Il meglio del meglio del meglio di Art Basel Miami Beach 2021 (2-4 dicembre 2021) in 30 passi, pezzi, prezzi, sezioni, stand, artisti, corredato a quasi un centinaio di immagini fatte sul posto. Tutto ma proprio tutto quello che era doveroso segnalare dal Convention Center di South Beach nel nostro lunghissimo report. Buona lettura.
Il ritorno di Banksy in fiera (3,85 milioni di dollari il pezzo esposto del 2004) dopo il record in asta di ottobre a Sotheby’s Londra (24,5 milioni) e soprattutto, a fianco, l’iconico Golden Bird del 1919 di Brancusi da 8 milioni. Entrambi su fondo blu mistico. Da Galleria Thomas. All’interno dello stand il leggerissimo acciaio fitofloreale di George Rickley del 1962. Parentesi chiosa per completezza: Banksy non fa solo capolino a Basel, due i pezzi venduti ad Art Miami e il celebre Love is in the Air del 2005 spezzettato in 10 mila parti -NFT unici noti anche come “particelle”- da Particle visibile all’ingresso dell’ICA nel cuore del Design District.
Mark Rothko al quadrato. Quello di Helly Nahmad del 1954 da 50 milioni, top price in fiera (ma già visto a Basilea nel 2019…) dal nostalgico titolo Dark Over Light; quello di David Zwirner del 1955, Untitled, da 20 milioni. Entrambi non venduti. Venduti sì invece dal gallerista tedesco il Mousquetaire et Femme a la Fleur di Picasso a poco più di 20 milioni, un Abstract Painting, Blue (1953) di Ad Reinhardt per 7 milioni e un dipinto di Noah Davis per 1,4 milioni di dollari.
Maurizio Cattelan al cubo. Come a Basilea, piccioni ovunque tra le sue tre gallerie: Perrotin, Massimo De Carlo, Marian Goodman. Ma non solo Ghosts: la bandiera d’acciaio costellata di fori di proiettile (Night, 2021) da MDC; RAW (2021) con pennuti e natura morta dal sapore fiammingo da Goodman; Nothing (2021), specchio dorato con sempiterni piccioni, da Perrotin. Siamo oggetti o soggetti?
Due degli storici Fab 5 italiani proposti da gallerie straniere: uno dei tre Morandi (Natura morta, 1949) portati in fiera da Karsten Greve (e venduta per circa 3 milioni, la stessa opera nel 2018 è stata aggiudicata da Christie’s per poco più di 1 milione…) e il Fontana rosso, taglio finissimo: Concetto Spaziale, Attese, del 1965-66. Interessante e non criptica la scritta sul retro: “Perché il mondo marcia male? Perché gli manca l’altro coglione al fianco!!”. Richiesta: 3,8 milioni. Da Van de Weghe.
Tre scompartimenti e un cuore di sano Fotorealismo americano. Waddington Custot: un bronzo di Flannagan e una delicata gouache di Arp introducono il momento apicale dello stand: Ralph Goings del 1976, Robert Cottingham del 1983, Ron Kleemann del 1971, inquadrati dai volumi cubici delle sculture di Jedd Novatt. Corridoio in uscita con Poliakoff e De Stael.
Morris monumentale (3,9 milioni). Basta e avanza lui (Tzadik, 1958) con un Calder galleggiante nell’aria per la nostra menzione di Vedovi.
Sinfonia minimalista: Yares
Sinfonia informale in salsa spagnola: Mayoral
Sinfonia astratta, tachista: gli Studi per il Chimbote Mural di Hans Hofmann del 1950.
Jack Shainman, il meglio della pittura afroamericana condensato in 50 metri quadri: Gordon Parks, Yiadome-Boakye, Hendricks, Anthony Smith, Donald Odita, Capote, Mokgosi, Capote, Odutola…
Acquavella. Tutto lo stand: dal colloquio astratto-figurativo ricamato ad angolo, un disegno storico Wesselmann del 61 e uno dei Berkeley di Diebenkorn del 54, al crescendo sul largo formato: telone di Keith Haring a tutta parete (venduto per 7,5 milioni), mega George Condo e il De Kooning del 1982, svettante sopra la scrivania dei galleristi, da 15 milioni.
Pulito, preciso, elegante. Una certezza: Matthew Marks: Simone Leigh (da poco acquisita in scuderia dopo la rottura con Hauser, protagonista del prossimo Padiglione USA in Biennale), venduta a 400 mila dollari, centro nevralgico pulsante su cui gravitano Jasper Johns, Paul Sietsema, Michel Majerus.
