Il Ragazzo più bello del mondo, al cinema la storia di Björn Andrésen, un viaggio tormentato tra Morte a Venezia e Lady Oscar
Morte a Venezia di Vsconti, Lady Oscar, Midsommar di Ari Aster… Mondi tra loro così diversi e lontani (nel tempo e nello spazio) eppure con qualcosa in comume. Anzi, qualcuno. Il mondo del cinema e dello spettacolo è pieno di storie di persone mangiate dai meccanismi ambigui della fama e del successo, spesso immediato quanto breve; quella di Björn Andrésen è una di queste, immortalato al cinema come adolescente etereo e sensuale si è ritrovato ben presto condannato dalla propria bellezza.
Nel 1970, Luchino Visconti intraprende un lungo viaggio alla ricerca dell’interprete ideale per il suo nuovo film, un adattamento per il grande schermo del romanzo La Morte a Venezia; quattro anni tra Polonia, Ungheria, Finlandia e Svezia alla ricerca del viso perfetto per incarnare il personaggio descritto da Thomas Mann. A Stoccolma il cineasta milanese scopre Björn Andrésen, un ragazzo di 15 anni destinato ben presto a diventare un’icona internazionale. Visconti se ne innamora subito, lo spoglia per il provino, lo guarda con occhi pieni di desiderio. Lui è il suo Tadzio, lui è il suo ideale di bellezza angelica e letale, nei suoi occhi grigi come l’acqua del mare convivono l’innocenza dell’infanzia e la seduzione dell’adolescenza.
Per il giovane attore è questo l’inizio di una adolescenza piena di ombre divisa tra Londra, Cannes, Venezia e il Giappone: su di lui sono puntati tutti gli occhi del mondo.
A distanza di 50 anni dalla premiere del capolavoro di Visconti, Björn Andrésen si racconta in un documentario intimo e personale svelando la sua storia dentro fuori dal set. Dal 13 al 15 settembre esce in sala Il Ragazzo Più Bello del Mondo, il film sulla vita dell’attore che ha prestato le sembianze per l’indimenticabile Tadzio viscontiano di Morte a Venezia.
Il documentario attraverso immagini d’archivio e interviste inedite ripercorre la vita pubblica e privata de l’enfant prodige svedese: è stato proprio Luchino Visconti, in occasione della prima mondiale del film, ha definirlo pubblicamente come “il più bel ragazzo del mondo”, etichetta che gli è rimasta cucita addosso per tutta la vita. “Ero per lui carne da macello”, così Björn descrive il lavoro con il regista.
Kristina Lindström e Kristian Petri ripercorrono la storia dell’opera che ha condizionato la vita e la carriera di Björn Andrésen per sempre. Il ragazzo più bello del mondo è una storia sull’ossessione per la bellezza, sul desiderio e sul sacrificio di un ragazzo la cui vita è stata stravolta per sempre dopo l’incredibile sovraesposizione e il successo iniziali. “Abbiamo lavorato a questo documentario per più di 5 anni – raccontano i registi – seguendo le tracce di Andrésen tra Parigi, Stoccolma, Budapest, Venezia e Tokyo. Siamo riusciti a rintracciare tutte le persone che hanno conosciuto o lavorato con lui nel corso di questi cinquant’anni. Ma la base di tutto è stata la fiducia, il coraggio e la voglia di Björn di raccontare la sua vita”.
Prima di diventare tutt’uno con il personaggio di Tadzio, Björn Andrésen fa il suo debutto sul grande schermo nel 1970 in A Swedish Love Story, diretto da Roy Andersson (regista Leone d’Oro per Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza). Dopo la notorietà raggiunga grazie a Morte a Venezia tutti lo vogliono, lo desiderano, ma un contratto lo lega in esclusiva a Visconti per tre anni, imprigionato in un ruolo – quello del ragazzo più bello del mondo – che odia fin da subito.
Lavora però come modello in Giappone, dove il suo volto efebico e lunare strega un’intera generazione di creativi, dalla moda al mondo dei manga: dopo l’uscita di Morte a Venezia nel Sole Levante era scoppiata una vera e propria Björn mania. L’attore svedese diventa così il primo idol occidentale del Giappone e i suoi tratti fanno da topos per i romantici e tormentati protagonisti degli shoujo manga che a breve impazzano in tutto il mondo, Italia compresa. Riyoko Ikeda, una delle mangaka più famose e amate di sempre, si ispira proprio a lui per il personaggio di Lady Oscar, che le regalerà fama mondiale; i tratti angelici dell’attore tornano anche in altre sue opere, come Caro fratello e Orpheus – La finestra di Orfeo. In Giappone incide anche un disco, ma in questo successo non si sente a suo agio. Seguono allora anni parigini in cui viene pagato per essere un oggetto sessuale, un trofeo: è un periodo segnato da nebbia e ingenuità.
Negli anni successivi la sua carriera prosegue in qualche produzione indipendente svedese, ma il cinema internazionale ormai si è dimenticato di lui che, tra lutti in famiglia, alcolismo e depressione, preferisce dedicarsi alla musica. Nel 2019 una parte nel film horror folk di Ari Aster, Midsommar: all’inizio nessuno lo riconosce, chi avrebbe potuto rivedere in quell’anziano dai lunghi capelli bianchi con l’aria da druido l’acerba sensualità di Tadzio? Poi piano piano i pezzi del puzzle vengono ricollegati. La vita di questa icona di bellezza è stata segnata, come lui stesso racconta, da un grande vuoto, da una mancanza di punti di riferimento, di amore: è stato venerato come un oggetto e la brama del pubblico lo ha svuotato; senza qualcuno a tendergli una mano, l’equilibro per restare a galla nel mondo delle apparenze a lungo è stato solo un miraggio. Ora Björn si sente un relitto, ma sembra esserci sul suo volto la luce di una serenità a lungo perduta, guarda avanti.