In passato relegate al ruolo di muse ispiratrici, col secolo breve le donne sono diventate protagoniste attive del mondo dell’arte, attraverso riconoscimenti prestigiosi, mostre di rilievo e risultati d’asta straordinari.
Nella giornata dedicata al gentil sesso, rendiamo omaggio alle paladine del contemporaneo che hanno portata alta la bandiera femminile, raccontando l’essenza della vita col proprio sguardo caleidoscopico e imprevedibile, in grado di stupirci con infinite forme e altrettante sfumature. Dalla passionale Frida Kahlo all’introspettiva Louise Bourgeois, dalla delicata Marisa Merz alla trasgressiva Marina Abramovic.
Frida Kahlo e il coraggio di amare
“Pensavano che fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.” (Frida Kahlo)
La biografia di Frida Kahlo è un duettare fra realtà e leggenda, tensione vitale e pulsione di morte. Da una parte la vocazione artistica, la passione politica e le amicizie intellettuali; dall’altra il devastante incidente stradale, la perdita del figlio mai nato e l’amputazione della gamba destra. Ma a segnare la Kahlo è anzitutto la tormentata relazione col collega Diego Rivera, un amore dai toni contrastanti, proprio come gli autoritratti della pittrice messicana: creazioni che scavano nell’inconscio, per farsi specchio dell’animo umano e proiettare l’esperienza personale in una dimensione assoluta.
Vivian Maier. La tata-fotografa
Nanny per professione, fotografa per vocazione. La Signorina Maier era solita girare con la Rolleiflex attaccata al collo, eppure nessuno aveva mai visto le sue fotografie: poesie per immagine, custodite gelosamente prima e dimenticate in un cumulo di scatoloni poi; fino al 2007 quando -per uno scherzo del destino- tutto cambia. A Chicago un agente immobiliare si imbatte casualmente nell’archivio segreto, stampa oltre 150 mila negativi e trasforma l’anonima bambinaia degli anni Cinquanta in una famigerata pioniera della street photography.
L’universo psicoanalitico di Louise Bourgeois.
Dall’identità alla famiglia, dalla maternità alla sessualità. La creatività di Louise Bourgeois affonda le radici nella psicoanalisi personale e in un’esistenza damaratoneta, dal primo vagito all’ultimo respiro, a quasi cent’anni. Dopo l’infanzia difficile e la laurea alla Sorbona, la giovane ribelle si imbatte negli atelier di Montmartre, dove scopre l’amore per l’arte e per il critico americano Robert Goldwater. I due si trasferiscono nella New York degli anni d’oro; qui Louise da vita a un circolo intellettuale ed espone i propri lavori senza successo…fino agli anni Settanta, quando –prossima alla pensione- la militante dell’introspettività si trasforma in una delle artiste più rivoluzionarie del secolo breve.
Marisa Merz. L’arte della semplicità
Eterea e delicata, Marisa Merz è l’unica donna tra gli esponenti dell’Arte Povera ed è proprio la femminilità che la porta rompere la dicotomia tra arte e vita con un aplomb sorprendente. Questa Signora defilata da vita ad oggetti semplici, intrecciati con tecniche e materiali di volta in volta differenti: il rame, la cera, l’argilla…Un lavoro autentico e artigianale, ma allo stesso tempo colto e raffinato.
Le verità ovvie di Jenny Holzer
Negli anni Novanta, con Jenny Holzer la semantica si fa estetica e il linguaggio si trasforma in espressione creativa. Queste provocazioni prendono il nome di Truisms (verità ovvie) ed irrompono sui supporti più disparati: dalle t-shirt, ai volantini distribuiti per strada, fino ai pannelli pubblicitari delle metropoli. Si tratta di messaggi laconici che veicolano retoriche contrapposte: l’impulso passionale del manifesto da una parte e la razionalità della didascalica dall’altra. Si genera così un cortocircuito che porta a riflettere su assiomi scontati, eppure mai messi in discussione.
Marina Abramovic. La sacerdotessa del contemporaneo
Ha duettato col fuoco, ha lottato coi pitoni e ha ballato sino a cadere a terra priva di forze. Il lavoro di Marina Abramovic esplora il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. Dopo avere percorso i cinque continenti, dando vita a sperimentazioni in cui il valore catartico della sofferenza incontra la forza vitale dell’amore, nel 1997 “la sacerdotessa del contemporaneo“ vince la Biennale di Venezia ed entra nella storia come madre della performing art.