L’installazione site-specific di Alfredo Jaar,Venezia, Venezia è un invito a esaminare in che modo la cultura del nostro tempo, costituita da network globali sempre più complessi, possa essere adeguatamente rappresentata su un palcoscenico internazionale.
L’esperienza evocativa di Venezia, Venezia parte dal confronto con un’immagine che ritrae l’artista italiano-argentino Lucio Fontana– figura che ha fortemente influenzato Jaar – in equilibrio instabile nel mezzo delle disastrose conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, mentre è intento a osservare quel che resta del suo studio a Milano nel 1946. Al di là dell’immagine intrisa di un senso di distruzione e caos, il visitatore viene guidato attraverso un passaggio al sotto di un arco che richiama uno dei ponti-simbolo di Venezia, e all’interno dell’incarnazione fisica di un’utopia storica e di un’opportunità concettuale di ricostruzione.
Attraverso una sottile orchestrazione fra spazio e tempo, movimento e stasi, visibile e invisibile l’ambiente del Padiglione diventa immediatamente critica della precarietà della rappresentazione nazionale nell’ambito di un contesto globale contemporaneo, e al contempo incontro fugace fra speranza e rinascita storica.
Il vasto coinvolgimento di Jaar nell’arte, che si declina in svariati contesti culturali, politici e pubblici, lo ha portato a creare alcune delle opere più profonde e stimolanti degli ultimi trent’anni, spronando a una riflessione che sovverte le convenzioni e l’indifferenza. Il suo interesse costante per la complessità delle situazioni politiche e sociali, che l’artista esamina attraverso un’analisi approfondita, ha prodotto alcune delle opere di Jaar più acclamate fra cuiRwanda Project (1994 –2000), una veemente testimonianza della mancanza di attenzione da parte della comunità internazionale nei confronti del genocidio.