
Il Sultanato dell’Oman debutta alla Biennale Architettura di Venezia con un affascinante spazio legato a condivisione e riflessione
“Nasce dall’approccio culturale delle pratiche omanite. Non è un omaggio nostalgico alla tradizione, ma un esempio concreto di come possiamo costruire il futuro partendo dai saperi e dalle esperienze che ci appartengono”. Con queste parole la curatrice Majeda Alhinai introduce Traces, titolo scelto per segnare la primapresenza del Sultanato dell’Oman alla Biennale Architettura di Venezia. Il padiglione prende ispirazione dalla Sablah, uno spazio tradizionale omanita dove le persone si incontrano, discutono, condividono pensieri e progetti. Non si tratta solo di un luogo legato al passato, ma di un modo di vivere e costruire relazioni ancora attuale al mondo di oggi.

Nel padiglione la Sablah non viene solo rappresentata: diventa un vero e proprio metodo per immaginare nuovi spazi pubblici, aperti, accoglienti e sostenibili. Uno spazio fluido e senza confini: non ci sono porte, né percorsi obbligati. Chi entra è libero di muoversi, attraversare, fermarsi, incontrare altre persone. Un luogo che invita alla riflessione, ma anche al dialogo, proprio come accade nelle Sablat dell’Oman.

Dal punto di vista costruttivo, Traces è realizzato interamente in alluminio grezzo, con pannelli tagliati e piegati su misura. Le superfici sono traforate con disegni ispirati a motivi tradizionali omaniti: intrecci di foglie di palma, incisioni sulle porte, e le geometrie del sistema di irrigazione Falaj. Dopo la Biennale, la struttura tornerà nel Sultanato, dove continuerà a vivere come spazio civico, mantenendo la sua funzione e il suo significato.














