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I Carnet erotici di Picasso e gli shunga giapponesi

I Carnet erotici di Picasso e gli shunga giapponesi
Picasso, Il ratto, 1920

I Carnet erotici di Picasso e gli shunga, corrispondenze giapponesi nell’opera erotica del pittore spagnolo

«Tutta l’arte è erotica».
Gustav Klimt

La storia del Japonisme, ovvero di come sia sbocciato in Europa l’amore per le forme e i modi dell’arte giapponese, è nota. L’arte giapponese fa il suo sbarco in Occidente dalla metà del XIX secolo, raggiungendo le capitali europee e influenzando subitaneamente numerosi artisti come Manet, Monet, Van Gogh, Toulouse-Lautrec e Gauguin. La pubblicazione, nel 1874, di un articolo di Philippe Burty intitolato Japonisme ha dato un nome al questo nuovo fenomeno artistico e culturale. Questa moda, dalla portata simile a una rivoluzione culturale e stilistica, si diffuse rapidamente da Parigi a Barcellona, ​​dove acquistò particolare importanza dal 1880 in poi.

Quando Picasso arriva a Barcellona per la prima volta – nel 1895 – aveva poco meno di quattordici anni, il giapponismo aveva conquistato gran parte dei circoli artistici e artistici della città, negozi specializzati in arte orientale, come El Mikado (1885) e il museo di oggetti giapponesi in Passeig de Gracia (1880), coabitavano fianco a fianco con collezioni private di artisti e scrittori. Lo stesso Picasso diventerà un collezionista di stampe giapponesi. Stampe erotiche.

Mentre i dipinti di ukiyo-e avevano un prezzo elevato, le stampe venivano generalmente prodotte in grandi quantità e avevano facilità di circolazione: erano meno costose e più accessibili al grande pubblico. Sebbene siano state considerate un genere minore (o comunque facenti parte di un settore di nicchia), le stampe erotiche, conosciute come shunga, erano in realtà diffusissime. Tutti gli artisti giapponesi più famosi hanno realizzato stampe shunga (nonostante le severe leggi sulla censura in vigore all’epoca), da Moronobu e Sukenobu a Utamaro, Hokusai e Kunisada.

Picasso, Due figure con gatto, 1902
Picasso, Dora e il minotauro, 1936

Molti artisti occidentali hanno collezionato stampe shunga: Audrey Beardsley, Edgard Degas, Henri de Toulouse-Lautrec, Gustave Klimt, Auguste Rodin e Pablo Picasso.

La collezione di Picasso contava 61 stampe di importanti artisti giapponesi, molte risalenti all’età d’oro ukiyo-e (la seconda metà del XVIII secolo), tra queste opere di Nishikawa Sukenobu, Isoda Koryûsai, Torii Kiyonaga, Katsukawa Shunchô, Kitagawa Utamaro e Kikukawa Eizan.

L’inventario dei beni di Picasso indica che la maggior parte di queste stampe giapponesi faceva parte del patrimonio del diplomatico Philippe Berthelot, morto nel 1934. Ma Picasso aveva iniziato la sua collezione già molti anni prima, come risulta da due fotografie  scattate nel suo studio nel Boulevard de Clichy. Osservando da vicino una di queste fotografie, che immortala Auguste Herbin, possiamo distinguere – aguzzando la vista – una stampa di Kikukawa Eizan su una delle pareti dello studio di Picasso. I dipinti incompiuti che si vedono nella fotografia indicano che fu scattata nel 1911.

Nonostante dichiarò di sentirsi distante e di non apprezzare l’arte esotica (I hasten to add, however, that I detest exoticism. I’ve never liked the Chinese, the Japanese or the PersiansPicasso non si separò mai delle sue stampe giapponesi e negli ultimi anni della sua vita si è dedicato, con totale libertà, alla creazione di scene erotiche, forse un modo per esorcizzare l’avvicinarsi della morte. I disegni e le stampe di quegli ultimi anni della produzione artistica di Picasso sono audaci tanto quanto le stampe shunga con le quali l’artista ha instaurano un intimo dialogo compositivo e stilistico.

