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Maledetto Modigliani! Al cinema il docufilm per il centenario della morte dell’artista livornese

Fotografia con dedica donata da Amedeo Modigliani a Jeane Hébuterne, 1918 Fotografia con dedica donata da Amedeo Modigliani a Jeane Hébuterne, 1918

Fotografia con dedica donata da Amedeo Modigliani a Jeane Hébuterne, 1918

Maledetto Modigliani! Al cinema il docufilm in occasione del centenario della morte dell’artista livornese. Dal 30 marzo al 1 aprile

In occasione delle celebrazioni a 100 anni dalla morte di Modigliani (1884-1920) arriva al cinema dal 30 marzo al 1 aprile Maledetto Modigliani, un documentario diretto da Valeria Parisi e scritto con Arianna Marelli su soggetto di Didi Gnocchi. Il docufilm racconta la vita e la produzione artistica di Amedeo Modigliani, un artista d’avanguardia diventato un classico contemporaneo amato e imitato in tutto il mondo.

Livornese dalla vita breve e tormentata, Dedo o Modì, come fu soprannominato, viene raccontato da un punto di vista originale: quello di Jeanne Hébuterne, l’ultima giovane compagna, che si suicidò due giorni dopo la morte dell’amato, avvenuta all’Hôpital de la Charité di Parigi il 24 gennaio del 1920. All’epoca Jeanne era incinta e lasciava una figlia di un anno. È proprio a partire dalla sua figura e dalla lettura di un passo dai Canti di Maldoror, il libro che Modigliani teneva sempre con sé, che si apre Maledetto Modigliani.

Il docufilm trae ispirazione dalla mostra Modigliani – Picasso. The Primitivist Revolution curata da Marc Restellini che aprirà all’Albertina di Vienna nel settembre del 2020.

Per comprendere Modigliani, quarto figlio di una famiglia di origini ebraiche sull’orlo di una crisi finanziaria, bisogna partire dalla sua Livorno e da una provincia italiana che sin dagli albori gli è troppo stretta. Modigliani decide di partire e andare in cerca di altro. Va a Firenze, poi a Venezia. Arriva a Parigi nel 1906, a 21 anni. È qui che nasce la sua leggenda: tombeur de femmes, alcolista, artista maledetto. In realtà è un uomo che maschera una malattia, che si aggrappa alla vita e alla propria arte.

Giocando tra riprese della città di oggi e foto e filmati d’archivio in bianco e nero, la voce narrante di Jeanne racconta di quella Parigi di inizio secolo: la ville lumière, la metropoli, il centro della modernità, già mercato d’arte e polo d’attrazione per pittori e scultori da tutta Europa. Quelli che allora facevano la fame e oggi valgono milioni, primo fra tutti proprio Modigliani. Durante il suo errare da un alloggio di fortuna all’altro, Amedeo Modigliani, povero, affamato, ma pieno di entusiasmo, incontra un’aspirante poetessa russa, la ventenne Anna Achmatova, e la giornalista e femminista inglese Beatrice Hastings.

>> Tutte donne che raffigura e i cui volti, tra cariatide e ritratto, diventano icone stesse della sua arte.

Modigliani

Modigliani, Fillette en bleu (dettaglio), 1918

Scopriamo poi Modigliani nel confronto con le opere degli altri artisti a lui coevi, primi fra tutti proprio Brancusi e Picasso raccontati attraverso opere e spazi (l’Atelier Brancusi del Centre Pompidou e il Musée Picasso Paris). Tra i pittori dell’École de Paris, c’è anche Soutine, ebreo come lui, con il quale per un periodo condivide una casa-studio ancora rimasta inalterata.

Ritroviamo Modigliani anche al caffè La Rotonde con Jean Cocteau che ne fissa per sempre la presenza sulla “terrace” insieme a Picasso, André Salmon e Max Jacob. Ci sono poi i suoi mercanti e collezionisti: Paul Alexandre, il medico mecenate; Paul Guillaume il dandy parvenu ritratto più volte; Léopold Zborowski, l’ultimo mercante dell’artista, un poeta avventuriero, capace – grazie alla conoscenza del collezionista Jonas Netter – di garantirgli un piccolo salario mensile.

Modigliani, però, morirà povero e non riconosciuto. Solo in seguito diventerà uno degli artisti più quotati al mondo. E tra i più copiati. Lo scopriremo al porto franco di Ginevra, nel laboratorio di Marc Restellini, tra i maggiori esperti al mondo di Modigliani che nel docufilm racconta la cifra dell’arte di Modigliani e la sua evoluzione. E a Londra, tra le fiere d’arte e lo studio di un pittore – falsario dichiarato – che ora firma le sue opere d’imitazione alla luce del sole. Solo pochi decenni fa – nel 1984, a 100 anni dalla nascita dell’artista – le teste ripescate nei fossi livornesi hanno sconvolto il mondo con una delle truffe più celebri che la storia dell’arte ricordi.

Tra gli interventi del docu-film, oltre a quelli dello storico dell’arte e specialista di Amedeo Modigliani Marc Restellini troviamo quelli di Ann L. Ardis, esperta di letteratura modernista inglese; Chloe Aridjis, scrittrice e studiosa di poesia francese dell’Ottocento; Harry Bellet, giornalista di Le Monde, studioso e critico d’arte; Pier Francesco Ferrucci, Direttore Unità di Bioterapia dei Tumori, IEO che da studente è stato tra gli autori della famosa “beffa delle teste” del 1984 a Livorno; l’artista John Myatt che grazie al suo talento per l’imitazione, tra il 1986 e il 1995, ha falsificato e collocato sul mercato – insieme al suo complice John Drewe – 200 opere di maestri moderni.

Maledetto Modigliani al cinema con Nexo Digital

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