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È morto Günther Uecker, uno dei maggiori protagonisti del Gruppo Zero

Günther Uecker Günther Uecker
Günther Uecker
Günther Uecker
Uecker era celebre per aver trasformato l’astrazione attraverso l’uso di chiodi piantati su tele, oggetti e superfici luminose

È scomparso all’età di 95 anni Günther Uecker, figura cardine dell’arte postbellica europea, celebre per aver trasformato l’astrazione attraverso l’uso di chiodi piantati su tele, oggetti e superfici luminose. Nato nel 1930 a Wendorf, in Germania, Uecker fu profondamente segnato dagli orrori della Seconda guerra mondiale e dalla successiva espropriazione della fattoria di famiglia da parte della DDR. Dopo un’iniziale formazione come artista di propaganda, si trasferì a Berlino e successivamente a Düsseldorf, dove iniziò a sviluppare la sua cifra espressiva.

Nel 1961 entrò ufficialmente nel gruppo Zero, fondato da Otto Piene e Heinz Mack, con l’obiettivo di riportare l’arte alle sue origini essenziali. Uecker contribuì con opere che usavano il chiodo come strumento pittorico e scultoreo, dando vita a superfici vibranti, in movimento, capaci di riflettere e assorbire la luce.

Günther Uecker, Head, 1955/56
La poesia di un martello

Negli anni ’60 partecipò a importanti esposizioni, tra cui tre edizioni di Documenta e la mostra “The Responsive Eye” al MoMA di New York, che consolidò la sua fama internazionale. Tuttavia, l’artista non cercò mai l’approvazione del mercato, preferendo restare fedele alla propria ricerca interiore e spirituale.

Autore anche di installazioni sonore e interventi politici – come Letter to Beijing, progetto censurata in Cina – Uecker è stato docente all’Accademia di Düsseldorf dal 1974 al 1995. Nel 1998 realizzò la sala di preghiera del Bundestag, luogo di raccoglimento e riflessione all’interno del Parlamento tedesco.

Negli ultimi anni, con la riscoperta del gruppo Zero e mostre di rilievo come quella al Guggenheim di New York nel 2014, il lavoro di Uecker ha ricevuto un nuovo rilancio. Le sue opere raggiungono ormai quotazioni milionarie, ma lui, fino alla fine, ha continuato a martellare i suoi chiodi ogni giorno, fedele al motto: “La poesia si fa con il martello”.

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