Tra le numerose attività di questa Fase due che hanno potuto finalmente riaprire al pubblico ci sono anche i musei. Non tutti hanno potuto e/o voluto farlo dal primo giorno di via libera (lo scorso 18 maggio): le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la grande sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Paolo Larivera De Matteis, Presidente della Fondazione MACTE di Termoli.
– Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
La riapertura è stata all’insegna dell’entusiasmo da parte del museo e del suo staff, e della prudenza da parte del pubblico, che evidentemente sta ancora scontando i timori del contagio e prendendo ancora le misure con i limiti imposti dalle restrizioni alla mobilità.
– Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
Se vogliamo ripensare all’idea di accessibilità e al rapporto tra museo e visitatore, dobbiamo concentrarci sul concetto di lentezza.
Le recenti disposizioni sul distanziamento sociale possono contribuire, in chiave positiva, al rallentamento dei ritmi di fruizione degli spazi del museo e alla ridefinizione dell’esperienza su una scala individuale e più intima.
Nello specifico, essendo il MACTE un museo piccolo e di recente apertura, non si è reso necessario nessun intervento di natura strutturale per favorire l’applicazione delle nuove disposizioni. Restano ovviamente ferme le regole che vietano gli assembramenti e che garantiscono la distanza tra le persone, la cui corretta gestione è affidata allo staff del museo, che è stato opportunamente formato.
– Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?
Come già anticipato, vorrei che il museo fosse un luogo in cui celebrare lentezza e silenzio. Meno numeri e più qualità potrebbero contribuire a riportare il museo a una dimensione quasi sacra, quale luogo di trascendenza.
– L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
La fruizione virtuale del museo è per certi versi antitetica alla stessa idea di museo, e se presa alla lettera porta a una sostanziale contraddizione in termini. Indubbiamente la comunicazione digitale nei mesi passati ha svolto un ruolo fondamentale, ma ora, con la riapertura, il valore che ha generato deve essere capitalizzato e correttamente incanalato. Ogni attività virtuale assume efficacia laddove contribuisca a stimolare la conoscenza e a mobilitare fisicamente le persone verso l’unica vera forma di rapporto con l’arte: quella fisica, appunto.
–Il governo sembra essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Lei ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori? Dal suo punto di vista, di cosa ci sarebbe bisogno?
Ritengo che le misure sinora adottate dal Governo siano state ispirate dalla prioritaria necessità di tutelare i livelli occupazionali e che gli ammortizzatori sociali messi in campo abbiano l’obiettivo di realizzare efficacemente questo primo obiettivo. È sbagliato comunque criticare tali misure in quanto carenti dei necessari stimoli al settore, perchè ritengo che questi ultimi non debbano ritrovarsi nei provvedimenti d’urgenza – che evidentemente hanno obiettivi transitori – quanto in organiche, strutturali e ragionate riforme di settore che stimolino la domanda di cultura, e tutte le attività correlate e annesse, anche, ad esempio, attraverso significativi interventi di natura fiscale.
MACTE
Museo di Arte Contemporanea di Termoli
Nanda Vigo Light Project 2020, fino al 13 settembre 2020
Via Giappone — 86039 Termoli (CB)
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