L’esperienza della Scuola di San Lorenzo, la “factory” che ha conquisto Roma negli anni ’80, riproposta da una mostra alla Cassa di Risparmio di Jesi, dal 8 dicembre al 19 marzo.
Roma, anni ’80. Un gruppo di artisti occupa l’ex pastificio Cerere. La fabbrica riprende vita, animata dagli ateliers. Gli artisti che lavorano qui non sono un vero e proprio gruppo, anche se convenzionalmente accomunati sotto il nome di Scuola di San Lorenzo. Artisti che percorrono ognuno il proprio cammino individuale, uniti dal comune interesse per il processo creativo sotteso alle opere.
A distanza di quasi 40 anni, l’esperienza della “comune” romana è ripercorsa dalla mostra La Scuola di San Lorenzo. Una Factory romana, in cui sono raccolte circa 40 opere che guidano il visitatore alla scoperta di questo pezzo di storia.
Quando, tra il 1973 e il 1982, inizia la progressiva conquista della fabbrica abbondata, i sette artisti erano già entrati in contatto tra loro da alcuni anni. Gli ambienti che frequentavano erano gli stessi, dall’Accademia alle gallerie di Roma, Milano, New York, Parigi. Era l’epoca in cui Roma era in mano alla Transavanguardia, da cui però gli artisti della Scuola si allontanano in modo netto. A influenzarli è piuttosto l’Arte Povera, con condividono la l’idea di un’arte strettamente legata alla quotidianità, con la quale è fusa dall’esperienza intima dell’artista.
La notorietà del gruppo è sancita dalla mostra Ateliers, curata da Achille Bonito Oliva nel 1984. Il comune denominatore degli artisti non sono la tecnica o lo stile, bensì il puro intento anti programmatico. Nessun manifesto né dichiarazione di poetica, piuttosto un generale disinteresse per ciò che era “di tendenza”, a favore di un’interpretazione personale e intima -quasi sussurrata- della verità.
Le opere sono il frutto del lavoro che ogni artista fa nel suo studio, un processo lungo e lento con cui l’interiorità del singolo emerge sulla tela nella sua forma più sincera. Quando poi più ateliers si vengono a concentrare in un solo luogo, ecco che iniziano i rimandi e le assonanze tra i quadri di un artista e quelli di un altro, in un libero gioco di influenze reciproche.
L’esposizione non si inquadra in una precisa cornice tematica o stilistica, ma sceglie di far parlare tra loro le opere, in cerca di somiglianze nascoste. I legni anneriti di Nunzio dialogano con i segni mitologici di Bruno Ceccobelli. La tridimensionalità altera le opere di Gianni Dessì, mentre i soggetti di Marco Tirelli sono definiti unicamente dalla luce e dalla forma. Domenico Bianchi -“l’uomo in più”, l’unico non residente nel pastificio- crea dei segni misteriosi occultati nella cera. Giuseppe Gallo studia una natura in divenire, trasportando su tela il suo costante movimento, mentre Piero Pizzi Cannella cerca di abbattere le distinzioni tra pittura e disegno, fondendole insieme sulla tela con una grande semplicità.
Oltre alle opere, l’esperienza della Scuola ha tramandato un altro grande lascito ai posteri. Dal momento in cui gli artisti vi si sono insediati, il quartiere San Lorenzo ha iniziato ad animarsi, passando dall’essere una zona periferica a un luogo culturale e alternativo. La bellezza non si è limitata alle tele, ma ha invaso anche l’ambiente circostante, trasfigurato a immagine e somiglianza di quei sette artisti anti convenzionali.
*Bruno Ceccobelli, Carico d’anni
Informazioni utili
La Scuola di San Lorenzo. Una Factory romana, A cura di Giancarlo Bassotti, con il contributo critico di Marco Tonelli
8 dicembre 2018 – 19 marzo 2019; Inaugurazione 7 dicembre 2018
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, Palazzo Bisaccioni – Piazza Colocci 4 -Jesi (AN)
Ingresso libero
Orari di apertura: lunedì – domenica 9:30-13:00 / 15:30-19:30 Visite guidate gratuite su prenotazione