
Nel cuore di Tremezzina, sul Lago di Como, Villa Carlotta si conferma laboratorio vivo di dialogo tra arte e natura. Non solo museo e giardino botanico, ma anche luogo di produzione culturale, di riflessione e di memoria
Con il nuovo progetto artistico, inaugurato il 26 giugno e affidato all’artista Maria Dompè, la storica dimora di Villa Carlotta accoglie un doppio intervento ambientale che attraversa il tempo e lo spazio. Da un lato la fragilità dell’arte effimera, intesa come epifania dell’invisibile. Dall’altro, la forza silenziosa di un intervento permanente nel paesaggio, che non si impone, ma si allea con il vivente.
Il titolo è già una dichiarazione di intenti: To the women who are not allowed to fulfill their dreams! / A tutte quelle donne a cui non è permesso realizzare i propri sogni! Un omaggio alla giovane principessa Carlotta di Prussia, cui la villa è intitolata, morta troppo precocemente per realizzare i suoi sogni. Ma anche a tutte le donne escluse dalla possibilità di vivere appieno il proprio potenziale creativo, artistico, esistenziale. “È un dono al bosco, alla natura, dalle donne per le donne”, racconta l’artista, che da anni lavora sul confine tra paesaggio e gesto artistico.
Un doppio intervento tra pratica artistica e radicamento
A cura di Elena Di Raddo, il progetto di Maria Dompè si articola in due interventi site-specific capaci di intrecciare storia, paesaggio e impegno civile. Entrambe le opere mettono al centro la condizione femminile e la capacità dell’arte di agire come pratica di ascolto, memoria e alleanza con il vivente. Il primo, concepito per la Sala dei Gessi, nasce dalla collaborazione con Livia Crispolti e con gli studenti del corso di Cultura tessile dell’Accademia di Brera. Qui, l’artista compone un tappeto circolare, realizzato con migliaia di petali di fiori freschi e frammenti di sari bianco.

Una costellazione materica e simbolica in cui il colore bianco, tutt’altro che neutro, si carica di significato. In molte culture, e in particolare in India, il sari bianco è il segno della vedovanza: simbolo di lutto, rinuncia alla vita, ai desideri e ai sensi. È il colore dell’assenza, della perdita, ma anche della sospensione tra ciò che è stato e ciò che non può più compiersi.
Maria Dompè trasforma questo codice culturale in una dichiarazione universale, da segno di negazione, il sari diventa terreno di resistenza poetica, di riconoscimento e di rinascita. Sul tessuto e tra i petali, gli studenti ricamano dei simboli leggeri, che restituiscono voce alla condizione femminile; segni che superano le lingue e i confini, per parlare a tutti e a tutte. La loro leggerezza non è fragilità, ma apertura. Una soglia tra generazioni, culture, memorie condivise. Un paesaggio effimero, destinato a durare solo il giorno dell’inaugurazione. È un atto di ascolto, di alleanza, di cura. Non commemora, non celebra: invoca, sussurra. Come un fiore che sboccia per una sola notte, sceglie di non restare.
Uno spazio plastico
Il secondo intervento si inserisce nel giardino di Villa Carlotta, in una zona recentemente riqualificata grazie al progetto “Un passo nel parco, un passo verso il futuro. Villa Carlotta una risorsa per il territorio”, sostenuto dal PNRR – Next Generation EU. L’area, come ha spiegato la direttrice Maria Angela Previtera, è situata lungo il tracciato che dalla “porta del bosco” sale verso le alture, seguendo antichi sentieri.
In questo luogo liminale, tra giardino e bosco, Maria Dompè, in dialogo con i giardinieri del parco, realizza un intervento a verde permanente, raccolto e silenzioso. Non si tratta di un’opera che si impone. È un gesto che si radica, si intreccia al ritmo naturale del paesaggio. Uno spazio plastico aperto al divenire, soggetto alla luce, al vento, alle stagioni, alle fioriture.
Dompè, nel contesto, interpreta il paesaggio come una pagina da leggere, come un corpo sensibile che custodisce semi di memoria, sogni interrotti o mai realizzati e storie latenti. È un luogo di pausa e passaggio, che si disvela solo a chi accetta di rallentare lo sguardo.

Arte come possibilità
In continuità con la sua ricerca artistica, Dompè a Villa Carlotta propone un’arte che non si consuma, ma si attraversa, accende domande, costruisce possibilità. Un’arte che intreccia poesia visiva, rigore concettuale e sensibilità ecologica. “Due interventi ambientali in dialogo con il luogo e la sua storia. Due reali momenti di riflessione su ciò che l’arte può offrire alla lettura del mondo e del destino umano”, afferma l’artista.
Non si tratta solo di evocare una ferita, quella di tutte le donne costrette a rinunciare ai propri sogni, ma di renderla percepibile e condivisibile. Di accoglierla nel linguaggio dell’arte e della natura. Perché, come ci ricorda Dompè, la terra ha memoria, e può diventare spazio di giustizia silenziosa. Con discrezione, ma con forza, l’opera restituisce un respiro comune, tra il corpo umano e quello del paesaggio, tra il presente e ciò che ancora può germogliare.

Villa Carlotta: luogo di memoria, arte e futuro
Villa Carlotta, da sempre luogo di meraviglia botanica e collezionismo, conserva uno straordinario patrimonio storico, artistico e naturale. Costruita alla fine del Seicento dai marchesi Clerici di Milano, passò nel 1801 a Giovanni Battista Sommariva, mecenate e raffinato collezionista. Nel 1843 fu acquistata dalla principessa Marianna di Prussia, che nel 1850 la donò alla figlia Carlotta in occasione del matrimonio con il duca Giorgio II di Sassonia-Meiningen. Nonostante la prematura scomparsa di Carlotta, la villa continuò ad essere frequentata e curata dalla famiglia fino alla Prima Guerra Mondiale, quando fu confiscata dallo Stato italiano e affidata in gestione all’Ente Villa Carlotta, istituito con Regio Decreto nel 1927.
Ogni fase della sua storia è oggi leggibile nel paesaggio, nei capolavori neoclassici di Canova, Thorvaldsen, Hayez e in un giardino botanico che, fin dal Seicento, si è distinto per la rarità e la bellezza delle specie: camelie, azalee, arbusti ornamentali, fioriture stagionali e alberi monumentali. Il nuovo intervento di Maria Dompè si inserisce con grazia e intensità in questa stratificazione, portando una forza nuova, tutta contemporanea.

Dopo i progetti di Giovanni Frangi e Stefano Arienti, prosegue così il percorso della Villa nella valorizzazione dell’arte contemporanea in dialogo con il paesaggio, con la storia e con le collezioni. A chiudere l’inaugurazione del 26 giugno, il concerto del coro femminile Hildegard von Bingen, fondato e diretto da Tiziana Fumagalli che studia e diffonde, oltre al tradizionale repertorio polifonico, brani dedicati a figure femminili e soprattutto musiche di compositrici.