Kennedy Yanko, ovunque. Dalla meravigliosa Rubell Collection con un trittico di opere in bella mostra (le più grandi mai realizzate dall’artista) ai pezzi disseminati in fiera, vedi Kavi Gupta, Bortolami, Salon 94. Tutti venduti ancora prima di aprire le porte del Convention Center. Plauso a Marco Poggiali per averla portata già due anni fa in Italia in mostra, a Milano, da Galleria Poggiali.
Pittura contemporanea. Fuori dal Centro fieristico: sole e trenta gradi fissi. Dentro: pioggia di olio, grondare di acrilico. Tra i migliori, Jordan Casteel, Hernan Bas, Hugo McLoud, Peter Saul, Kehinde Wiley (acquistato per 425 mila dollari nello stand di Sean Kelly), Ali Banisadr, Amoako Boafo (fresco di record in asta in questi stessi giorni a Hong Kong) e Flora Yukhnovich (artista facile e spesso discussa, ma piaccia o meno sia gli olii che i disegni offerti da Victoria Miro sono stati venduti tutti subito, e anzi ci raccontano come non si riesca a stare dietro alla richiesta dei collezionisti).
Jafa, Serra, Dumas: tris d’assi per la sala centrale di uno dei migliori stand in fiera: Gladstone Gallery. Si entra con un Haring che incornicia l’ingresso (ceduto per 1,75 milioni) e si conclude con una sfilata di carboncini di Alex Katz realizzati dal 2007 al 2020 presentati su fondo cremisi. Il dipinto della Dumas è stato venduto a 800 mila dollari.
Ordinato, coerente, prezioso. Temperature color sabbia e arie dicrome bianco-nere contrassegnano lo stand di Michael Werner: tra le pareti e il pavimento si alternano Penck, Kirkeby, il nostro unico (a parte Cattelan) italiano contemporaneo in fiera Enrico David. E ancora: Polke, Baselitz e mosaico di acquerelli di Picabia.
La prima di Jeffrey Deitch: lo storico mercante d’arte, dopo Basilea, sbarca anche a Miami Beach. Sugli scudi Keith Haring (e non poteva essere altrimenti), prezioso il suo telo da poco meno di 5 milioni; ma non sono da meno il resto delle proposte, su tutte: la gestione in esclusiva dell’Estate di Rammellzee (con specchio di opere) e l’appendice (super concentrata) della bellissima mostra in scena al The Moore Building in Design District, Shattered Glass, con la miglior scena di artisti locali, di Miami e dei Caraibi interi.
Gli italiani, tutti: Mazzoleni, Paci, Massimo De Carlo, Lorcan O’Neill, Tornabuoni, Cardi, Continua e Robilant+Voena
Un affresco di Yellow Magic, mitico gruppo musicale giapponese di musica elettronica. realizzato finemente da Taka Ishii Gallery.
Un William Klein totalmente astratto da Polka: from the abstract series del 1952. Solo show in sezione Survey.
Sezioni: su Kabinett, bellissima (piccole mostre raffinatissime all’interno di 25 stand selezionati), giù Meridiana alla sua seconda edizione (16 progetti su grande scala realizzati sia da artisti storici che da talenti emergenti), abbastanza inutile.
I due poeti di Milton Avery (1963) da Victoria Miro.
Tre salotti ben curati: Petzel, neugerriemschneider, Fortes d’Aloia & Gabriel.
Perla fotografica: Gursky in Bahrain, da White Cube, a 1,5 milioni di dollari. Venduta.
Simbolo e icona: Citational Ethics (Toni Morrison, 1987), 2021, di Ja’tovia Gary, giovane artista e regista di Dallas. Da Paula Cooper. Nota: “Those white things have taken all I had or dreamed and broke my heartstrings too,” scriveva Toni Morrison nel romanzo Beloved del 1987.
Dialettiche, dialoghi, osmosi: Julie Mehretu guarda Mark Bradford, e viceversa (entrambi venduti a 3,95 milioni da White Cube).
La riscoperta (finalmente) di Sarah Grilo da Maisterravalbuena
Chicca finale: il Picasso del 39 portato da Gagosian (allestito accanto a un ritratto del Bacon del 1961). Richiesta: 15/20 milioni di dollari. Sublimi spatolate per un piccolo capolavoro di esattamente 55 x 33 cm.