Prosegue fino al 23 luglio la monografica alla Pinacoteca Agnelli dedicata all’artista visiva e concettuale statunitense Lee Lozano, pioniera e figura chiave della scena artistica newyorkese degli anni Sessanta
La mostra alla Pinacoteca Agnelli di Torino si apre con General Strike Piece del 1969, un’opera da visionare con la colonna sonora di Odissea nello spazio, o almeno così avrebbe voluto la sua creatrice. Lee Lozano (1930-1999) era un’artista eclettica e volitiva e con le sue opere intendeva colpire mente, cuore e viscere degli osservatori.
Lo ha sempre fatto, soprattutto a partire da questo manifesto con cui dichiara al mondo di non voler partecipare e accettare inviti a mostre e eventi che non siano realmente rivoluzionari. È il suo primo sciopero artistico e sì è una performance ma calata in un contesto dove la dissidenza aveva un forte valore politico.
Celebrata per il suo lavoro radicale e ferocemente critico sul genere e sul corpo, con la sua arte contesta l’ordine precostituito, il capitalismo e il patriarcato. I falli delle sue opere, perdono quasi eroticità, diventano un pretesto per la lotta di genere perché i musei sono pieni di nudi femminili mentre quelli maschili sono una minoranza, un’eco della classicità.
Per Lozano è necessario, però, mettere in discussione anche se stessi. Al grido di Redisgn yourself cambia nome (prima Leonore poi il più fluido Lee), stile e identità, “Pensa a te stessa come in un nuovo stato di esistenza” scriverà a un certo punto in uno dei suoi diari.
Strike, a cura di Sarah Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti, è la prima rassegna personale a lei dedicata in Italia e propone in ordine cronologico le opere dei suoi 12 anni di attività, dai disegni accademici ai nudi.
L’artista americana passa da opere con uno stile seducente e provocatorio al minimalismo fino al concettuale, tanto che la sua monografica sembra quasi la mostra di un collettivo. Lozano era infatti in grado di assorbire diversi linguaggi artistici, la pop art, l’art brut, l’espressionismo, attingendo da ogni dove e riformulando a modo suo una volta raggiunta l’essenza.
Ad esempio usa il pun come formula per sintetizzare ambiti diversi e con la serie Subways porta alle estreme conseguenze la sovrapposizione di immaginari pornografici e slogan commerciali già presenti in lavori precedenti, come dimostra l’opera dalla merce carnale accompagnato dallo slogan: cocks!cubts!tits!balls!.
Le tele tra ’62 e 64′ si ingrandiscono, i corpi vividi si trasformano in attrezzi, richiamando sia l’immaginario dell’industria che quello della scultura sempre più legata alle tecniche di produzione industriale. Le serie dei primi anni ’60 si concentrano anche sugli aeroplani che interagiscono con i corpi, soprattutto con nasi, bocca e occhi. Tra ’64 e ’65 la ricerca pittorica si sposta poi verso l’astrazione minimalista con tele di grandi dimensioni e campiture, come dimostra la serie Tools. Dal ’68 al ’70 scrive 11 diari che raccolgono un flusso ininterrotto di annotazioni biografiche, elucubrazioni poetiche e filosofiche, ma anche note taglienti sui personaggi e il sistema arte. Significativi anche i life art piecies cioè istruzioni o descrizioni di esperimenti, spesso per scardinare l’ipocrisia e la competitiva.
Lee Lozano è corpo e trascendenza, matematica e sensualità, ordine e rottura. In lei arte e vita coincidono, la sua rivoluzione è personale e politica. Nel 1972 è un’artista affermata ma con l’opera Dropout piece lascia per sempre il mondo dell’arte dopo 12 anni di pratica. Per trent’anni fa perdere le sue tracce, ci lascia un’ultima performance: farsi seppellire con una lapide senza nome terminando così il suo lavoro di disintegrazione dell’io.