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Osvaldo Licini. L’enigma del “Milionario”

Osvaldo Licini, Il milionario, 1938 Osvaldo Licini, Il milionario, 1938
Osvaldo Licini, Il milionario, 1938
Osvaldo Licini, Il milionario, 1938

In esclusiva un nuovo studio del nipote del grande artista, Lorenzo Licini, sull’enigmatico titolo dato a un’opera del 1938

Osvaldo Licini dipinse Il milionario nel 1938: tra i titoli dati dall’artista ai suoi quadri credo che questo sia uno dei più enigmatici. Molte volte mi sono chiesto per quale motivo lo avesse intitolato così. Tempo fa ho scoperto che certi segni talvolta presenti nelle opere di Licini sono stati ispirati, con molta probabilità, da alcune immagini di un codice miniato medievale: il Libro delle Figure di Gioacchino da Fiore (1). Credo che questa scoperta possa anche contribuire alla decifrazione dell’enigma del Milionario.

L’aquila di Gioacchino e di Dante

Sul Corriere della Sera del 30 gennaio 1937 apparve la notizia del ritrovamento a Reggio Emilia, da parte di monsignor Leone Tondelli, di un’opera di Gioacchino da Fiore della quale, per molto tempo, si erano perse le tracce: si trattava del Libro delle Figure, un codice miniato nel quale Gioacchino aveva esposto il proprio pensiero teologico attraverso le immagini. Dante Alighieri, secondo Tondelli, aveva probabilmente visto le figure del codice di Gioacchino e ne aveva tratto ispirazione per alcune immagini descritte nella Divina Commedia.

Come, ad esempio, nel XVIII canto del Paradiso, quando le anime dei beati prendono posizione nel cielo di Giove in modo da raffigurare le lettere che formano la frase “Diligite iustitiam qui iudicatis terram”; subito dopo le anime che formano la lettera emme della parola “terram” si dispongono in modo da raffigurare nel cielo un giglio e, infine, un’aquila. Ebbene, questa descrizione appare ispirata proprio da una tavola presente nel Libro delle Figure, la numero VI (2). Nella tavola di Gioacchino l’immagine di un albero immaginario diventa un tutt’uno con quella di un’aquila; le ali dell’uccello ricordano la forma di una lettera emme e dall’albero nascono dei fiori di giglio.

 

Tavola VI del Libro delle Figure di Gioacchino da Fiore (nell’originale l’aquila è capovolta)
Tavola VI del Libro delle Figure di Gioacchino da Fiore (nell’originale l’aquila è capovolta)

La testa dell’aquila è raffigurata di profilo, sono ben evidenti il becco e l’occhio. I gigli simboleggiano l’età dello Spirito che un giorno, secondo Gioacchino, avrebbe segnato la fine del materialismo; in questa età “sarà l’amore che regnerà sovrano fra tutte le creature e tutti gli uomini celebreranno già qui, in terra, il paradiso. Tutti tenderanno alla povertà, all’umiltà, all’amore infinito […] non vi sarà più bisogno di riti o di letture, o di prediche, perché Dio stesso parlerà nella singolarità delle anime” (3).

Franco Ciliberti, filosofo amico di Licini, riteneva che Dante fosse stato influenzato dal cristianesimo di Gioacchino: lo definì, infatti, un “gioacchinista” (4). Il Libro delle Figure, dopo essere stato ritrovato a Reggio Emilia, fu pubblicato nel 1940. Già prima di questa pubblicazione, tuttavia, quelle figure avevano iniziato a circolare. Lo conferma il fatto che Dmitrij Sergeevič Merežkovskij, nel suo libro su Dante uscito nel 1938, accennò al “magnifico codice della prima metà del XIII secolo, scoperto di recente, il Libro delle Figure” (5).

In Italia, nel 1938, si manifestò un particolare interesse per la figura di Dante. Nello stesso anno gli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri realizzarono il progetto per il Danteum: un grande edificio (che tuttavia non fu mai costruito) che sarebbe dovuto sorgere a Roma per celebrare Dante e che, in sostanza, avrebbe dovuto rappresentare una sorta di trasposizione in forma architettonica della Divina Commedia. Il progetto prevedeva tra l’altro la realizzazione, in una sala dell’edificio, di un grande bassorilievo raffigurante proprio l’aquila descritta da Dante nel Paradiso.

Il 1938, come detto, è anche l’anno in cui Licini dipinse Il milionario. Nel quadro è visibile una sorta di “totem” formato da tre elementi di colore rosso disposti verticalmente. Questi elementi, che ricordano le lettere i, M e A, fanno pensare anche alla forma dell’aquila del Libro delle Figure di Gioacchino. L’asta verticale della lettera “i” potrebbe rappresentare il lungo collo “rettangolare” dell’aquila di Gioacchino; la lettera “M” le ali, la “A” la parte dell’albero-aquila nella quale fioriscono i gigli.

Numeri del Cielo e della Terra

Nel Milionario sono visibili i numeri 5,3,6,2 e 8; il 5 è attaccato alla lettera emme. In un’antica tradizione dell’Estremo Oriente, il 2 il 5 simboleggiano la Terra, il 3 e il 6 il Cielo (6). Il numero 8 è particolarmente importante sul piano simbolico: è spesso considerato rappresentativo del passaggio tra il mondo terrestre e quello celeste (7). Se si utilizza la chiave offerta da questo simbolismo orientale, la successione di numeri presente nel dipinto di Licini può rimandare all’idea di un percorso tra la Terra e il Cielo.

