La pazza gioia, il nuovo film di Paolo Virzì, dopo una standing ovation a Cannes -presentato nella sezione Quinzaine des réalisateurs- arriva nelle sale italiane.
La pazza gioia, scritto insieme a Francesca Archibugi, è la storia di due donne: Beatrice Morandini Valdirana, sedicente contessa, a suo dire in contatto con i “potenti” della terra e Donatella Morelli, una giovane tanto fragile quanto silenziosa che nasconde un doloroso segreto, le cui tracce si leggono sul suo viso stanco e sono disegnate sulla sua pelle.
Alcuni aspetti fondamentali delle loro vite accomunano le due donne a prima vista tanto diverse: sono entrambe ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, una villa di campagna dove vivono operatori sanitari e una ventina di pazienti. E poi condividono proprio quei disturbi mentali che hanno portato le due donne a incrociare d’un tratto le loro vite.Donatella è vittima di un buio interiore al quale fa fatica a reagire causato da un padre che tiene con se nella forma di una canzone registrata sul cellulare e da una madre che si intrattiene con un malato incapace di intendere e di volere, al quale è convinta di strappare una cospicua eredità. Ed è in cerca di Elia, il bimbo che le è stato sottratto proprio a causa di questa sua malattia.
Beatrice invece ha una grande luce dentro di se, una potenza sessuale ed un’energia isterica e incontenibile che non è capace di canalizzare in modo costruttivo. Una vita trascorsa a mentire, una vita che l’ha messa alle strette quando si è ritrovata innamorata di un uomo più bugiardo di lei.
>> Disturbi mentali paralleli e diversi, come il giorno e la notte, ma che si intrecciano sino a trovare un interessante equilibrio. Dal loro incontro nasce così un’imprevedibile amicizia.
L’isteria dell’una e la sofferenza dell’altra diventano il motore che accende la loro voglia di fuggire e correre alla ricerca – come dice Beatrice – “di tovaglie di fiandra, vino buono e gente gentile”, in altro modo detta felicità. Ma è, allo stesso tempo, un’amicizia folle, segnata da mille intoppi e che sarà profondamente catartica per entrambe.
>> In un viaggio di fuga, che fa tanto Thelma & Louise, i momenti drammatici si alternano ad una contagiosa “pazza gioia”. Che sia forse la traduzione dell’instabilità cardine di tutto il film?
Di contorno alla due protagoniste, donne e uomini, tutte figure depresse, bipolari, schizofreniche, borderline (quante parole abbiamo inventato per stiparci dentro la gente che non capiamo?) che le amano, le fuggono e le rincorrono allo stesso tempo, pregano, si agitano e piangono per una fuga che non è toccata a loro, alzano le mani al cielo, facendo da coro greco alla tragedia e alla commedia insieme.
Paolo Virzì da sempre porta sulle spalle e nei suoi film un mondo tutto italiano, cerca di guardare avanti trascinando con se il vecchio carrozzone di personaggi più o meno caricaturali che gridano Italia da tutti i pori. Questo comporta, per chi conosce i suoi film, contrasti molti forti, ma che egli sa anche ben maneggiare.
In La pazza gioia il carrozzone c’è, scomposto, disordinato e rumoroso, ma forse manca il controllo, soprattutto nella parte centrale dove la narrazione perde di coesione, diventando a tratti fin troppo onirica e leggera e a tratti troppo estraniante e buia.Risultano, a ogni modo, due ore di film durante le quali ognuno di noi potrà riconoscersi nell’indomabile desiderio di libertà delle due protagoniste, nei loro quotidiani alti e bassi e in cui il pubblico potrà sensibilizzarsi su un tema così importante fatto di Opg (il film è ambientato nel 2014, quando gli ospedali psichiatrici giudiziari erano ancora aperti), di negazioni sociali e umane.
Una nota di grande merito va sicuramente alle due attrici protagoniste, Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, che hanno saputo comunicare perfettamente commozione senza trucchi ed empatia, percorrendo quel confine così labile che si rinnova ogni secondo nella nostra vita “chi è normale, chi è sano?”.
In La pazza gioia la grande forza è la scelta di trattare un argomento così complesso e doloroso, perché nella vita bisogna aver paura di chi ha paura della pazzia.