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Con gli occhi di uno straniero. Gregory Halpern e Sergio Larrain alla Fondation Cartier-Bresson

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Let the Sun Beheaded Be, 2019 © Gregory Halpern / Magnum Photos

Da un lato i colori vivi di Gregory Halpern, in cui la potenza della natura si scontra con la violenza della storia. Dall’altro il bianco e nero granoso e sfumato di Sergio Larrain, dove l’immaginazione supera soggetto e inquadratura. Al centro di entrambe le mostre, lo sguardo di uno straniero su un paese nuovo. Soleil cou coupé e Londres vanno in scena alla Fondation Cartier-Bresson di Parigi fino al 1° novembre.

È quasi sempre l’alba o il tramonto a illuminare le fotografie di Gregory Halpern, quei momenti in cui la luce si attenua e valorizza al massimo uomini e paesaggi, avvolgendoli in un’atmosfera magica. Vincitore del Premio Immersion della Fondazione Hermès, il fotografo americano (Buffalo, 1977) ha realizzato un lavoro sul territorio d’oltremare francese della Guadalupa, dove ha svolto una residenza artistica nel 2019. Affascinato dal luogo, dalla storia e dai suoi abitanti, l’autore si è recato sull’isola a più riprese, di volta in volta più ispirato dal surrealismo caraibico del poeta e scrittore martinicano Aimé Césaire (1913-2008). La mostra, infatti, si apre con un estratto della poesia Scalp, parte della raccolta Soleil cou coupé (1948) che dà il titolo al progetto. Se il poeta paragona la forma del sole calante a una decapitazione, il fotografo risponde catturando le teste decapitate degli animali sacrificati all’interno di antichi riti indù.

Let the Sun Beheaded Be, 2019 © Gregory Halpern / Magnum Photos

La storia della Guadalupa è profondamente legata a quella della colonizzazione europea e alla tratta degli schiavi. A ribadire il passato tumultuoso del paese, scoperto da Cristoforo Colombo e poi conteso tra diverse potenze occidentali, sono i monumenti commemorativi disseminati per il territorio. Come molte (ex)colonie, l’isola vive di turismo, sopratutto americano e francese.

Halpern indaga il contrasto tra culture differenti con un approccio curioso, discreto e ricettivo, senza puntare il dito su vittime e carnefici, ma raccontando la realtà con estrema dolcezza, con gli occhi di chi vi si scontra per la prima volta. Nei colori vivi delle sue immagini, la straordinaria bellezza della natura si rivela di pari passo alla terribile storia dell’arcipelago. Halpern posa lo sguardo sul quotidiano, in cui i contrasti sono evidenti in ogni elemento: tra i turisti bianchi e gli indigeni, tra le statue dei coloni e i riti tradizionali praticati ancora oggi, tra le costruzioni decadenti e i paesaggi dalla natura rigogliosa.

Let the Sun Beheaded Be, 2019 © Gregory Halpern / Magnum Photos

Poco più in là, dove i muri bianchi si colorano di verde oliva, l’opera di Sergio Larrain (Santiago del Cile, 1931 ‐ Ovalle, 2012), sembra tutto il contrario rispetto a quella del più giovane collega Magnum. Se Halpern predilige colore e definizione, il fotografo cileno non ha timore del vago, dello sfocato, di una profondità di campo che rende le sue fotografie pari a quadri di cui non ci si stanca mai di notare i dettagli. Anche il soggetto della sua opera è in netto contrasto con gli scenari bucolici della Guadalupa: Larrain posa lo sguardo sulla grigia metropoli per eccellenza, Londra. Durante l’inverno 1958-1959, l’autore cileno vola in Inghilterra grazie a una borsa di studio del British Council. Da questa esperienza nasce il suo primo progetto riconosciuto dalla critica, che lo porta conoscere Cartier-Bresson e a guadagnarsi un posto all’interno dell’agenzia Magnum.

Trafalgar square, Londres, 1959 © Sergio Larrain / Magnum Photos

Nebbia perenne, scenari tetri, ombre inquietanti: il fotografo cattura i fantasmi di una città attraverso dettagli a cui nessuno sembra fare caso. Melanconia e nuances di grigi riflettono la capitale di un antico e vasto impero coloniale da cui Larrain è travolto e affascinato. I fantasmi colti nel cuore della notte conferiscono alla serie una dimensione onirica propria dello stile che contraddistinguerà l’opera di Larrain negli anni a venire, in una ricerca in cui soggetto e inquadratura sono spesso superati dalla potenza dell’immaginazione.

A legare i due autori, tuttavia, è la comune prospettiva di un estraneo che osserva una realtà del tutto nuova, libero da preconcetti. Dunque se Halpern dagli Stati Uniti sbarca su un’isola esotica fatta di natura, colori e decadenza, Larrain vola dal colorato Cile alla cupa e industriale Londra. I due, in fondo, documentano due facce della stessa medaglia: il paese occidentale colonizzatore, la terra esotica colonizzata.

Trafalgar square, Londres, 1959 © Sergio Larrain / Magnum Photos

 

Informazioni

Fino al 1° novembre 2020

Fondation Cartier-Bresson, 79 Rue des Archives, Paris

dal martedì alla domenica 10-19

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