Un percorso dalla materialità (la Terra) alla spiritualità (il Cielo) che, in fondo, ricorda quello simboleggiato dall’emblema “occidentale” dell’aquila di Gioacchino: l’albero-aquila dal quale, un giorno, fioriranno i gigli dell’età dello Spirito. Nel XVIII canto del Paradiso le anime che formano la lettera emme della parola “terram” si dispongono in modo da raffigurare nel cielo un giglio e poi un’aquila. Nel Milionario il numero 5 (che nella tradizione estremo orientale, come detto, può simboleggiare la Terra) è per l’appunto “attaccato” alla lettera emme (le “ali” dell’aquila): forse proprio un’allusione alla trasformazione della materia (la Terra) in spirito.

Oriente e Occidente

Questa mia interpretazione delle lettere e dei numeri presenti nel Milionario ipotizza quindi la compresenza, nel dipinto, di un simbolismo occidentale e orientale. Come se Licini avesse voluto evidenziare una sostanziale convergenza del significato recato da questi simboli: la materia che, appunto, si trasforma in spirito. Nel 1938 uscì il primo (e unico) numero di Valori Primordiali, una rivista animata da idee in gran parte condivise da Licini. Era diretta da Franco Ciliberti; tra i suoi promotori figuravano anche gli architetti Terragni e Lingeri che, proprio nello stesso anno, realizzarono il progetto per il Danteum (il progetto che, come detto, prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di un grande bassorilievo raffigurante l’aquila descritta da Dante).

Uno degli articoli presenti nel numero di Valori Primordiali era dell’orientalista Giuseppe Tucci: si intitolava L’uomo nel Buddhismo (8). Ciliberti, che di Tucci era amico, era anche uno storico delle religioni ed era molto interessato al confronto, sul piano della spiritualità, tra Oriente e Occidente. Nei primi anni Quaranta Ciliberti disse che “il sogno della povertà di Gioacchino da Flora, di San Francesco e di Dante è ritorno alla sorgente cristiana in quanto povertà vuol dire non avere nulla per possedere tutto, non distinguere l’io dagli altri esseri. Povertà che nel buddismo ha trovato la sua massima espressione, perché nel cristianesimo apparve solo con Gesù e San Francesco e con gli spirituali, mentre nel buddismo è eternamente vivente” (9).

Nel XIX canto del Paradiso Dante si rivolge all’aquila e, ponendole un quesito, fa riferimento a un uomo che “nasce alla riva dell’Indo”. Tucci aveva ipotizzato che qui Dante si fosse riferito a Buddha, una figura che il poeta poteva aver conosciuto attraverso i racconti di viaggio di Marco Polo (10). Nel Milione Marco Polo aveva detto, a proposito di Buddha, che “s’egli fosse stato cristiano sarebbe stato un gran santo in compagnia di nostro Signor Gesù Cristo”.

Penso che Licini, nel Milionario, avesse accostato la spiritualità orientale a quella occidentale: se è così, si può ragionevolmente ipotizzare che il titolo del quadro richiami il Milione di Marco Polo. Un libro nel quale, molti secoli prima, si era accennato a una possibile “vicinanza”, sul piano spirituale, tra Oriente e Occidente.

Lorenzo Licini

* Questo studio è stato pubblicato il 12 aprile 2023 nel sito osvaldolicini.it.

(1) Rimando, sul punto, al mio studio intitolato Il “Fiore” fantastico di Licini pubblicato il 31 luglio 2021 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.
(2) Anche la tavola V del Libro delle Figure, assai simile alla VI, potrebbe essere stata di ispirazione per Dante.
(3) Sono parole dette in una conferenza da Franco Ciliberti, nei primi anni Quaranta, a proposito di Gioacchino da Fiore (Franco Ciliberti, Storia degli ideali, a cura di Elena Di Raddo, Archivio Cattaneo, Cernobbio, 2003, pag. 117).
(4) Franco Ciliberti, Storia degli ideali, op. cit., pag. 167.
(5) Demetrio Merejkowsky, Dante, traduzione dal russo di Rinaldo Küfferle, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1938, pag. 393.
(6) Si veda, sull’argomento, René Guénon, La Grande Triade, traduzione di Francesco Zambon, Adelphi Edizioni, Milano, 1980, pagg. 73-80.
(7) Rimando, sull’argomento, a René Guénon, Simboli della Scienza sacra, traduzione di Francesco Zambon, Adelphi Edizioni, Milano, 1975, pagg. 235-236.
(8) Si veda Valori Primordiali, Orientamenti sulla creazione contemporanea, volume primo, febbraio 1938, Edizioni Augustea, Roma Milano, pagg. 127-130.
(9) Franco Ciliberti, Storia degli ideali, op. cit., pag. 123.
(10) Si legga, sull’argomento, Giuseppe Tucci, Marco Polo. Conferenza tenuta nella “Sala degli Orazi e Curiazi” in Campidoglio all’apertura delle celebrazioni Poliane il 3 febbraio 1954, Roma, 1954.

www.osvaldolicini.it/

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