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Robert Rauschenberg Rewrites the Rules: il trionfo alla Biennale del ’64

Ugo Mulas, Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg in laguna, XXXII Esposizione Internazionale, Biennale d'Arte, Venezia, 1964
Ugo Mulas, Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg in laguna, XXXII Esposizione Internazionale, Biennale d'Arte, Venezia, 1964
Ugo Mulas, Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg in laguna, XXXII Esposizione Internazionale, Biennale d’Arte, Venezia, 1964

1964, Robert Rauschenberg rappresenta gli Stati Uniti alla Biennale d’Arte e conquista il Leone d’Oro. La storia presto in un film: Americans in Venice: Robert Rauschenberg Rewrites the Rules.

Un premio non privo di polemiche. Un tourbillon di gossip e teorie complottistiche accompagnarono la consacrazione “veneziana” di Rauschenberg, il primo pittore americano a vincere la Biennale.

Per il pittore, artefice della consacrazione della Pop Art americana a livello internazionale, il successo riscosso nell’ambito della prestigiosa kermesse non fu però privo di polemiche, anzi…! Presunte teorie complottiste, gossip e confronti animati accompagnarono infatti l’ottenimento del premio. Come ogni anno l’assegnazione dei premi, dal più importante -il Leone d’Oro- agli altri collaterali, era una questione in gran parte politica.

Tra le critiche mosse da parte della stessa giuria incaricata di assegnare i premi c’era quella legata all’esiguo numero di opere presentate da Rauschenberg nel padiglione statunitense: “soltanto” quattro. Il commissario americano difatti aveva allestito una piccola, ma straordinaria, retrospettiva dell’artista (22 opere in totale) negli ambienti del Consolato americano. Grandi scontri intestini alla giuria, chi voleva squalificare l’artista americano e chi lo voleva premiare con la massima onorificenza.

1964, C.Accardi alla XXXII Biennale di Venezia, 1964 con Novelli, Rauschenberg
1964, C.Accardi alla XXXII Biennale di Venezia, 1964 con Novelli, Rauschenberg

La vicenda ha animato il dibattito artistico degli anni Sessanta, un decennio convulso anche sul fronte sociopolitico, nel corso del quale furono numerose le critiche mosse alla stessa Biennale di Venezia. Una vera e propria Guerra fredda, in una declinazione tutta artistica. Un complotto della CIA, sostenne qualcuno.

Intrighi politici, cospirazione e suspense sullo sfondo degli anni Sessanta: la discussa vittoria del Leone d’Oro da parte del pittore statunitense viene analizzata in una nuova pellicola, un documentario in uscita a marzo 2018.

A distanza di più di 50 anni, il film Americans in Venice: Robert Rauschenberg Rewrites the Rules prova a ricostruire questo complesso episodio di storia dell’arte contemporanea. A firmarlo è il produttore e regista Amei Wallach (già direttore di un documentario su Louise Bourgeois nel 2008, The Spider, the Mistress and the Tangerine) che attraverso interviste, filmati e immagini d’archivio ha cercato di gettare nuova luce sulla vittoria di Rauschenberg.

Tra le interviste inedite con artisti troveremo quella a v, che rappresenta quest’anno gli Stati Uniti alla Biennale e quella Carolee Schneeman, premiata quest’anno con il Leone d’Oro a Venezia.
Presenti anche gli interventi di Christine Macel, direttrice della Biennale di Venezia 2017, di Robert Storr, direttore della Biennale 2007 e dello storico dell’arte Irving Sandler. Tutte testimonianze che offrono prospettive sull’attuale stato dell’arte e sulla storia della Biennale.

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