Come un pifferaio magico, Susan Philipsz incanta coloro che la seguono attraverso un percorso che si snoda per il centro storico della città di Genova.
Sono sei le installazioni sonore che compongono la mostra dal titolo “Follow me” in corso fino al prossimo 11 ottobre nel capoluogo ligure e curata da Ilaria Bonacossa e Paola Nicolin.
La personale dell’artista scozzese (classe 65) raccoglie una selezione di lavori realizzati tra il 1999 e il 2011 e una nuova produzione, dedicata alla nave-laboratorio di Guglielmo Marconi, l’Elettra.
Filo rosso del percorso è il suono, inteso come entità fisica e immortale. Marconi sosteneva che il suono una volta emesso non scompare mai, continua a esistere come onda sonora. Ed è su questa teoria che l’artista riflette e lavora.
La storia della nave dell’inventore della radio ha affascinato Susan, che ha girato alcune città italiane dove sono conservati i resti della nave. Si è recata a Venezia, a Mestre, a Trieste, Bologna, a Santa Margherita Ligure, a Roma e ha fotografato le varie parti dell’Elettra.
Queste fotografie, stampate in grande formato e in bianco e nero, sono l’unica tappa del percorso che ha, per così dire, una componente “visiva”.
Sono esposte nelle stanze del pianoterra di Villa Croce (Museo di Arte Contemporanea) accompagnate da una installazione sonora a cinque canali che ripropone le registrazioni -effettuate per la prima volta in subacquea- di bip emessi da scatole nere di navi o aerei. La Philipsz le ha fatte funzionare sott’acqua e successivamente ha montato i suoni registrati come se fossero richieste di soccorso e come se i relitti si parlassero fra loro.
Le altre tappe invece propongono installazioni sonore senza il supporto di immagini e non realizzate ad hoc. Così ad esempio a Palazzo Ducale è presente il lavoro più vecchio, del 1999, già presentato all’importante evento Manifesta 3 che si è svolto a Ljublijana nel 2000.
Si tratta di una installazione sonora monocanale che riproduce l’inno dell’Internazionale socialista. Il contrasto si prova tra il significato dell’Inno, la localizzazione nel cortile di un palazzo del potere, la diffusione estremante semplice tramite un semplice speaker. Lo spettatore ha un ruolo attivo nel momento in cui si immedesima. Per Susan non c’è un significato univoco: il suono può evocare memorie e sensazioni differenti a seconda di chi lo riceve.
Anche le altre installazioni non sono state realizzate appositamente per i luoghi che le ospitano. Ma, elemento molto importante nel lavoro di Susan, sono state “adattate” ai luoghi che le ospitano. In qualche modo ogni installazione ha un rimando o un legame con il luogo originario per cui era stata pensata.
L’idea dell’assenza, della perdita e della memoria sottendono a tutte e sei le opere, sono tutti concetti importanti e ricorrenti nel lavoro dell’artista.
Ma è difficile spiegare bene con la penna cosa sono questi lavori. Non solo la parola ma anche le immagini non le rendono giustizia. E’ solo l’esperienza dell’installazione, il coinvolgimento di udito e vista, che permettono di farne parte e darne una propria interpretazione.
Ecco la mappa dei luoghi: