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Gli ambienti “cinetici” al Museo del Novecento (incredibilmente) chiudono. L’annuncio in una lettera

Giovanni Anceschi, Disegno per l’Ambiente a Shock Luminosi

Al momento della pubblicazione di questo articolo il Museo del Novecento, interpellato sull’accaduto dalla redazione di ArtsLife, non ha rilasciato dichiarazioni.

Firmata da Giovanni Anceschi e Davide Boriani, padri dell’Arte Cinetica e Programmata e fondatori del Gruppo T con Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi e Grazia Varisco, arriva alla redazione di ArtsLife una lettera che racconta di una anomala “chiusura” al Museo del Novecento di Milano, che interesserebbe proprio le sale dedicate ai lavori del gruppo e non solo.
Chiusura delle sale dedicate al Gruppo T e del quarto piano del Museo del Novecento a Milano: la lettera di Giovanni Anceschi e Davide Boriani

Dai primi giorni di gennaio il quarto piano del Museo del Novecento è chiuso al pubblico – si legge nell’attacco della missiva. La sezione del Museo a cui si accedeva attraverso la passerella sospesa tra Arengario e Palazzo Reale è inaccessibile e totalmente disallestita. Non sono più visitabili le sale dedicate all’arte d’avanguardia del secondo Novecento. Non è neppure possibile rintracciare informazioni sulla eventuale prossima riapertura e sul destino di quegli spazi. Un biglietto collocato all’entrata avvisa i visitatori che “per motivi tecnici alcune sale del percorso espositivo sono solo parzialmente visitabili”.

Ma c’è dell’altro, che secondo i firmatari lascia un po’ perplessi: la Tricroma di Giovanni Anceschi è stata restituita allo studio, e agli artisti è stato semplicemente annunciato che i quattro ambienti (tra cui Spazio Elastico di Colombo) sarebbero stati smontati per preparare un nuovo allestimento, ma non è stata fornita nessuna data su un futuro ripristino e il direttore del museo, Gianfranco Maraniello, ha solamente accennato a una possibile rotazione delle opere per far spazio a pezzi ora in deposito.

Stessa sorte per l’Ambiente a shock luminosi, sempre di Anceschi, per l’Ambiente stroboscopico n. 4 di Boriani e per l’Ambiente Strutturazione a parametri virtuali di Gabriele De Vecchi, smontati e, se non di proprietà del museo, restituiti anch’essi ai proprietari.

“Strana è sembrata fin da subito la scelta del museo di privarsi di opere già acquisite, diminuendo di fatto il fondo che costituisce la sua ricchezza – continua la lettera. Incomprensibile la tempistica e la fretta nel disfarsi a cavallo tra Natale e l’Epifania di quelle testimonianze preziose dell’arte cinetica e programmata. Assente qualsiasi rassicurazione rispetto ad una loro possibile nuova collocazione all’interno del museo. Ma soprattutto è la decisione di smontare gli ambienti, allestimenti per loro natura fragili e difficilmente ripetibili, senza un progetto concreto di ricollocazione che desta le maggiori preoccupazioni.

Una scelta che gli stessi artisti giudicano priva di senso, oltre che surreale e un po’ brutale nello svolgimento:

La presenza degli ambienti del gruppo T nella Collezione Permanente costituiva un tassello fondamentale del percorso del Museo che dalla Struttura al neon di Lucio Fontana, posta alla fine dello scalone di accesso e visibile dall’esterno attraverso le vetrate dell’Arengario, portava alle sale del Gruppo T fino ad arrivare alla sala dedicata a Luciano Fabro. Gli Ambienti erano stati allestiti nel 2010 con l’attiva collaborazione e supervisione degli artisti, fatto che rendeva quell’allestimento irripetibile, rappresentando un’esperienza museale unica a livello internazionale.

Giovanni Anceschi nell’Ambiente a schock luminosi

L’esperienza dell’Arte Cinetica e del Gruppo T.

