Finalmente due mesi fa, il 18 maggio, hanno potuto finalmente riaprire al pubblico i musei (12 maggio, nel caso specifico della realtà ticinese rappresentata in questa intervista dalla sua direttrice). Le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un totale ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Mara Folini, direttrice del Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona.
Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
È stato come ritornare a casa dopo una lunga convalescenza: dapprima spaesati e titubanti poi sempre più sicuri e tranquilli. Per quanto in modo graduale, il pubblico degli affezionati è arrivato e, con sorpresa, anche un certo numero di visitatori inaspettato dalla Svizzera romanda.
Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
Sicuramente un forte aiuto ci può venire dalle prenotazioni online, che permettono una facile razionalizzazione delle entrate e delle visite guidate. Certo, viste le normative per il distanziamento sociale, si perderà in quantità ma potrebbe essere una bella sfida per puntare sulla qualità delle proposte: visite guidate più accurate e mirate per un pubblico ristretto, mostre di ricerca e contenuto piuttosto che “pacchetti” per le masse. Visto il contingentamento degli ingressi bisognerà pensare anche a nuove strategie di fidelizzazione del pubblico locale, attraverso l’organizzazione di momenti di socializzazione all’insegna dell’arte e della cultura locale, anche gastronomica.
L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
Fortunatamente il nostro Museo ha sempre puntato sulla qualità delle proposte espositive, fortemente collegate alla valorizzazione delle proprie collezioni di artisti internazionali, che già di per se testimoniano la storia identitaria ed eccezionale del Locarnese, luogo di sperimentazioni utopiche, in particolare dalla fondazione della comunità di artisti di Monte Verità. Pertanto vorremmo continuare lungo questa linea di interessi, incentivando nuove e accattivanti proposte online e offline, che possano innescare la riflessione piuttosto che l’intrattenimento fine a se stesso. Per esempio, durante il lockdown, il lancio di un Blog rivolto agli artisti e al futuro dell’arte ha avuto un buon seguito tanto da attivare una rete di interscambi stimolante su cui si continuerà a riflettere, per cercare di rispondere alle sfide future…
Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Lei ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori?
Oggi, grazie a piattaforme informatiche sempre più sofisticate, è già possibile integrare la tradizionale visita guidata con una dedicata e personalizzata grazie a semplici applicazioni pensate per gli smartphone dei visitatori. Il pubblico museale sta o forse è già cambiato: da passivo vuole essere protagonista attivo di informazioni. Grazie a queste nuove piattaforme informatiche, che permettono molteplici interazioni mediatiche, ogni fruitore potrà soggettivizzare la propria visita in base ai propri interessi e, in particolare, queste nuove tecnologie potranno offrire in futuro l’accessibilità delle informazioni anche alle fasce più deboli, come ai sordi e agli ipovedenti. Speriamo solo che, in futuro, il livello culturale non si abbassi inesorabilmente.