«L’arte non è mai casta […]. Quando è casta non è mai arte».
Pablo Picasso

Brassaï riporta una conversazione che ebbe con Picasso nel suo studio in Rue des Grands-Agustins nel 1945: «L’arte non è mai casta, ha detto Picasso un giorno mostrandomi le stampe erotiche di Utamaro, stampe di rara bellezza in cui gli organi sessuali sono ben visibili, ma spogliati di qualsiasi volgarità, emergendo in una strana frenesia».
Come Degas, Rodin e Toulouse-Lautrec, Picasso fu attratto dall’elegante erotismo delle stampe shunga, dove la composizione si concentra sull’atto sessuale rappresentato in maniera esplicita, ma senza perdere delicatezza nel trattamento dei volti, dei vestiti o delle ambientazione.

Tutti abbiamo familiarità con i frequenti cambi di stile di Picasso durante la sua carriera e con la sua innata capacità di assorbire le innovazioni di espressioni artistiche a lui distanti, adattandole al proprio linguaggio pittorico, continuamente rinnovato. Come lo stesso Picasso ha detto, la creatività non può esistere senza il passato, ma l’artista deve demolire ciò che è accaduto prima per trovare la propria strada. Biografi e amici testimoniano come Picasso in diverse occasioni ha negato qualsiasi influenza dell’arte africana, di Degas, di  Toulouse-Lautrec o Velázquez sul proprio lavoro. Questo paradosso lo ritroviamo anche nella sua relazione con le stampe giapponesi: dichiara il suo scarso apprezzamento, ma le studia e ne trae insegnamento. Se non possiamo parlare di influenza, sicuramente non possiamo negare parallelismi e convergenze, soprattutto nella sua produzione di carattere erotico.

Picasso, Raffaello e la Fornarina XI, 347 Suite, 1968

Sebbene l’intera opera di Picasso trasudi erotismo e sensualità, è stato nel 1968 che il sesso diventa centrale,  in particolare nella serie di stampe conosciute come Suite 347, creato a Mougins tra marzo e ottobre di quell’anno. A quasi 90 anni, Picasso si pone come un voyeur che contempla la gioia e la vitalità degli amplessi di giovani corpi carnalmente attivi, intrecciati, giocosi ed esplicitamente goduriosi. Tra le acquatinte di questa serie è messo in piazza anche l’amore tra Raffaello e La Fornarina o quello del vecchio Rembrandt per le forme sensuali di alcune discinte modelle  (un corto circuito artistico che ha eccitato – letteralmente – anche la fantasia di Milo Manara). La Suite 347 fu esposta a Parigi dalla Galerie Louise Leiris fece, ovviamente, grande scandalo e le autorità si videro costrette a ritirare le locandine che avevano suscito tra il pubblico grande imbarazzo.

Per chi vuole approfondire il mondo dell’erotismo nell’arte di Picasso e in quella dei maestri giapponesi, Ippocampo Edizioni ha pubblicato due volumi tematici imperdibili.

Shunga: un imponente volume di 586 pagine che presenta varie opere shunga di artisti quali Hokusai, Utamaro, Kuniyoshi, Kiyonaga ed Eisen. Il tocco magico di Kazuya Takaoka, nelle vesti di art director, sa mettere in valore il grafismo sublime di questo corpus. Un volume raffinatissimo e sfacciato, strabordante di erotismo e sensualità orientale, che si configura come un vero e proprio catalogo di opere che hanno influenzato, oltre a Picasso, intere generazioni di artisti occidentali.

Picasso – carnet erotici: questa raccolta di studi erotici mette in valore tutta la sensualità dei disegni e dei quadri più intimi di Picasso, mettendo in luce come l’erotismo ha percorso tutta la sua opera nel corso degli anni, attraversando e mutando di stile in stile e di periodo in periodo. Spesso controversi all’epoca, alcune di queste opere rimangono provocanti ancora oggi. Testo di Norbert Wolf.

 

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