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Verso l’interattivo e oltre. Matilde Gioli racconta ‘Claustrophonia’ e il cinema del futuro

Matilde Gioli

Verso l’interattivo e oltre. Matilde Gioli (Il capitale umano, Gomorra) racconta ‘Claustrophonia’ e il cinema del futuro.

«Un virus paralizzante si è diffuso in tutto il mondo, attraverso lo sguardo.
Tutto è fermo, immobile, pietrificato. Da quei corpi pompeiani di una Milano 2016,
escono fuori solo patetici mugolii, ricerca di aiuto».

È il volto felino di Matilde Gioli a introdurci in questo scenario cupo e tenebroso, ambientato nel mondo post-apocalittico immaginato dal regista Roberto Zazzara (già regista del documentario ‘Transumanza’) che in occasione della diciottesima edizione del Future Film Festival mercoledì 4 maggio ha presentato a Bologna, in anteprima mondiale, ‘Claustrophonia’, cortometraggio sperimentale di natura interattiva, scritto insieme allo sceneggiatore Davide Orsini (già autore di ‘Aquadro’ di Stefano Lodovichi), un’interessante ispirazione per alcune riflessioni sul panorama cinematografico contemporaneo e sul futuro stesso del cinema, italiano e internazionale.

L’intreccio è ridotto all’osso: dopo la diffusione del virus, in grado di contagiare con un semplice sguardo (un’eco alla maledizione mitologica di Medusa) la protagonista del film, Mati, “si è messa in salvo rifugiandosi in un posto a lei caro”. Guidata da una nostalgica melodia, la canzone ‘Talking Stones’ interpretata per l’occasione da Gary Jules (che da New York ha abbracciato con entusiasmo il progetto), il suo cammino si trasforma in un malinconico vagabondare incoraggiato proprio dalla musica, protagonista centrale, “il nerbo che le dà coraggio nell’andare avanti” e di “calarsi nell’oscurità del suo inconscio più profondo” per arrivare, infine, davanti a un bivio: “tre porte chiuse e numerate, che in maniera diversa, le sveleranno un segreto e, forse, le concederanno un futuro”.

È proprio a questo punto che interviene l’interattività, elemento sempre più dominante nei progetti dell’epoca del cosiddetto Web 2.0: giunto insieme alla protagonista davanti alle tre porte, è infatti il pubblico stesso a dover scegliere quale aprire.

>> Tre diversi finali per tre plausibili interpretazioni, guidate da una scelta apparentemente casuale, forse inconsciamente condizionata da alcuni messaggi disseminati dagli autori.

L’idea non era quella di indicare al pubblico una via chiara di seguire: il film è pieno di elementi subliminali che richiamano la numerologia, distribuiti in modo pienamente consapevole” ha dichiarato Roberto Zazzara, incalzato dalla curiosità dei presenti in sala; “È importante capire che non esistono un finale giusto e uno sbagliato: grande interesse del nostro progetto sta proprio nell’affidarci alle sensazioni suscitate nello spettatore, che sceglie di conseguenza in modo quasi randomico”. Per l’anteprima al Cinema Lumiére della Cineteca di Bologna agli spettatori è stato fornito un telecomando che ha dato loro la possibilità di votare in praesentia il finale preferito: una sorta di voto ‘cine-democratico’, secondo le parole stesse del regista.

matilde gioliInizialmente realizzato per la fruizione sul web e solo in un secondo momento distribuito su altri canali (in primis quello festivaliero), il progetto di  Matilde Gioli  tiene la porta aperta ad eventuali sviluppi futuri. L’esperimento è indubbiamente curioso: trasformare l’utente passivo in un motore fondamentale per il proseguimento della narrazione – e soprattutto farlo anche in sala – non è certo qualcosa che si vede tutti i giorni sugli schermi cinematografici e la prima ad esserne entusiasta è proprio l’attrice protagonista.

>> Inaugurata al cinema italiano da ‘Il Capitale Umano’ di Virzì, ma vista anche in ‘Belli di Papà’ con Diego Abatantuono e di recente sul piccolo schermo come valletta al fianco di Fabio Fazio nel remake dello storico ‘Rischiatutto’, Matilde Gioli – alla sua prima esperienza con il cortometraggio – non ha dubbi sull’importanza di questo disegno ambizioso: “Il progetto mi ha entusiasmata fin da subito: conosco il produttore del film da ben prima di questa occasione e quando lui e Roberto mi hanno contattata ho capito che non avrei voluto perdere l’opportunità di partecipare a un’idea così folle, per contribuire a qualcosa che personalmente trovo davvero innovativo, non soltanto per l’Italia ma per il concetto stesso di cinema”.

È la sua sposa desolata, avvolta in un ingombrante vestito di tulle e merletti, a guidare fin dall’inizio lo spettatore, inerme compagno di questo viaggio disperato. E se, come ha specificato lo sceneggiatore, la vera innovazione non sta tanto nell’aver scritto tre finali diversi, quanto nell’aver progettato quei finali in modo che fossero coerenti con quanto detto in precedenza, il lavoro non è stato semplice nemmeno dal punto di vista della recitazione. “Era necessario fornire un’interpretazione che rispettasse le attese, ma allo stesso tempo era fondamentale restituire una coerenza narrativa al mio personaggio in tutti e tre i possibili sviluppi che avrebbe potuto avere la storia. È stata un’operazione delicata, ma molto stimolante”.Matilde Gioli

L’amicizia con Roberto e l’atmosfera sul set mi sono state d’aiuto. Certo, avevamo tante scene faticose, drammatiche, cariche di paura, ma la settimana di lavorazione è piena di aneddoti simpatici. Su un set di questo tipo è facile farsi venire la risata facile: quando dovresti restare serio, sembrare triste, impaurito e disperato, inizia a pigliarti la ridarola ed è la fine. Ricordo scene in cui dovevo essere sconvolta e invece scoppiavo a ridere, o momenti in cui l’operatore alla camera per inseguirmi inciampava sul mio abito di scena: era finita… e ovviamente la risata contagiava tutta la troupe!

È una maniera diversa di fare cinema e a mio avviso non si può più fermare; ma in fondo non vedo nemmeno il motivo per fermarla, costituisce semplicemente un modo nuovo anche di apprezzare i film”. Un intento ambizioso, proprio a questo proposito girato in lingua inglese, per il quale, rispettando le parole della stessa Matilde, si può parlare a tutti gli effetti di un ‘obiettivo: viralità’: “La speranza è quella di una viralità virtuosa, di un bel passaparola – anche e soprattutto in rete – che riesca a portare all’estero un lavoro italiano”.

Un trampolino, dunque, verso il cinema del futuro?
Non sono conservatrice, mi piace vedere il mondo che evolve: dal punto di vista mediatico stiamo sicuramente vivendo un periodo di grande evoluzione e sperimentazione, proprio grazie alle nuove tecnologie interattive. Oggi vedo due principali modalità di vivere il cinema: da una parte c’è quella fruibile singolarmente sulle piattaforme on demand, che si apre quindi alle possibilità rappresentate da un esperimento come ‘Claustrophonia’; dall’altra c’è invece quella che permette di rispettare e proseguire la tradizione del buon film in sala – e in compagnia. La mia speranza è vedere una coesistenza pacifica: mi dispiacerebbe molto se venisse dimenticata la tradizione”.

E alla luce di queste nuove inclinazioni, come appare il cinema italiano visto, oggi, da un insider? Il commento di Matilde Gioli si lascia attendere, ma quando arriva è deciso e non necessita di ulteriori specificazioni: “In fermento”.

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