A salutare la magnifica decade dei ’60, proprio nel gennaio di quell’anno, fu la prima mostra del Gruppo T alla galleria Pater di Milano “Miriorama 1”.
Anceschi, Boriani, De Vecchi, Colombo firmarono il loro Manifesto nell’ottobre dell’anno precedente, 1959, e in occasione della seconda mostra del movimento si unì al Gruppo anche Grazia Varisco.

Per 4 anni, dal 1960 al 1964, si svolsero in diversi luoghi 14 edizioni di “Miriorama”, e nel 1962 al negozio Olivetti, sempre a Milano, il Gruppo T prese parte alla mostra “Arte programmata, arte cinetica, opere moltiplicate, opera aperta”, promossa dalla stessa Olivetti su iniziativa di Bruno Munari (a sua volta partecipante con Enzo Mari e il Gruppo N di Padova) con un testo di Umberto Eco.
Nel 1964 il Gruppo T ebbe una sala personale alla Biennale di Venezia e in quegli anni il successo dell’Arte Cinetica esplose internazionalmente: “The Responsive Eye” a New York nel 1965, “Kunst-Licht-Kunst” a Eindhoven nel 1966, “Lo spazio dell’immagine” nel 1967 e “Vitalità del negativo nell’arte italiana”, 1970, sono solo alcune delle mostre dedicate alla poetica di oggetti cinetici e programmati che indagano, visivamente, l’instabilità percettiva, la persistenza delle immagini sulla retina, la variazione dell’immagine con il movimento eccentrico, la sua metamorfosi attraverso l’interferenza e la diffrazione della luce, a cui seguirono gli ambienti, dove la partecipazione del pubblico divenne la parte centrale per l’attivazione dell’opera.

Continua la lettera: L’arte cinetica e programmata è nata dall’impegno di artisti come Lucio Fontana e Bruno Munari in collaborazione con giovani artisti che lavoravano in gruppo (gruppo T, gruppo N, gruppo Mid, e altri). Le forme di arte nate dalla collaborazione tra artisti, sono state proposte come presa di coscienza collettiva di processi in continua evoluzione. Critici e storici dell’arte come G.C. Argan e Umberto Eco ne hanno condiviso e difeso obiettivi e valori. A quella che allora si configurava come evoluzione dell’arte nata in Europa, è stata contrapposta la Pop Art, importata dagli USA alla Biennale d’arte del 1964 con grande impegno di mezzi pubblici e privati allo scopo dichiarato di rendere predominanti nel sistema dell’arte modalità e interessi del mercato privato USA.
La prospettiva di facilitare lo scambio commerciale di opere ridotte a merce, ha prevalso sugli obbiettivi più complessi della ricerca interdisciplinare, dell’analisi e della risposta a bisogni emergenti sul piano collettivo, della nascita di forme di arte coerenti con lo sviluppo dei diversi saperi.

La difesa di questi valori non a caso si affianca alla difesa oggi necessaria di quei valori analoghi che qualificano l’assetto democratico della nostra società. Le opere che vuole distruggere chi è preposto alla loro conservazione, sono realizzazioni essenziali del movimento che ha segnato l’evoluzione dell’arte italiana nel Novecento.
Ciò che è avvenuto al Museo del Novecento prefigura sostanzialmente l’affossamento dell’idea originaria da cui è nato il museo e, in generale, la rinuncia a ogni prospettiva che tenga conto dello svilupparsi dell’avanguardia artistica.

Chiediamo alla città, agli artisti, ai critici e agli intellettuali di mobilitarsi perché venga preservato un luogo amato dai milanesi, visitato dagli studenti, anche i più piccoli, e attrattivo per i turisti e gli studiosi di tutto il mondo. Raccoglieremo e pubblicheremo documenti e dichiarazioni di artisti, critici, intellettuali e cittadini che sono contrari o che giudicano negativa sul piano storico l’eliminazione della sezione del Museo del 900 dedicata all’arte programmata e cinetica e la distruzione degli ambienti che questa sezione raccoglie.

Giovanni Anceschi
Davide Boriani

Si può rispondere all’appello utilizzando questa e-mail: anceschi.boriani.gruppot@gmail.com

 

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