Victoria Miro presenta la prima installazione site-specific pensata per la sua sede di Venezia. Si tratta di Closer Than Before, un intervento architettonico, ad opera di Alex Hartley, che trasforma parte della galleria. La mostra, concepita durante la recente residenza di Hartley presso la galleria di Venezia, si svolge durante la Biennale di Architettura 2023.
Catapultarsi nel futuro per osservare il presente come se fosse un recente passato. Questa la sensazione di straniamento che suscitano le opere di Alex Hartley. Questo accade anche da Victoria Miro, la cui galleria veneziana, in Closer Than Before, si sfalda come se fosse colpita da un evento invisibile. Un cataclisma che altera le pareti dello spazio espositivo e lo coinvolge in una visione distopica di un prossimo futuro dove il pianeta subisce un modo drammatico le conseguenze del cambiamento climatico.
In particolare Hartley allestisce un contesto che allude agli effetti di un fenomeno estremo di alta marea. Entrando nella sala principale, il visitatore scorge intorno alle pareti una linea sottile. L’acqua ha apparentemente inondato la galleria e poi si è ritirata. Una parete si è parzialmente sgretolata per rivelare al di là di essa uno spazio, un regno che esiste in un registro architettonico completamente separato.
Il linguaggio visivo – quello degli elementi in cemento armato, tra cui si distingue una porta – è in realtà ben più recente dell’edificio stesso. È un’evocazione dell’architetto modernista veneziano Carlo Scarpa (1906-1978), i cui progetti principali a Venezia includono l’Università Iuav, il Giardino delle Sculture, lo showroom Olivetti e il complesso funebre Tomba Brion, situato vicino a Treviso e considerato il suo capolavoro. Tutti luoghi che Hartley ha visitato durante la sua residenza veneziana e che gli hanno consentito di approfondire la figura dell’architetto.
L’iconografia modernista di Scarpa inserita nella città antica rende ancora più avvincente l’atmosfera misteriosa che Hartley voleva creare. Questo contrasto, insieme al contesto dell’alluvione e delle rovine architettoniche, sono il cuore delle riflessioni attorno alla sedimentazione del tempo e della materia.
Ad accompagnare l’installazione vi sono una serie di opere a parete composte da lastre di marmo di Carrara dai bordi grezzi, che creano un collegamento con le montagne da cui sono state estratte. All’interno di ogni lastra si trova un delicato dipinto monocromatico, sovrapposto ad un’immagine costruita fotograficamente. Sono evocazioni di un altro mondo, ombre e spazi fantasma raccolti durante la residenza di Hartley a Venezia. I titoli, come Divide and Dissolve e Seen and Unseen, sottolineano ulteriormente gli aspetti del tangibile e dell’intangibile e i modi in cui il lavoro di Hartley crea divisioni porose tra ciò che è nascosto o rivelato nel tempo.