
Tra i tanti film che hanno animato i più importanti festival europei – Berlino, Cannes e Venezia – nel 2025, tre sono contraddistinti da personaggi che cercano di fuggire da ciò che loro malgrado sono diventati, disegnando una geografia del presente in cui l’unica risposta alla crudeltà del reale è il rispecchiarsi – e il ritrovarsi – l’uno nell’altro
Il primo film in questione è Kontinental ’25 (2025) di Radu Jude, vincitore dell’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino: il motore della vicenda è Ion (Gabriel Spahiu), un ex-atleta caduto in disgrazia che, di fronte a uno sfratto che lo priverebbe dello scantinato in cui vive a Cluj, in Romania, preferisce togliersi la vita, lasciando l’ufficiale giudiziario Orsolya (Eszter Tompa) in balìa dei sensi di colpa.
Il secondo, Le città di pianura (2025) di Francesco Sossai, presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, i cui protagonisti sono Carlobianchi (Sergio Romano) e Doriano (Pierapaolo Capovilla), due “ragazzi” ormai cinquantenni che, vagando per il Veneto alla ricerca dell’ultimo brindisi prima di ricongiungersi con un amico di vecchia data, si imbattono in Giulio (Filippo Scotti), uno studente campano trasferitosi a Venezia per studiare architettura, trascinandolo con sé nella propria avventura alcolica;
Infine, ne Il rapimento di Arabella (2025) di Carolina Cavalli, Holly, interpretata da Benedetta Porcaroli – premiata alla Mostra del Cinema di Venezia con il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione femminile –, a 28 anni si sente incompresa, intrappolata in una vita che non rispecchia in alcun modo la sua complessa personalità: in preda a un momento di auto-suggestione, decide di ricorrere a un gesto estremo come il rapimento di una bambina, credendo di poter porre così rimedio alla sua condizione di infelicità.

In modi diversi, questi tre lungometraggi riflettono una condizione di forte spaesamento e una crisi d’identità di fronte a una società respingente e sempre meno umana. Nel caso del film di Radu Jude, a non avere certezze è Orsolya, figura su cui si concentra la narrazione di Kontinental ’25 dopo la rapida quanto triste uscita di scena di Ion: di fronte alla sua morte, di cui si sente diretta responsabile, intraprende un percorso di (tentata) espiazione del proprio senso di colpa che mette in luce tutte le contraddizioni e le ipocrisie della borghesia rumena, dipingendo un ritratto grottesco delle spietate dinamiche capitaliste che governano la contemporaneità del mondo occidentale.
Ben diverso l’approccio alla vita dei due protagonisti de Le città di pianura – in sala dal 2 ottobre –, che sembrano abbracciare la propria condizione di reietti, annebbiando la propria frustrazione tra le bottiglie di qualsiasi bar incontrino. Vittime della crisi economica del 2008, attraversano l’entroterra veneto, anonimo a confronto della poetica laguna veneziana e delle maestose vette dolomitiche, in cerca di una verità che sembra sfuggirgli proprio quando stanno per afferrarla. Sul loro percorso – che attraverserà anche la Tomba Brion di Carlo Scarpa – incontrano Giulio, timido e rigoroso studente che grazie a loro scoprirà il piacere, ogni tanto, di abbandonarsi al mite scorrere del tempo e dell’alcol.

L’ultimo tassello è il nuovo film di Carolina Cavalli, Il rapimento di Arabella, in uscita al cinema il 4 dicembre. Dopo Amanda (2022), la regista sceglie nuovamente di affidare il ruolo di protagonista a Benedetta Porcaroli, dando vita a Holly, un personaggio sconnesso dalla realtà e in grado di aggiornare il racconto di un profondo disagio giovanile intrapreso con il film precedente. Cavalli sceglie di ambientare il racconto in una provincia spoglia e surreale in cui le persone intrattengono rapporti disfunzionali, quasi temessero di scoprire che è possibile condurre un’esistenza felice, preferendo la solitudine. Di fronte ad Arabella (Lucrezia Gugliemino), Holly vorrà credere che non tutto è perduto, e che la fortuita collisione di universi paralleli – che secondo lei le avrebbero permesso di incontrare una versione di sé stessa ancora bambina – potrebbe aiutarla a rimettere in ordine i frammenti della propria fragile identità.














