Anche i diretti interessati accettano supinamente l’incomprensibile chiusura dei musei. Mentre National Gallery, Louvre e Prado riaprono
Noi giorni scorsi, annunciando le riaperture di molti musei internazionali, ci domandavamo – in attesa del DPCM poi arrivato ieri – se per il periodo natalizio ci si potesse attendere qualche allentamento delle misure restrittive anche da noi. Abbiamo tutti visto com’è andata. Non solo il governo non ha rivisto i provvedimenti che prevedono – inutilmente, ribadiamo a oltranza – la chiusura di luoghi mai affollati. E comunque di facile organizzazione quanto a flussi. Ma quel che colpisce ancor di più è che per il premier Conte questo va dato per scontato, tanto da non meritare neanche una fugace citazione nella conferenza esplicativa.
Torna alla mente la disgustosa, pelosa diatriba fra attività “essenziali” e “non essenziali”, ergo sacrificabili. Non staremo certo qui a questionare sul fatto che i centri commerciali – luoghi ad altissimo rischio di assembramento, lo si vede quotidianamente – sono considerati tanto indispensabili da vedersi prolungati gli orari di apertura, mentre i luoghi della cultura vengono bellamente ignorati.
Musei e teatri sono spazi di nicchia, e quindi il parallelo non regge. Dobbiamo tuttavia rimarcare che se in Italia vige tale disposizione, così non accade altrove. Come accennato, l’Inghilterra, la Francia, la Spagna, devono vedere il ruolo degli spazi culturali in diversa ottica. Tanto che, in presenza di condizioni sanitarie simili se non peggiori della nostra, pensano di riaprire la National Gallery, il Louvre, il Prado (che peraltro non ha mai del tutto chiuso).
Ma quello che stupisce è osservare come questo vulnus avviene nel pressoché indistinto silenzio, soprattutto per quanto concerne i musei. Silenzio dei media, come osservavamo ieri. Ma anche dei – pochi, deboli, oggettivamente – organismi deputati a tutelare e valorizzare i musei. ICOM Italia, sezione dell’International Council of Museums, in realtà si espone, con una garbatissima letterina che appare sulla homepage del sito. Nella quale si “invita il governo a non sottovalutare il contributo importante che i musei, e più in generale la cultura, possono fornire al benessere e alla qualità della vita degli individui e delle collettività”.
Silenzio assoluto invece da parte di AMACI, l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, che riunisce 23 tra i più importanti musei d’arte contemporanea nazionali. E che – incurante del fatto che i medesimi 23 musei siano allo stato incomprensibilmente chiusi – appare esclusivamente impegnata nell’organizzazione di una “Giornata del Contemporaneo” che andrà in scena soltanto online. E il cerchio del relativismo spirituale si chiude.
http://www.icom-italia.org/
https://www.amaci.org/