Giselle in doppio cast per il Teatro alla Scala non convince
Il personaggio di Giselle è complesso e difficile per una ballerina che deve essere apprezzata per le sue qualità in ambedue gli atti. Giselle è il tipico balletto romantico in cui si fondono sacro e profano, carne e spirito, amore e morte, terrestre e celeste, carattere e stile “aerien”, recitativi (pantomima) e arie (ballet blanc). Un balletto che ha bisogno di una grande protagonista.
La scelta opinabile da parte del direttore del Ballo del Teatro alla Scala Manuel Legris di presentare il 30 gennaio su RaiPlay un doppio cast, ha indubbiamente penalizzato lo spettacolo che, brutalmente diviso nelle due interpretazioni di ballerine differenti, non ha dato l’opportunità di darne una giusta valutazione globale.
Certamente però possiamo con entusiasmo affermare che la Giselle del primo atto eseguita da Martina Arduino (al suo debutto nel ruolo) è stata una piacevole sorpresa. Sorpresa non così sorprendente in quanto le qualità di questa giovane ballerina sono già venute fuori in tante altre occasioni, anche prima che diventasse una prima ballerina del primo teatro d’Italia. Martina Arduino è un talento naturale, qualcosa di fresco e bello che irradia luce sempre in qualunque ruolo la si trovi impegnata.
In lei si sono colte tutte le peculiarità della giovane Giselle che, incontrando il bel principe di cui non conosce l’identità, ma ne percepisce ed apprezza eleganza e bellezza, se ne innamora a prima vista. In quel momento d’incontro c’è tutto il trasporto di una giovinetta che finalmente riconosce i sintomi dell’amore, quello vero, e di questo è felice e non si preoccupa se il suo cuore debole le comanda che non si deve stancare nel ballare. Danzare per lei è manifestazione di gioia, una gioia così grande da far scoppiare il cuore.
Ma a farle scoppiare il cuore non sarà la gioia del ballo, ma la delusione nell’apprendere che il suo corteggiatore è ben altra persona: non solo appartiene ad un altro ceto sociale, ma ha una fidanzata ufficiale, distante da lei nel rango, che non intende lasciare.
Quante sensazioni diverse in così poco tempo, quante emozioni deve dunque tirare fuori la ballerina che interpreta Giselle! Qui non si tratta di sola tecnica di danza classica, ma anche e soprattutto di grande interpretazione attoriale, quella che Martina Arduino ha dimostrato di possedere a pieno titolo tanto da poter dire che il Teatro alla Scala ha una nuova grande Giselle.
Peccato però non si sia potuta apprezzare anche nel secondo atto in cui abbiamo visto impegnati Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. Questa seconda coppia non era alla prima esperienza del balletto che fa già parte da anni del loro repertorio. La loro prestazione sia pur eseguita senza sbavature, non è riuscita ad emozionare come doveva.
Ma di chi è la colpa? Dei ballerini? Non completamente. A penalizzare il secondo atto è stata indubbiamente la scelta artistica: il pubblico non riesce nel giro di pochi minuti a voltare pagina ed entrare in un clima già così diverso in cui all’interno sono anche catapultati due protagonisti con caratteristiche totalmente differenti dai precedenti. Un vero peccato per la resa di uno spettacolo che doveva essere il fiore all’occhiello per la partenza della stagione danza della Scala.
Ci auguriamo che i teatri riaprano al più presto in modo che esperienze di questo tipo vengano accantonate per sempre a favore delle vecchie repliche che consentono l’esecuzione completa dei vari cast.