quella ecclesiastica, anche la carriera artistica che indirizzò, stante una formazione accademica particolarmente colta, verso scene di drammi e d’eroi, di epiche narrazioni che intercettavano aspetti dell’animo umano quali il coraggio guerriero, la passione amorosa, ma anche la follia, l’angoscia della morte e di non poter giungere alla verità. Fuseli fu un romantico sui generis, che al sentimento affiancò e spesso sovrappose il pensiero.
La sua pittura riecheggia in parte anche il suo carattere combattivo, che lo costrinse a lasciare Zurigo e la Svizzera dopo che, come ministro religioso, ebbe duramente attaccato il Burgmeister della città. Iniziò così un pellegrinaggio attraverso l’Europa che contribuì in misura importante a indirizzare la sua carriera pittorica. Dopo un breve soggiorno in Germania, del quale non apprezzò il clima oppressivo del regno di Federico il Grande, nel 1764 si recò a Londra, all’epoca una delle città europee più liberali, oltre che economicamente e culturalmente vivace, anche grazie alla presenza di una già sviluppata borghesia, che apprezza la pittura, legge romanzi, va a teatro, e investe nel collezionismo somme considerevoli.
Frequentando la scena culturale, Fuseli scoprì i drammi di Shakespeare, che arricchirono lo spettro di quello che sarà il suo immaginario di riferimento per la pittura, sulla strada della quale lo incoraggiò a proseguire Joshua Reynolds, apprezzato ritrattista della borghesia britannica. Fortificato nel suo intento, Fuseli sentì però il bisogno di perfezionarsi in Italia, all’epoca tappa d’obbligo per chi volesse apprendere sul campo i rudimenti dell’arte.
Per questo, nel 1770 si recò a Roma, dove scoprì non tanto il fascino del classico, quanto la drammaticità e la plasticità degli affreschi di Michelangelo per la Sistina, uno dei vertici della Maniera Moderna. La pittura di Fuseli rappresenta la sintesi fra questa e la drammaturgia epica degli antichi, e quella a lui contemporanea di Shakespeare, che indaga i dubbi dell’individuo. In virtù di questa novità concettuale, rifiuta qualunque associazione con le accademie, così come la pratica della pittura dalla natura. L’imitazione della natura e l’ideale classico non appartengono al linguaggio di Fuseli, che sta a Winckelmann come Verdi sta a Rossini; da un lato la grazia estetica delle Muse e del clavicembalo, dall’altro lato il tonitruante rimbombare delle spade e del trombone.
Con un simile substrato di ispirazioni, il suo è un Romanticismo atipico, intriso di dramma, oscurità e scetticismo e la razionalità non è estranea alle passioni, pur profonde. Apparentemente idealizzata, la pittura di Fuseli è al contrario un’attenta, disillusa riflessione, dove l’eroe non è “bello di fama e di sventura”, bensì, combattente razionale, combatte le passioni stesse delle quali è preda, passioni non tutte necessariamente oneste e lecite. Non casualmente, Milton e Shakespeare sono gli autori che più lo ispirano, assieme alla saga dei Nibelunghi; in questo anticipa il “titanismo” di Richard Wagner, e l’impostazione scenografica, pur lontana dalle esagerazioni del Barocco, fa di queste opere tante tessere di quel mosaico che è il gran teatro del mondo, febbrile, controverso, contraddittorio.
Per questa ragione Fuseli coniuga le certezze del Rinascimento con i dubbi del secolo successivo, aiutato nell’approccio anche dalla sua formazione protestante, abituata a confutare i dogmi cattolici. Osservando gli eroi di Fuseli, si può affermare come il David di Michelangelo sia idealmente completato da Amleto (e Cartesio). Questa pittura ha carattere storico, ma senza intenti celebrativi, e riesce a calarsi nella psicologia dell’individuo. Una tela come La follia di Kate, ispirata all’allucinata drammaticità di Goya, anticipa l’Espressionismo di Munch in virtù dei contrasti di luce dello sfondo che costruiscono un oppressivo chiaroscuro, ma soprattutto già intravede quell’angoscia esistenziale che sarà approfondita dalla Secessione, nove decenni più tardi.
Anche nelle scene a carattere storico, Fuseli arricchisce la realtà di un’atmosfera soprannaturale, metafora delle angosce e delle incertezze dell’umanità, e reminiscenze di quelle antiche leggende che hanno ispirato molti dei drammi shakespeariani. Inoltre, il soprannaturale introduce elementi cui il Simbolismo giungerà circa un secolo più tardi. Eloquente, in proposito, L’incubo, che di Goya riprende l’impostazione, ma vi aggiunge una forte stilizzazione del personaggio femminile e semplificando lo sfondo, costruendo il quadro sul contrasto fra il bianco della veste e il candore della pelle della donna in primo piano, e la tenebra della quinta rossastra. L’atmosfera diventa simbolo, riporta una condizione mentale, e in questo caso si fa metafora degli effetti dell’oscuramento della ragione.
Fuseli fu pittore dal piglio originale e denso di significato, e ancora oggi a distanza di due secoli, le sue opere colpiscono per la modernità che esprimono, al pari di un dramma di Shakespeare, con i quali condividono la medesima atmosfera speculativa sull’umanità.
Informazioni utili
FUSELI – DRAMA AND THEATRE
Kunstmuseum, st. Alban-Graben 16, 4051 Basilea
Fino al 10 febbraio 2019
*Henry Fuseli – I tre confederati giurano sul Rütli, 1779-81 © Kunsthaus Zürich (dettaglio)